L’iscrizione nell’anagrafe delle persone fisiche residenti si pone come elemento prioritario al fine di determinare la residenza fiscale in Italia.
Nell’ipotesi in cui il soggetto abbia, di fatto, stabilito la propria dimora abituale all’estero, senza aver badato a cancellarsi dall’anagrafe della popolazione residente in Italia, è considerato residente in Italia, per presunzione assoluta. Solamente con il Decreto crescita (D.L. 34/2019), è stato superato il requisito di iscrizione all'Aire in base a limiti ben precisi e definiti.
L'articolo continua dopo la pubblicità
A questo proposito occorre rilevare che in alcuni casi l’Amministrazione finanziaria si è espressa in modo non uniforme al principio suesposto. Con la decisione della Commissione tributaria centrale del 18 gennaio 1996 n. 1649, è stato indicato quale elemento discriminante, la situazione effettivamente riscontrata per cui “al fine di ritenere che un soggetto non sia residente è sufficiente accertare che egli abbia dimorato all’estero per più di sei mesi dell’anno di riferimento per ragioni diverse da quelle di servizio, nell’interesse dello Stato o di altri enti pubblici”.
Quest’orientamento, tuttavia, non appare condiviso né dalla dottrina, né dalla stessa Corte di Cassazione. Si reputa, infatti, che l’iscrizione nelle anagrafi comunali delle persone residenti costituisca, di per sé, criterio assoluto di coincidenza con il domicilio. Pertanto, non occorre verificare che la persona fisica abbia la dimora o la sede dei propri affari in un luogo diverso. Anzi, si esclude che il soggetto abbia la possibilità di dimostrare il contrario. Il giudice di legittimità, a sua volta, pur ammettendo la mancata coincidenza tra residenza anagrafica e dimora abituale, ritiene che, ai fini impositivi, operi una presunzione assoluta tra i due luoghi.
L’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente è disciplinato dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dal relativo regolamento di attuazione (d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223). Il regolamento prevede che il presupposto per l’iscrizione all’anagrafe è l’avere nel comune la propria dimora abituale o, per le persone senza fissa dimora l’avervi stabilito il proprio domicilio. Non cessano di appartenere alla popolazione residente i soggetti che dimorano temporaneamente in altri comuni o all’estero per l’esercizio di occupazioni stagionali o per cause di durata limitata.
I cittadini italiani che hanno invece stabilito la propria dimora abituale all’estero, devono cancellarsi dall’anagrafe della popolazione residente e iscriversi all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire).
Accanto all’anagrafe della popolazione residente esiste pertanto un ulteriore distinto sistema anagrafico, che risponde alle esigenze diverse ed i cui effetti si riflettono sul settore dell’imposizione diretta.
È comunque importante ripetere che, la numerosa giurisprudenza della suprema Corte (Cassazione sentenza n. 1812 del 17 luglio 1967; Cassazione sentenza n. 4829 del 20 settembre 1979; Cassazione sentenza n. 2070 del 24 marzo 1983; Cassazione sentenza n. 791 del 5 febbraio 1985) abbia ribadito che la cancellazione dall’anagrafe dei residenti in Italia e la successiva iscrizione all’Aire, non costituisce prova della propria residenza fiscale all’estero.
Per approfondire rimandiamo all'eBook Il Lavoro all'estero 2022 - da cui è tratto questo breve speciale. L'ebook alla quarta edizione contiene oltre 420 risposte raggiungendo 582 pagine. |
Tutta questa incertezza, in merito all'iscrizione all'AIRE (Anagrafe italiani residenti all'estero), è stata in qualche modo superata nel "Decreto crescita" (D.L. n. 34 del 30/4/2019 - articolo 5 commi 1 e 2) per quei lavoratori che, nonostante avessero lavorato in modo continuativo all'estero, acquisendo di fatto la residenza estera, non si erano iscritto all'Aire.
Ora, alla luce della presente normativa, per accedere al regime agevolato non è più necessaria la pregressa iscrizione all'Aire, purchè abbiano avuto la residenza fiscale in un altro Stato con cui è in essere una convenzione contro le doppie imposizioni, nei due periodi d'imposta precedenti il trasferimento in Italia. Il criterio valutativo sulla residenza fiscale (a prescindere dall'iscrizione nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero), viene dunque demandata alla normativa contenuta nell'articolo 4 della convenzione OCSE, che stabilisce le modalità di definizione della residenza fiscale in base ai parametri cd. "tie break rules" (criteri a cascata) che puntano ad individuare l'unicità della residenza fiscale, definendola in capo ad uno dei due Stati.
--------------
N.B. Questo argomento viene ulteriormente approfondito nel successivo paragrafo 6 (Incentivi volti al rientro dei lavoratori operanti all'estero) dell'eBook Il Lavoro all'estero 2022 (eBook) - da cui è tratto questo speciale. L'ebook alla quarta edizione contiene oltre 420 risposte raggiungendo 582 pagine. |