L’esecutivo in considerazione del recepimento della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che ha modificato la direttiva (UE) 2017/1132 sulla ristrutturazione e sull'insolvenza, e in considerazione del recente intervento legislativo attuato lo scorso anno con il D.L. 118/2021 ha previsto un decreto attualmente in bozza che modificherà in alcune parti il D.Lgs. 14 del 12 gennaio 2019 (più avanti il codice della crisi e dell’insolvenza o CCII).
Giova ricordare che la direttiva UE aveva come obiettivo quello di ridurre le differenze tra le legislazioni nazionali in tema di gestione della crisi e dell’insolvenza, oltre che dell’esdebitazione, per evitare incertezze e difficoltà per gli investitori nello scegliere se investire in uno stato o in altri stati in funzione della diversità circa i tempi di recupero dei crediti in presenza di procedure fallimentari, oltre che in generale in tema armonizzazione ed efficienza del diritto della crisi di impresa in Europa.
Il presente articolo intende effettuare una brevissima ricognizione del decreto in corso di emanazione limitatamente ad alcune modifiche, in particolare alla definizione di adeguati assetti che la bozza di decreto prova a fare.
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Una delle novità più importanti dello schema di normativa riguarda l’articolo 3 del CCII, che definiva i doveri del debitore, e che viene completamente sostituito con uno nuovo che si occupa di chiarire l’adeguatezza degli assetti in funzione della tempestiva rilevazione della crisi di impresa.
I primi due commi dell’articolo 3 sono sostanzialmente rimasti invariati. Il primo comma si occupa degli imprenditori individuali che devono “adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte.”
Il secondo comma, invece, riguarda gli imprenditori collettivi e qui si fa rinvio all’articolo 2086 del codice civile. L’unica precisazione è che la scrittura del secondo comma prevede nel testo attuale l’obbligo di istituire un assetto organizzativo. Ora con la futura modifica si stabilisce che l’imprenditore collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell'articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative. La precisazione è un rafforzativo che forse non aggiunge molto visto che già l’articolo 2086 c.c., richiamato dalla norma, prevede in modo esplicito che gli assetti adeguati devono riguardare sia gli aspetti organizzativi che quelli contabili e amministrativi anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale.
Come dire, precisarlo o non precisarlo nel corpo dell’articolo 3 del CCII non cambia la questione, perché il richiamo all’articolo del codice civile era pienamente efficace ed operante, per tutte e tre le tipologie di assetti.
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Interessante, invece e anche al di là dell’esito, è lo sforzo di definire l’adeguatezza degli assetti che il legislatore cerca di fare scrivendo il terzo comma dell’articolo 3 dove ci fornisce una definizione che è la seguente: “ai fini della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa, le misure di cui al comma 1 e gli assetti di cui al comma 2 devono consentire di:
a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
b) verificare la non sostenibilità dei debiti e l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i dodici mesi successivi e i segnali di allarme di cui al comma 4;
c) ricavare le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui al comma 2 dell’articolo 13”
Costituiscono segnali di allarme per gli effetti di cui al comma 3:
a) l'esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell'ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
b) l'esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;
d) l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1.
Probabilmente la scelta di definire l’adeguatezza degli assetti potrebbe risultare lacunosa perché si concentra solo sul fatto che gli assetti devono consentire di valutare gli squilibri patrimoniali ed economico-finanziari. La norma cerca di individuare una serie di indicatori e di situazioni, quelle previste nelle lettere b) e c) del terzo comma e quelle contenute nel quarto comma del novellando articolo 3, che qualificano gli squilibri e che costituiscono degli allarmi sulla situazione di crisi: come dire l’assetto sarà adeguato se consentirà di intercettare la crisi e di evidenziare quegli indici di tensione.
Ma l’adeguatezza degli assetti è essenzialmente un concetto che rinvia all’organizzazione aziendale, e qui sembra che si confondono gli strumenti con gli obiettivi. Un conto è definire il fine o l’obiettivo dell’adeguato assetto, o meglio uno dei fini, che certamente può essere quello di permettere all’imprenditore di far emergere tempestivamente la crisi, un conto sono gli strumenti cioè i mezzi messi in campo per raggiungere quello ed altri obiettivi, che sono degli assetti adeguati alla gestione di impresa.
In buona sostanza, la domande dovrebbero essere la seguenti:
Per rispondere a queste domande occorreva forse dire qualcosa sul concetto di adeguatezza e magari ricordare che le scelte restano nella sfera decisionale (insindacabile) degli amministratori.
Un assetto è adeguato quando le scelte che sono alla base della sua costruzione e realizzazione rispondono a criteri di razionalità economica (efficienza ed efficacia) e quando il modello scelto permette di consentire la giusta tutela di tutti i portatori di interesse.
Il legislatore forse non voleva addentrarsi in principi più propri della scienza economica aziendale, lasciando ogni interpretazione tecnica a documenti ed interpretazioni di prassi. Ma nel farlo si è limitato ad elencare degli indicatori economici e finanziari della crisi (sostenimento del debito e altre informazioni per verificare gli squilibri, i debiti per retribuzioni etc).
Quelli elencati e previsti dalla bozza di decreto sono degli elementi di crisi o di tensione finanziaria e il loro posto, nella struttura della norma, e la loro collocazione ideale avrebbe dovuto essere quella degli articoli 12 e seguenti del CCII; cioè il luogo in cui definisce la strategia per la risoluzione della crisi e si individuano gli indici che possono portarla in luce.
Chiaramente un valido assetto amministrativo e contabile, ben pensato e attuato, deve consentire all’imprenditore di poter organizzare, pianificare (nel medio periodo) e programmare (nel breve periodo) la propria attività economica. Quindi la validità degli assetti amministrativi e contabili dipendono sostanzialmente dall’esistenza di più o meno radicati sistemi di pianificazione e controllo.
In particolare il controllo di gestione si propone di far raggiungere efficacia ed efficienza nell’operatività dell’attività aziendale. Precisiamo meglio questi concetti:
- L’efficacia in senso economico è l’attitudine a raggiungere gli obiettivi fissati, quali ad esempio migliorare la redditività, aumentare la quota di mercato, migliorare i processi e il business, organizzare l’azienda secondo le migliori esperienze, migliorare la soddisfazione dei propri clienti e in genere di tutti i portatori di interesse;
- L’efficienza consiste invece nel sapiente e razionale uso delle risorse e dei fattori produttivi a disposizione, al fine di poter conseguire un risultato ottimale.
Da un punto di vista organizzativo invece gli assetti sono adeguati se consentono alle imprese di poter individuare, definire e mitigare tutti i rischi a cui è soggetta nello svolgimento della sua attività. Quindi gli assetti sono validi se hanno una codificazione delle fasi che consentono di gestire i rischi, se prevedono l’attribuzione di deleghe, se garantiscono il controllo e il monitoraggio costante delle attività svolte e se contengono istruzioni per retroagire e cambiare le procedure o adeguarle alle mutate contingenze (confronta i modelli ERM di enterprise risk management).
Sulla necessità di avere valide procedure con deleghe e funzioni ben delineate vale la pena ricordare il passaggio della sentenza della Corte di Cassazione Sezione III – penale del 24/02/2017 n. 9132 udienza 12/01/2017, in cui in termini di reati ambientali la Corte ha precisato ad esempio che “la mancanza di deleghe di funzioni, nei termini sopra indicati, è fatto che di per sé prova la mancanza di un efficace modello organizzativo adeguato a prevenire la consumazione del reato da parte dei vertici societari”.
Sul punto occorre anche ricordare che viene prima la gestione organizzativa e che senza una buona organizzazione aziendale è molto difficile che possano esistere degli assetti amministrativi e contabili adeguati. Quindi l’organizzazione, ergo un valido assetto organizzativo, ha una rilevanza preminente sui sistemi aziendali preposti alla rilevazione dei fatti di gestione e al loro controllo.
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Si poteva almeno prevedere una elencazione di principi che definissero la validità dell’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili?
Sia in ambito amministrativo che contabile, e chiaramente anche organizzativo, occorre ricordare che un assetto per essere adeguato deve rispondere ad alcune caratteristiche fondamentali e comuni, tra cui vi sono almeno le seguenti:
In termini di assetti amministrativi e contabili si poteva fare poi un rinvio alle procedure di revisione; inutile e dispendioso per il fine dell’articolo citare i numerosi documenti e le prassi che in qualche modo ricordano i controlli e le attività che devono essere riscontrate anche in seno agli organismi di audit interno, per verificare l’adeguatezza dei sistemi informativi aziendali che sono preposti alla contabilità e ai sistemi di controllo amministrativo.
Quindi se da un lato è stato opportuno prevedere, inquadrare e provare definire in sede normativa l’adeguatezza dei sistemi organizzativi, amministrativi e contabili, dal punto di vista del risultato è un peccato dover riscontrare che forse il legislatore lo ha fatto ricorrendo solo ad una semplice elencazione di obiettivi a cui gli assetti dovrebbero tendere.
E per chiudere, vista la nuova previsione che precisa il fine degli adeguati assetti, è opportuno sollevare un interrogativo: ogni futura crisi e soprattutto ogni insolvenza condurranno ad una pressoché automatica azione di responsabilità verso gli amministratori rei di non aver saputo intercettare e rilevare la crisi?
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