Come noto, l’ordinamento giuridico prevede un istituto pensato al fine di garantire la tutela delle fasce economicamente più deboli nel sostenimento di controversie tributarie oltre che civili, amministrative e penali.
Si tratta, in particolare del gratuito patrocinio, la cui fonte risiede nel Testo unico in materia di spese e di giustizia (D.p.r. 115 del 30/05/2002, artt. 74 e seguenti).
Il gratuito patrocinio consiste quindi in una soluzione che permette al soggetto interessato di accedere ai servizi di un avvocato che verrà liquidato dalla pubblica amministrazione.
Dal punto di vista fiscale si tratta di un argomento interessante perché, ai fini dell’integrazione degli estremi necessari all’adesione in tale fattispecie è necessario che il soggetto assistito non superi una determinata soglia di reddito, aggiornata con cadenza biennale e attualmente pari a 11.746,68 euro (Cfr. Art. 76 co. 1 del D.p.r. 115/2002).
E’ infatti necessario comprendere quale sia definizione esatta di tale grandezza e quindi come è possibile calocolare il reddito del contribuente ai fini della possibilità di usufruire del gratuito patrocinio.
In linea di principio si fa riferimento al redditto complessivo del contribuente, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’art. 10 del Tuir (Cfr. Ris. AdE 15/E/2008; Art. 3, co. 1 del TUIR), tenendo conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva (Cfr.Art. 76 co. 3 del D.p.r. 115/2002).
La somma va infine integrata con gli altri redditi indicati nell’art. 76 del D.p.r. 115/2002: i redditi di altri familiari conviventi vanno infatti ricompresi nel calcolo e la soglia summenzionata, invece, si eleva del valore di 1032,91 euro per ciascuno di essi (Cfr. Art 92 del D.p.r. 115/2002).
Ad esempio, si supponga che uno studio legale abbia necessità di compilare l’istanza di adesione al gratuito patrocinio per un contribente e di conseguenza si consulti col fiscalista in merito al reddito da considerare ai fini del calcolo.
Si ipotizzi inoltre che il contribuente, per il periodo amministrativo di riferimento, abbia posseduto sia redditi di lavoro dipendente che redditi di lavoro autonomo (questi ultimi conseguiti adottando il regime forfettario di cui alla legge 190/2014).
In tal caso bisognerà considerare sia i redditi da lavoro dipendente di cui al quadro RC che saranno assoggettabili ad irpef e riepilogati nel quadro RN che i redditi da lavoro autonomo, inclusi nel quadro LM.
Infatti l’art. 76, comma 3 del d.p.r. in materia di spese e giustizia dispone che anche i redditi soggetti a imposta sostitutiva vanno considerati.
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