Le norme in tema di accesso all’anagrafe dei Comuni, nel consentire l’indiscriminato accesso, ora anche via web, ad informazioni sullo stato di famiglia e residenza, espongono in maniera rilevante tutti i soggetti che esplicano funzioni di controllo statali o che svolgono incarichi statali idonei a determinare limitazioni rilevanti della sfera giuridica dei cittadini. Sono rilevanti e di grande interesse i vantaggi connessi al recente avvio dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), che consentirà di ottenere le certificazioni anagrafiche on line e in via immediata, ma vi è bisogno di un provvedimento che contemperi gli interessi in gioco salvaguardando l’incolumità di chi, in ragione dell’incarico ricoperto e delle funzioni esercitate, si espone personalmente a possibili ripercussioni di natura personale e/o familiare.
L'articolo continua dopo la pubblicità
Autori: Giuseppe Napoli [1] e Lorenzo Sacchetti [2]
Come (abbastanza) noto, i dati relativi all’anagrafe dei cittadini residenti[3] – la cui disciplina è contenuta nel D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, concernente “Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente” – sono gestiti dai relativi Comuni e, in deroga alle disposizioni in tema di privacy[4], hanno carattere pubblico.
In base all’art. 33 del citato decreto: “1. Fatti salvi i divieti di comunicazione di dati, stabiliti da speciali disposizioni di legge, e quanto previsto dall'articolo 35, l'ufficiale di anagrafe rilascia a chiunque ne faccia richiesta, previa identificazione, i certificati concernenti la residenza, lo stato di famiglia degli iscritti nell'anagrafe nazionale della popolazione residente, nonché ogni altra informazione ivi contenuta. 2. Al rilascio di cui al comma 1 provvedono anche gli ufficiali d'anagrafe di comuni diversi da quello in cui risiede la persona cui i certificati si riferiscono. Il rilascio di certificati anagrafici in modalità telematica è effettuato mediante i servizi dell'ANPR con le modalità indicate nell'articolo 62, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, e si applica a decorrere dall'attivazione del relativo servizio da parte del Ministero dell'interno e di Sogei S.p.a. 3. Le certificazioni anagrafiche hanno validità di tre mesi dalla data di rilascio.”[5].
In buona sostanza, fatti salvi i divieti di comunicazione di dati previsti da speciali disposizioni di legge di cui si dirà infra e nei limiti stabiliti dall’art. 35 del decreto citato[6], la predetta disposizione consente a tutti l’acquisizione presso le anagrafi comunali, di documenti e certificazioni anagrafiche riguardanti la residenza, lo stato di famiglia, la condizione di convivenza, lo stato civile (ad eccezione del titolo di studio, soggiorno, professione, mancanza di dimora fissa, domicilio digitale), riferiti a qualunque soggetto (tranne specifiche limitazioni soggettive) e senza alcun limite di carattere spaziale, giacché è pure valida la richiesta a ufficiali anagrafici di enti locali diversi rispetto a quello di residenza del soggetto cui le certificazioni si riferiscono.
In attuazione delle disposizioni introdotte dal D.Lgs. n. 82/2005 (cd. Codice dell’amministrazione digitale), come noto, è stata istituita l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR)[7] e, da 15 novembre p.v., tutti i cittadini italiani potranno ottenere una serie di certificati anagrafici[8] online aggiornati tramite ANPR, in maniera autonoma e gratuita[9] (il Comune di Milano, ad esempio, consente già di richiedere certificazioni a prescindere dalla residenza[10]).
Pur condividendo pienamente l’intento legislativo rivolto alla semplificazione amministrativa e al contenimento della spesa pubblica attraverso i vantaggi derivanti dalla informatizzazione dei sistemi, non possono in ogni modo sottacersi alcune riflessioni critiche proprio con riguardo alla fruibilità e al conseguente utilizzo delle informazioni contenute nelle anagrafi comunali, giacché le indiscutibili opportunità della normativa in commento, sono sicuramente bilanciate (negativamente) da sicuri profili di rischio, idonei a influenzare fortemente alcuni aspetti di interesse collettivo, relativi al buon andamento e all’efficienza della Pubblica Amministrazione.
Il riferimento, è rivolto in modo particolare a coloro che nello svolgimento dei propri compiti istituzionali, si espongono in prima persona.
L’indiscriminata applicazione delle disposizioni in commento - in tema di rilascio di certificazioni anagrafiche (con particolare riguardo alla residenza e alla composizione della famiglia) - si presenta come assolutamente in grado di comportare gravi ripercussioni personali, in termini di incolumità e sicurezza personale, anche dei propri familiari.
A mero titolo esemplificativo, il pensiero va subito ai componenti delle Forze di Polizia, delle Forze Armate, ai Magistrati, ai funzionari dello Stato, ai professionisti che svolgono su incarico compiti di rilevanza pubblica (curatori fallimentari, amministratori giudiziari, ecc.); la loro azione, infatti, si rivolge sempre con maggiore frequenza, nei riguardi di soggetti caratterizzati da profili di particolare rilievo criminale, portando così a termine indagini patrimoniali nei confronti di soggetti mafiosi, con l’esecuzione di misure ablative di sicurezza o di prevenzione, di sequestri e confische.
Alla luce di quanto affermato e nella considerazione della mancanza nell’ordinamento di una disposizione di legge che individui specifici divieti di comunicazione almeno per “soggetti “a rischio” meritevoli di maggiore protezione, pensiamo sia necessario vietare fin da subito il “libero” rilascio di informazioni anagrafiche, consentendone, al contrario, la possibilità solo nelle ipotesi debitamente documentate e supportate da valide ragioni giustificatrici, da individuarsi a cura del legislatore.
Leggi anche Certificati anagrafici: dal 15.11 scaricabili gratis on line senza andare in Comune
[1] Professore a contratto di Diritto Processuale Tributario presso l’Università Luiss Guido Carli e docente presso la Scuola di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Roma. Dottore commercialista e Revisore legale.
[2] Appartenente all’Amministrazione finanziaria. Autore di numerosi articoli e monografie in materia tributaria.
[3] L’Anagrafe della popolazione residente è la raccolta sistematica dell’insieme delle posizioni relative alle singole persone, alle famiglie e alle convivenze che hanno fissato nel comune la residenza, nonché delle posizioni concernenti le persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio.
[4] Secondo gli artt. 2-ter e 2-sexies del Codice della privacy (D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101), la possibilità di gestire e comunicare dati personali della tipologia in commento, è devoluta alla sola esistenza di una norma di legge che lo consenta: art. 33 del D.P.R. n. 223/1989.
[5] L’art. 30, comma 2, lett. b), del D.L. n. 76/2020, ha modificato il comma 2, dell’art. 33 del D.P.R. n. 223/1989, per recepire la recente introduzione della versione telematica unitaria dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR).
[6] In base a tale norma, i certificati anagrafici devono contenere l’indicazione del comune e della data di rilascio, l’oggetto della certificazione, le generalità delle persone cui la certificazione si riferisce (salvo le particolari disposizioni di cui alla Legge n. 1064/1955 che vieta in taluni casi l’indicazione della paternità e della maternità) e la firma dell’ufficiale di anagrafe (o sigillo elettronico qualificato se rilascio avviene in modalità telematica mediante i servizi dell'ANPR); non possono essere certificate le notizie riportate nelle schede anagrafiche concernenti la professione, arte o mestiere, la condizione non professionale, il titolo di studio, il domicilio digitale, la condizione di senza fissa dimora e il titolo di soggiorno. Il certificato di stato di famiglia deve rispecchiare la composizione familiare quale risulta dall'anagrafe all'atto del rilascio del certificato, ma previa motivata richiesta, l’ufficiale di anagrafe può rilasciare certificati attestanti situazioni anagrafiche pregresse.
[7] ANPR è un progetto del Ministero dell’Interno la cui realizzazione è affidata a Sogei - partner tecnologico dell’amministrazione economico-finanziaria - che ha curato anche lo sviluppo del nuovo portale. Il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è titolare del coordinamento tecnico-operativo dell’iniziativa.
[8] Si tratta di certificazioni di nascita, matrimonio, cittadinanza, esistenza in vita, residenza/AIRE, stato civile, di famiglia, di convivenza, unione civile, ecc.
[9] L’accesso al portale https://www.anpr.interno.it/ è consentito a tutti i cittadini muniti di identità digitale (SPID, Carta d'Identità Elettronica e CNS-Carta nazionale dei servizi). Dal 15 aprile 2021, è iniziato un periodo di sperimentazione con il coinvolgimento dei Comuni di Bari, Barletta, Bergamo, Firenze, Lecco, Milano, Prato e Torino.