Con la risposta all’interpello 30/9/2021, n. 633, ha affrontato la problematica della donazione di sangue da animali allevati da un imprenditore agricolo professionale ai fini terapeutici.
Il quesito aveva per oggetto un imprenditore agricolo professionale che svolge l’attività di allevamento di animali della specie equina e bovina, accuditi e foraggiati con mangimi biologici, che sono soggetti donatori di sangue. Il prelievo del plasma, è effettuato da un’azienda farmaceutica/veterinaria la quale, dopo averlo trattato con appositi macchinari di plasmaferesi, lo commercializza come prodotto farmaceutico sterile iniettabile come rimedio naturale e biologico per la cura delle infezioni di equini e bovini sostituendo l’utilizzo di antibiotici chimici.
L’imprenditore agricolo ha precisato di non eseguire alcuna operazione che sia correlata al prelievo del sangue, al suo trattamento, alla conservazione e alla commercializzazione, limitandosi ad allevare gli animali che sono oggetto del prelievo ricevendo un compenso per ogni donazione.
Da qui il dubbio: l’attività è attratta nel reddito agrario ai sensi dell’art. 32, lett. c), del D.P.R. 22/12/1986, n. 917?
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Preliminarmente, va osservato che la disciplina dell’imprenditore agricolo è notevolmente cambiata per effetto del D.Lgs. 18/5/2001, n. 228, passando da una configurazione sostanzialmente statica ad una nuova più aderente alle condizioni del mercato e alla loro evoluzione.
Secondo la precedente formulazione (“E’ imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e alle attività connesse. Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o alla alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura.”) la qualifica agricola era riconosciuta soltanto in presenza del collegamento stretto con il terreno e, nel caso specifico, dell’indispensabile e necessario legame con l’allevamento del bestiame, in una visione sostanzialmente statica.
Secondo la vigente formulazione, per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per “allevamento di animali” si intendono “le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”.
La differenza è notevole: non si parla più di “bestiame” ma di “animali”, si considera il “ciclo biologico” o una fase necessaria del ciclo stesso” e si prescinde dalla destinazione alimentare dell’animale allevato.
Secondo il terzo comma dell’art. 2135 c.c. si intendono connesse le attività “esercitate dall’imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente …. dall’allevamento di animali”.
La circolare 14/5/2002, n. 44/E, precisa che la connessione con il terreno, da cui deriva la tassazione su base catastale, è strettamente correlata, congiuntamente:
La risposta all’interpello esclude l’attività dall’ambito della connessione poiché nella tabella allegata al D.M. “Il sangue non viene elencato come bene che forma oggetto dell’attività agricola. Pertanto, ai fini fiscali, la cessione di sangue da parte di un imprenditore agricolo, non rientrando fra i prodotti presenti nel D.M., non può essere assoggettata al regime dell’art. 32 del TUIR”.
La tassazione ammessa è quella indicata all’art. 56-bis, comma 2, secondo cui per la commercializzazione di prodotti diversi da quelli indicati nell’art. 32, comma 2, lett. c), ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, il reddito è determinato applicando il coefficiente di redditività del 15% all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’IVA.