Gli oneri contabilizzati a fronte della correzione di errori contabili commessi in esercizi precedenti sono sempre indeducibili sul piano fiscale?
Il presente lavoro analizza la tematica mettendo a confronto alcuni interventi di prassi dell’Amministrazione Finanziaria.
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Per i soggetti OIC adopter, la correzione degli errori è trattata nel principio contabile OIC 29 “Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio”. In base al citato OIC 29, un errore consiste nell’impropria o mancata applicazione di un principio contabile se, al momento in cui viene commesso, le informazioni ed i dati necessari per la sua corretta applicazione sono disponibili. Possono verificarsi errori a seguito di errati calcoli matematici, di erronee interpretazioni di fatti, di negligenza nel raccogliere tutte le informazioni ed i dati disponibili per un corretto trattamento contabile.
La correzione di un errore deve essere rilevata in bilancio nel momento in cui si individua l’errore e, allo stesso tempo, sono disponibili le informazioni ed i dati per il suo corretto trattamento.
Il Principio Contabile precisa anche che un errore è da considerarsi rilevante se può individualmente, o insieme ad altri errori, influenzare le decisioni economiche che gli utilizzatori assumono in base al bilancio. La rilevanza di un errore dipende dalla dimensione e dalla natura dell’errore stesso ed è valutata in base alle varie circostanze ad esso correlate.
La correzione di errori rilevanti commessi in esercizi precedenti è rilevata sul saldo d’apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui si individua l’errore. Generalmente la rettifica viene registrata negli utili portati a nuovo, ma la rettifica può essere apportata anche ad un’altra componente del patrimonio netto se ritenuto più appropriato dal redattore del bilancio. La correzione di errori non rilevanti commessi in esercizi precedenti è contabilizzata nel conto economico dell’esercizio in cui si individua l’errore.
Per i soggetti IFRS adopter, il principio contabile di riferimento è lo IAS 8 “Principi contabili, cambiamenti nelle stime ed errori”. Secondo lo IAS 8, gli errori di esercizi precedenti sono omissioni ed errate misurazioni di voci nel bilancio dell'entità per uno o più esercizi precedenti derivanti dal non utilizzo o dall'utilizzo erroneo di informazioni attendibili che erano disponibili quando i bilanci di quegli esercizi furono redatti e che si poteva ragionevolmente supporre che fossero state ottenute e utilizzate nella redazione e presentazione di quei bilanci. Tali errori includono gli effetti di errori aritmetici, errori nell'applicazione di principi contabili, sviste o interpretazioni distorte di fatti, e frodi.
Un errore è considerato rilevante[1] se è in grado di influenzare le decisioni degli utilizzatori del bilancio. La rilevanza, dunque, dipende dalla dimensione e dalla natura dell’omissione o errata misurazione. In particolare, la dimensione o natura della voce, o una combinazione di entrambe, potrebbe costituire un fattore dirimente.
La correzione di un errore rilevante relativo ad un esercizio precedente non deve incidere sul risultato economico dell’esercizio nel quale l’errore stesso è stato scoperto. Gli errori rilevanti di esercizi precedenti vanno corretti retroattivamente nel primo bilancio che andrà presentato, agendo sul saldo di apertura del Patrimonio Netto e delle attività e passività interessate, con una soluzione, di fatto, analoga a quella prevista dall’OIC 29.
E’ indispensabile precisare che per i principi contabili nazionali ed internazionali, gli errori costituiscono una fattispecie diversa dai cambiamenti di stima[2].
Ai fini della presente trattazione è opportuno distinguere gli errori contabili che generano componenti negativi, in due categorie, a seconda che derivino da:
2.1 MANCATA CONTABILIZZAZIONE DI ONERI DI COMPETENZA DI ESERCIZI PRECEDENTI
La fattispecie è rappresentata da oneri per la mancata (omessa) contabilizzazione di componenti negativi di reddito nell’effettivo esercizio di competenza; in tal caso, come previsto dai principi contabili, nell’esercizio in cui l’errore viene scoperto, si deve procedere con la correzione dell’errore, cioè con la contabilizzazione di un onere in un periodo contabile (e di imposta) successivo a quello di effettiva competenza.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, tali oneri non sono deducibili, indipendentemente dalle diverse modalità di rappresentazione in bilancio della correzione dell’errore, connesse ai differenti principi contabili adottati dall’impresa.
Sul piano fiscale, il principio di competenza rileva in primis per effetto del principio di derivazione del reddito imponibile dall’utile di bilancio contenuto nell’articolo 83 del TUIR[3]. Nel caso di specie, secondo l’Amministrazione Finanziaria, il principio di derivazione non può essere invocato per dare rilevanza fiscale alla correzione di errori pregressi, derogando alle ordinarie regole di competenza fiscale, perché sulla fattispecie in parola “….non ha alcun impatto l’introduzione del principio di derivazione rafforzata non essendo in discussione differenti regole di qualificazione, classificazione e imputazione temporale” (cfr. Circolare n. 31/E del 23 settembre 2013).
In altre parole, secondo l’Agenzia delle Entrate, tali oneri non sono deducibili dal reddito di impresa per “difetto di competenza”; infatti, a prescindere dalla rilevanza o meno dell’errore, la sua correzione nei bilanci successivi sarebbe essa stessa un errore di competenza, senza rappresentare una diversa qualificazione, imputazione temporale o classificazione di bilancio idonea ad assumere riconoscimento fiscale.
Trattasi, sempre secondo l’Agenzia, di componenti reddituali che non possono assumere immediato rilievo fiscale in quanto non presentano i presupposti legittimanti per la deduzione delle sopravvenienze passive ai sensi dell’articolo 101 del TUIR. In effetti, la fattispecie della contabilizzazione di un costo in un esercizio successivo a quello di effettiva competenza non sembra rientrare tra le “sopravvenienze passive” come definite all’art. 101, co. 4 del TUIR, in base al quale “si considerano sopravvenienze passive il mancato conseguimento di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi il sostenimento di spese, perdite od oneri a fronte di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi e la sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi diverse da quelle di cui all'articolo 87”.
L’Amministrazione Finanziaria ribadisce la sua posizione nella recente Risposta ad Interpello n. 285 del 23.04.2021, in materia di correzione di errori contabili commessi in sede di applicazione dell’IFRS 15 “Ricavi provenienti da contratti con i clienti”., Nel documento di prassi si legge “..nell'ipotesi in cui il contribuente non abbia imputato il componente negativo nel corretto esercizio di competenza e, in un periodo d'imposta successivo, abbia contabilizzato, al conto economico o nello stato patrimoniale, un componente negativo per dare evidenza all'errore, occorrerà operare in sede di dichiarazione dei redditi riferita al periodo d'imposta in cui registra la correzione dell'errore, una variazione in aumento per sterilizzare sul piano fiscale il componente transitato al conto economico, ovvero astenersi dall'operare una variazione in diminuzione per far concorrere alla determinazione del reddito d'esercizio il predetto componente se imputato al patrimonio netto”.
2.2. ERRATA CONTABILIZZAZIONE DI PROVENTI E/O ATTIVITA’ IN ESERCIZI PRECEDENTI
La fattispecie consiste nella contabilizzazione di oneri corrispondenti alla rettifica di componenti di reddito erroneamente imputati nei bilanci di esercizi precedenti. Trattasi, pertanto, della correzione di un errore commesso in precedenza da contabilizzare nel bilancio dell’esercizio in cui viene scoperto, in ossequio ai principi contabili adottati dall’impresa, come illustrato in precedenza.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, gli oneri contabilizzati a fronte della correzione di proventi imputati nei bilanci di esercizi precedenti sono deducibili dal reddito di impresa nell’esercizio in cui sono rilevati. Tale principio è stato affermato nella Risposta ad Interpello n. 407 del 10 ottobre 2019.
Nel suddetto intervento di prassi l’Amministrazione Finanziaria ha analizzato il caso di un contribuente che per diverse annualità aveva contabilizzato attività finanziarie ed i corrispondenti proventi, regolarmente assoggettati a tassazione, sulla base di documentazione bancaria che, successivamente alle contabilizzazioni, era risultata contraffatta. In pratica il contribuente aveva assoggettato a tassazione proventi inesistenti, oltre a iscrivere attività finanziare anch’esse inesistenti. Nell’esercizio in cui veniva scoperto l’errore (rectius, la frode) il contribuente aveva provveduto a contabilizzare un onere per effetto dell’eliminazione delle attività finanziarie inesistenti[4].
Nella fattispecie analizzata, l’Amministrazione ritiene deducibile l’onere connesso alla correzione dell’errore contabile sul presupposto che la correzione:
Una fattispecie assimilabile a quella illustrata nella Risposta ad Interpello potrebbe essere rappresentata dalla contabilizzazione di oneri corrispondenti all’emissione di note di credito per storno di fatture attive erroneamente emesse, che hanno dato luogo a proventi tassati in esercizi precedenti; in tal caso, infatti, l’onere (=rettifica di proventi contabilizzati e tassati in esercizi precedenti) può essere considerato fiscalmente deducibile se rilevato contabilmente nell’esercizio in cui viene scoperto l’errore di fatturazione. E’ come dire che l’esercizio in cui avviene la scoperta dell’errore e si dispone di quanto necessario per la quantificazione in modo attendibile, coincide con l’esercizio di “competenza” dell’onere. Tale ragionamento porterebbe a considerare indeducibile per difetto di competenza, l’onere da correzione di errore contabilizzato in un esercizio successivo a quello della scoperta e della disponibilità delle informazioni utili per il relativo corretto trattamento contabile; in tal caso, infatti, si ricadrebbe nella fattispecie dell’omessa registrazione di oneri e della relativa indeducibilità, esaminata nella Circolare n. 31/E/2013.
Dal confronto delle fattispecie esaminate negli interventi di prassi citati, sembra che le conclusioni a cui perviene l’Agenzia delle Entrate siano in contrasto tra loro. Nella Risposta ad interpello n. 407/2019 si attribuisce rilevanza fiscale alla correzione dell’errore contabile nel periodo di imposta in cui l’errore è emerso e viene corretto (ossia nell’esercizio della contabilizzazione). Di contro, nella Circolare 31/E del 2013 la correzione dell’errore contabile non ha rilevanza fiscale nel periodo di contabilizzazione. In realtà la contraddizione è solo apparente, in quanto il diverso trattamento fiscale deriva dalla diversa tipologia di errore. In altri termini, sebbene i due documenti di prassi analizzino entrambi il trattamento fiscale della correzione di errori contabili, la tipologia di errore contabile è differente, per cui diverso è il relativo trattamento fiscale.
La circolare n. 31/E/2013 ha ad oggetto i componenti reddituali rilevati a seguito della correzione di errori contabili derivanti dalla mancata imputazione di costi nel corretto esercizio di competenza; tali componenti non possono assumere immediato rilievo fiscale, in quanto non presentano i presupposti delle sopravvenienze passive (art. 101, co.4 del TUIR), né è invocabile il principio di derivazione rafforzata perché la contabilizzazione della correzione è implicitamente il riconoscimento del difetto del principio della competenza economica.
L’interpello n. 407/2019, invece, evidenzia una tipologia di errore contabile diverso dalla mancata imputazione di un onere nell’effettivo esercizio di competenza. La fattispecie è inquadrabile nell’ambito delle sopravvenienze passive di cui all’art. 101, co.4 del TUIR, trattandosi di oneri corrispondenti ad insussistenze passive per eliminazione di attività connesse a ricavi/proventi che hanno concorso a formare il reddito negli esercizi precedenti in cui ne è avvenuta la contabilizzazione per effetto della frode subita. La correzione, peraltro, è avvenuta nell’esercizio in cui la frode è stata scoperta, coincidente, quest’ultimo con l’effettivo periodo di competenza; pertanto, il costo possiede tutte le condizioni per il suo riconoscimento fiscale attraverso il principio di derivazione rafforzata.
Di seguito uno schema di sintesi delle tipologie di errore, delle correzioni e del relativo trattamento fiscale
Tipologia di errore | Correzione dell’errore | Trattamento Fiscale | Prassi A.F. |
Omessa contabilizzazione di costi | Contabilizzazione del costo nell’esercizio in cui l’errore viene scoperto (successivo all’esercizio di effettiva competenza) | INDEDUCIBILE | Circolare n. 31/E del 24 settembre 2013 |
Errata contabilizzazione di proventi/attività | Contabilizzazione del costo nell’esercizio in cui l’errore viene scoperto (successivo all’esercizio di iscrizione del provento/attività da correggere) | DEDUCIBILE | Risposta ad Interpello n. 407 del 10 ottobre 2019 |
Il trattamento fiscale della correzione di errori contabili commessi in esercizi precedenti, sinteticamente riassunto nella tabella suindicata, può essere applicabile anche ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Secondo l’Agenzia delle Entrate, il principio di competenza rileva anche per le modalità di determinazione della base imponibile dell’IRAP; l’art. 5, co.5 del d.lgs. n. 446/1997 prevede, infatti, che “i componenti positivi e negativi del valore della produzione sono accertati secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa” (Circ. 31/E/2013).
Tale principio, quindi, impone di dare rilievo ai fini fiscali esclusivamente alle corrette imputazioni temporali senza consentire l’applicazione di deroghe al principio di competenza stesso, come avviene in bilancio nell’ipotesi di contabilizzazione di errori contabili.
[1] Nell’ottobre del 2018, lo IASB ha pubblicato una revisione della definizione di “rilevanza” (material) che vale sia per lo IAS 1 che lo IAS 8 con efficacia a partire dal 1° gennaio 2020. La nuova definizione prevede che un’informazione è rilevante se omessa, erroneamente fornita o oscurata, possa ragionevolmente influenzare le decisioni economiche che gli utilizzatori prendono sulla base del bilancio. Il concetto di rilevanza, nella nuova definizione fornita dallo IASB è strettamente connesso con quello della significatività (relevance) dipendendo, così, anche dalla “dimensione” della fattispecie o dell’errore. In questo senso, la rilevanza non è solo una caratteristica qualitativa che l’informazione deve possedere per essere ritenuta utile, bensì anche una sorta di soglia quantitativa, in quanto si aggiunge l’elemento della significatività.
[2] Gli errori si differenziano da cambiamenti di stime e da cambiamenti di principi contabili, che hanno diversa natura e diversa disciplina contabile. Non costituiscono errori: a) le variazioni intervenute successivamente, divenute necessarie, nell’ambito di valutazioni e di stime effettuate in precedenza in base alle informazioni e ai dati allora disponibili; b) l’adozione di criteri contabili fatta in base ad informazioni e dati disponibili in un determinato momento ma che successivamente si dimostrano diversi da quelli assunti a base della scelta operata, se, in entrambi i casi, tali informazioni e dati sono stati al momento del loro uso raccolti ed utilizzati con la dovuta diligenza.
[3] L’art. 83, comma 1 del TUIR prevede per i soggetti che redigono il bilancio in base agli Ias/Ifrsr e per quelli, diversi dalle micro imprese di cui all’articolo 2345-ter del codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, il principio di derivazione rafforzata secondo il quale ai fini della determinazione del reddito d’impresa valgono, anche in deroga alle disposizioni fiscali i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili.
[4] In particolare, il contribuente, soggetto OIC adopter, in ossequio al principio contabile OIC 29, aveva eliminato l’attività finanziaria in contropartite della riduzione della riserva di utili portati a nuovo (trattavasi, pertanto, di un errore qualificato “rilevante”). Peraltro, il medesimo trattamento contabile sarebbe stato applicato se il soggetto avesse adottato i principi contabili internazionali Ias/Ifrs.