Lo IAS 36 stabilisce che qualora un’attività sia stata oggetto di una svalutazione, occorre valutare ad ogni data di riferimento del bilancio se vi è indicazione che non sussista più in toto o in parte la perdita per riduzione di valore rilevata negli esercizi precedenti, fatta eccezione per l’avviamento.
Nell’ambito dei Principi Contabili Internazionali lo IAS 36 - Riduzione di valore delle attività definisce la metodologia che va applicata per verificare che le attività, ad eccezione di quelle trattate in altri Principi, siano iscritte a un valore non superiore a quello recuperabile, in quanto in caso contrario si è in presenza di una riduzione di valore e va rilevata una perdita.
Il valore recuperabile è definito come il maggiore tra il valore d’uso e il fair value, dedotti i costi di vendita, di un’attività o di un’unità generatrice di flussi finanziari (CGU – Cash Generating Unit), intendendo per tale il più piccolo gruppo identificabile di attività che genera flussi finanziari in entrata in maniera indipendente da altre attività o gruppi di attività.
L'articolo continua dopo la pubblicità
Per stimare il valore d’uso (value in use) di un’attività occorre effettuare una stima dei flussi finanziari futuri in entrata e in uscita che deriveranno dal suo uso continuativo e dalla sua dismissione. A tali flussi finanziari netti va applicato il tasso di attualizzazione.
Per la determinazione del fair value dedotti i costi di vendita si può prendere a riferimento, qualora esista, il prezzo stabilito in un accordo vincolante di vendita a cui vanno sottratti i costi da sostenere per rendere possibile la vendita stessa. In mancanza di tale dato, il fair value può essere calcolato come il prezzo di mercato del bene dedotti i costi di dismissione. Se poi non vi è un mercato attivo, il fair value può essere stimato pari al prezzo dell’operazione di vendita più recente, dedotti sempre i costi di vendita, a meno che nel frattempo non vi siano stati significativi cambiamenti nello scenario economico di riferimento. Qualora non sia possibile neanche tale metodologia si può far riferimento alle migliori informazioni a disposizione per calcolare l’ammontare che si potrebbe ricavare, alla data di riferimento del bilancio, dalla dismissione dell’attività in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili, sottratti i costi di vendita.
Nel caso in cui sia stata operata una svalutazione, occorre valutare ad ogni data di riferimento del bilancio se vi è indicazione che non sussista più in toto o in parte la perdita per riduzione di valore di un’attività, diversa dall’avviamento, rilevata negli esercizi precedenti. Qualora si riscontri tale indicazione occorre stimare il valore recuperabile dell’attività stessa in modo da poter rilevare il ripristino di valore. Per poter valutare se occorra o meno effettuare il ripristino di valore lo IAS 36 elenca alcune fonti esterne e interne di informazioni che rispecchiano fondamentalmente le indicazioni contrarie previste per l’individuazione di una perdita per riduzione di valore. Tra gli indicatori sono annoverati i seguenti:
Il maggior valore contabile attribuibile ad un ripristino di valore non deve essere superiore al valore contabile che sarebbe stato determinato al netto dell’ammortamento se non fosse stata registrata alcuna perdita per riduzione di valore negli esercizi precedenti. Gli importi che superano detto limite sono da considerarsi rivalutazione di attività.
Qualora invece debba essere rilevato il ripristino di valore di un’unità generatrice di flussi finanziari (CGU – Cash Generating Unit), l’entità dovrà allocarlo alle attività dell’unità, ad eccezione dell’avviamento, in modo proporzionale ai valori contabili di tali attività.
Una volta che è stato rilevato un ripristino di valore di un’attività immobilizzata che era stata in precedenza svalutata, occorre ovviamente rideterminare la nuova quota di ammortamento annuo. A tal fine occorrerà ripartire il nuovo valore contabile dell’asset, al netto dell’eventuale valore recuperabile al termine della vita, sulla base dell’utilità residua.
Lo IAS 36 altresì precisa che qualora sia stata rilevata in un esercizio precedente una perdita di valore per l’avviamento non è possibile procedere con il ripristino di valore. Tale divieto prende le mosse dal fatto che un incremento del valore dell’avviamento successivo ad una svalutazione dello stesso difatti sarebbe attribuibile a quella parte di avviamento che si è venuta a generare all’interno dell’entità stessa. In effetti lo stesso IAS 38 – Attività Immateriali stabilisce che viene fatto divieto di rilevare un’attività a fronte di un avviamento generato internamente.
E’ bene ricordare che lo IAS 36 non si applica per le seguenti fattispecie in quanto i Principi applicabili a questi tipi di attività già contengono specifiche disposizioni per la loro rilevazione e valutazione:
Lo IAS 36 si applica comunque alle attività finanziarie classificate come:
joint venture, come definite nello IFRS 11 - Accordi a controllo congiunto
Ti potrebbero interessare gli articoli pubblicati dallo stesso autore sui principi contabili internazionali sul sito della Revisione Legale