La cessione gratuita dei prodotti alimentari ha trovato la sua disciplina in una riforma fiscale che, da una parte, ha cercato di evitare lo spreco nell’interesse delle persone bisognose che sono in difficoltà e, dall’altra parte, ha concesso una serie di misure per incentivare le donazioni da parte degli operatori che operano nella catena del food. Prendiamo in rassegna queste misure fiscali da un punto di vista pratico cercando di guidare l’operatore socialmente solidale affinché non si lasci sfuggire alcune semplificazioni fiscali.
Le cessioni gratuite di beni in generale
Ai fini IVA, le cessioni gratuite di beni, compresi i prodotti alimentari, in linea di principio soggiacciono alle seguenti regole previste dall’art. 2 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633:
1. Beni prodotti o commercializzati dall’impresa cedente, a prescindere dal valore del costo unitario:
a. la cessione gratuita è soggetta a IVA (assumendo che l’IVA sia stata detratta sull’acquisto);
b. la cessione gratuita non è soggetta a IVA se l’impresa cedente è stata in grado di identificare il bene da omaggiare sin dall’acquisto dello stesso e quindi non ha esercitato la detrazione IVA;
2. Beni non prodotti o commercializzati dall’impresa cedente:
a. beni di costo unitario pari o inferiore a 50 euro:
i. la detrazione dell’IVA sull’acquisto è concessa e la cessione gratuita non è soggetta ad IVA;
b. beni di costo superiore a 50 euro:
Le cessioni esenti da IVA
Fanno eccezione alle regole sopra descritte, determinate cessioni gratuite di beni, compresi proprio i prodotti alimentari, se effettuate nei confronti di particolari soggetti di beneficenza e di pubblica utilità. In questi casi, la cessione è esente da IVA ai sensi dell’art. 10 D.P.R. n. 633/1972 (nn. 12 e 13) e l’IVA assolta sugli acquisti non è detraibile; inoltre, qualora tali cessioni non venissero considerate accessorie e strumentali all’attività principale del cedente, implicherebbero anche limitazioni di pro-rata generale ai sensi degli artt. 19 e ss. D.P.R. n. 633/1972.
L’esenzione IVA di cui all’art. 10 si applica solo se i soggetti beneficiari ricadono tra le seguenti categorie:
Secondo l’Agenzia delle Entrate (ris. 16 ottobre 2002, n. 328/E), oltre alla gratuità della cessione, è necessario che sia verificata anche la condizione di svantaggio del soggetto beneficiario; pertanto la platea dei beneficiari deve essere intesa in senso assolutamente restrittivo.
Le cessioni gratuite di prodotti alimentari
Un’ulteriore deroga al regime sopra descritto è rappresentata dalle cessioni gratuite di prodotti alimentari effettuate ai fini di solidarietà sociale senza scopo di lucro.
In particolare, con la L. 19 agosto 2016, n. 166 (c.d. Legge anti-spreco o Legge Gadda, modificata successivamente dalla L. 27 dicembre 2017, n. 205) sono state introdotte disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione (anche) di prodotti alimentari ai fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi.
La principale finalità della Legge è quella di ridurre gli sprechi nella produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari, in particolare favorendo il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari ai fini di solidarietà sociale, destinandole in via prioritaria all’utilizzo umano.
La normativa apre a uno spettro ampio di potenziali donatori quali i negozi, i bar, i supermercati, i laboratori, i ristoranti, le mense e le industrie alimentari.
Ai fini IVA, tali beni ceduti secondo la Legge anti-spreco sono considerati distrutti ai fini della presunzione di cessione e pertanto non c’è limitazione alla detrazione IVA operata a monte al momento dell’acquisto.
I paragrafi che seguono si concentrano evidentemente sui prodotti alimentari, agricoli e agro alimentari, sebbene la Legge anti-spreco copra una gamma di prodotti ben più ampia (quali, ad esempio, farmaci, prodotti destinati all’igiene e alla cura della persona e della casa, ecc.)
Questo articolo è estratto dal libro "Fiscalità del Food & Beverage" a cura di Francesco Crovato e pubblicato da Maggioli editore nel mese di maggio 2021 |
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Questo articolo è estratto dal libro "Fiscalità del Food & Beverage" a cura di Francesco Crovato e pubblicato da Maggioli editore nel mese di maggio 2021
Gli operatori del settore alimentare possono cedere gratuitamente le eccedenze alimentari a soggetti donatari i quali possono ritirarle direttamente o incaricandone altro soggetto donatario.
Per comprendere meglio il principio di cui sopra, bisogna soffermarsi sulle definizioni fornite dalla norma e in particolare:
– per “operatori del settore alimentare” si intendono i soggetti pubblici o privati, operanti con o senza fini di lucro, che svolgono attività connesse ad una delle fasi di produzione, confezionamento, trasformazione, distribuzione e somministrazione degli alimenti; a mero titolo esemplificativo possiamo annoverare i seguenti soggetti:
– per “eccedenze alimentari”, si intendono invece i prodotti alimentari, agricoli e agro-alimentari che, fermo restando il mantenimento dei requisiti di igiene e sicurezza del prodotto sono, a titolo esemplificativo e non esaustivo, invenduti o non somministrati per carenza di domanda; ad esempio si tratta dei beni:
– per “soggetti donatari”, si intendono gli enti gli enti pubblici nonché gli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d’interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità, compresi gli enti del Terzo Settore di cui al D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (c.d. Codice del Terzo Settore); a mero titolo esemplificativo possiamo annoverare i seguenti soggetti:
Tali soggetti donatari devono destinare, in forma gratuita, le eccedenze alimentari ricevute, idonee al consumo umano, prioritariamente a favore di persone indigenti.
Le eccedenze alimentari non idonee al consumo umano possono essere cedute per il sostegno vitale di animali e per la destinazione ad auto-compostaggio o a compostaggio di comunità con metodo aerobico.
Gli alimenti che presentano irregolarità di etichettatura, che non siano riconducibili alle informazioni relative alla data di scadenza o alle sostanze o prodotti che provocano allergie e intolleranze, possono essere ceduti ai soggetti donatari.
È consentita la cessione a titolo gratuito delle eccedenze di prodotti agricoli in campo o di prodotti di allevamento idonei al consumo umano ed animale ai soggetti donatari. Le operazioni di raccolta o ritiro dei prodotti agricoli effettuate direttamente dai soggetti donatari o da loro incaricati sono svolte sotto la responsabilità di chi effettua le attività medesime, nel rispetto delle norme in materia di igiene e sicurezza alimentare.
Le suddette cessioni di eccedenze alimentari sono consentite anche oltre il termine minimo di conservazione, purché siano garantite l’integrità dell’imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione.
Inoltre, le eccedenze alimentari, nel rispetto dei requisiti di igiene e sicurezza e della data di scadenza, possono essere ulteriormente trasformate in prodotti destinati in via prioritaria all’alimentazione umana o al sostegno vitale di animali.
I prodotti finiti della panificazione e i derivati degli impasti di farina prodotti negli impianti di panificazione che non necessitano di condizionamento termico, che, non essendo stati venduti o somministrati entro le ventiquattro ore successive alla produzione, risultano eccedenti presso le rivendite di negozi, anche della grande distribuzione, i produttori artigianali o industriali, la ristorazione organizzata, inclusi gli agriturismi, e la ristorazione collettiva, possono essere donati a soggetti donatari.
Questo articolo è estratto dal libro "Fiscalità del Food & Beverage" a cura di Francesco Crovato e pubblicato da Maggioli editore nel mese di maggio 2021 |
Le modalità con cui le cessioni gratuite vengono espletate rappresentano un vincolo per godere dei benefici fiscali, ed in particolare ai fini IVA l’osservazione rispettosa di tali modalità consente di superare le regole ordinarie di presunzione di cessione.
Se la singola cessione riguarda eccedenze alimentari facilmente deperibili, nonché beni di valore complessivo non superiore a 15.000 euro, è sufficiente un documento di trasporto o un titolo equivalente.
Diversamente, per ammontari superiori a 15.000 euro, la procedura richiede che il soggetto donatore sia tenuto a trasmettere determinate comunicazioni agli organi competenti.
Ma vediamo come funziona nel dettaglio.
La presunzione di cessione di cui all’art. 1 D.P.R. n. 441/1997 non opera (e quindi la detrazione IVA a monte resta consentita) purché siano rispettate le seguenti condizioni:
a) i beni oggetto di cessione gratuita devono essere le eccedenze alimentari, nell’accezione già sopra indicata;
b) la cessione è effettuata nei confronti di determinati soggetti donatari, nell’accezione già sopra indicata;
c) per ogni cessione gratuita sia emesso un documento di trasporto avente le caratteristiche determinate con il regolamento di cui al D.P.R. 14 agosto 1996, n. 472, ovvero un documento equipollente;
d) il donatore trasmetta agli uffici dell’Amministrazione finanziaria e ai comandi della Guardia di Finanza competenti, per via telematica, una comunicazione riepilogativa delle cessioni effettuate in ciascun mese solare, con l’indicazione, per ognuna di esse, dei dati contenuti nel relativo documento di trasporto o nel documento equipollente nonché del valore dei beni ceduti, calcolato sulla base dell’ultimo prezzo di vendita. La comunicazione è trasmessa entro il giorno 5 del mese successivo a quello in cui sono state effettuate le cessioni secondo modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate. Il donatore è esonerato dall’obbligo di comunicazione di cui alla presente lettera per le cessioni di eccedenze alimentari facilmente deperibili, nonché per le cessioni che, singolarmente considerate, siano di valore non superiore a 15.000 euro;
e) l’ente donatario rilasci al donatore, entro la fine del mese successivo a ciascun trimestre, un’apposita dichiarazione trimestrale, recante gli estremi dei documenti di trasporto o dei documenti equipollenti relativi alle cessioni ricevute, nonché l’impegno ad utilizzare i beni medesimi in conformità alle proprie finalità istituzionali. Nel caso in cui sia accertato un utilizzo diverso, le operazioni realizzate dall’ente donatario si considerano effettuate, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, nell’esercizio di un’attività commerciale.
Si riepilogano gli scenari e le formalità da osservare nella seguente tabella:
INFOGRAFICA | VALORE INFERIORE A 15.000 € | VALORE SUPERIORE A 15.000 € |
Donante | Emissione di un DDT che contenga i seguenti dati: – data – estremi del cedente – estremi del cessionario – estremi dell’incaricato del trasporto – quantità e qualità della merce – destinazione della merce. | Emissione di un DDT come indicato a sinistra. Trasmissione per via telematica agli uffici dell’Agenzia Entrate e ai comandi della Guardia di Finanza competenti una comunicazione riepilogativa delle cessioni effettuate in ciascun mese, con l’indicazione dei DDT e del valore dei beni ceduti calcolato sulla base dell’ultimo prezzo di vendita. La comunicazione deve essere trasmessa entro il 5 del mese successivo a quello in cui sono effettuate le cessioni. |
Donatario | L’ente che riceve i beni deve rilasciare al donatore, entro la fine del mese successivo a ciascun trimestre una dichiarazione trimestrale, recante gli estremi dei DDT dei beni ricevuti con l’impegno ad utilizzare i beni in conformità alle proprie finalità istituzionali. | L’ente che riceve i beni deve rilasciare al donatore, entro la fine del mese successivo a ciascun trimestre una dichiarazione trimestrale, recante gli estremi dei ddt dei beni ricevuti oltre all’impegno ad utilizzare i beni in conformità alle proprie finalità istituzionali. |
Questo articolo è estratto dal libro "Fiscalità del Food & Beverage" a cura di Francesco Crovato e pubblicato da Maggioli editore nel mese di maggio 2021 |
Le cessioni gratuite di eccedenze alimentari
Come già rilevato al precedente paragrafo, il recupero delle eccedenze alimentari e di altri beni di prima necessità lungo la filiera di produzione, distribuzione e consumo finale è stato oggetto, da alcuni anni, di particolare attenzione per gli ingenti volumi del fenomeno e la sua rilevanza socio-economica. La materia ha trovato una sua regolamentazione unitaria con la citata L. n. 166/2016, c.d. Legge anti-spreco la quale ha esplicitato in modo chiaro l’obiettivo di ridurre gli sprechi e ha introdotto specifiche procedure che permettono alle imprese di donare i beni in questione a favore di enti pubblici ed enti privati, chiamati ad assicurarne il recupero e l’effettiva destinazione, senza scopo di lucro.
In questo paragrafo, il tema sarà analizzato sotto il profilo fiscale ai fini delle imposte dirette e verranno illustrate altresì le semplificazioni fiscali anche con l’obiettivo di incoraggiare la filiera produttiva e distributiva a donare beni inutilizzati o eccedenze.
Semplificazioni ai fini delle imposte sui redditi
Ai fini delle imposte sul reddito, vale rammentare che l’art. 85, comma 2, Tuir comprende tra i ricavi anche il valore normale dei beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa qualora vengano destinati a finalità estranee all’esercizio della stessa. Il comma 2 dell’art. 16 della legge in commento sancisce la disapplicazione di tale norma, escludendo pertanto che il valore normale dei beni ceduti gratuitamente, secondo le caratteristiche illustrate nel contributo di Anselmo Martellotta, sia tassato come ricavo e salvaguardando la deduzione dei costi sostenuti.
Un approfondimento sull’Irap
Peraltro, resta da chiedersi se la violazione di una delle formalità previste implichi necessariamente il venir meno della previsione d’irrilevanza fiscale della cessione e, quindi, comporti la ripresa di materia imponibile ai fini delle imposte dirette e dell’Irap, nonché dell’IVA.
Sul punto, può essere utile richiamare un recente, e non isolato, orientamento della Corte di Cassazione secondo il quale, in presenza di prove “alternative” circa l’effettuazione di cessioni gratuite potenzialmente “agevolabili”, non viene meno l’esenzione IVA dell’operazione.
I giudici rilevano che la giurisprudenza della stessa Cassazione ha affermato che le presunzioni di cessione e d’acquisto, previste, prima dal D.P.R. n. 633/1972 (art. 53), e poi dal D.P.R. n. 441/1997 (art. 2), sono presunzioni legali annoverabili tra quelle c.d. miste, che consentono, cioè, la dimostrazione contraria da parte del contribuente, ma unicamente entro i limiti di oggetto e di mezzi di prova ivi prefigurati e stabiliti a fini antielusivi.
Posto che ciascuno Stato membro può prevedere esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico aventi carattere sociale, educativo o religioso, stabilendo condizioni per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso, secondo i giudici, il sistema di presunzione “mista” stabilita dal D.P.R. n. 441/1997 e la necessità di una specifica procedura rispondono, in linea generale, allo scopo di prevenire le frodi. Pertanto, qualora sia pacifico che non si è in presenza di una frode, ovverosia di cessioni occultate, mascherate o abilmente travisate, emerse solo a seguito dei riscontri di magazzino da parte dei verificatori, e, per converso, sia altrettanto pacifico che si tratta di cessioni gratuite verso soggetti “agevolati”, l’esenzione dovrebbe essere accordata.
Questo articolo è estratto dal libro "Fiscalità del Food & Beverage" a cura di Francesco Crovato e pubblicato da Maggioli editore nel mese di maggio 2021 |