Gli enti sportivi dilettantistici (ASD e SSD) trovano specifica regolamentazione nella recente normativa di riforma del settore sportivo (in particolare D.lgs. nn. 36 e 39 del 2021).
Di conseguenza, le SSD si trovano nella (non semplice) situazione di dover scegliere se assumere la qualifica di Impresa sociale o rimanere regolamentate dalla normativa specifica di settore (compresa la legge n. 398/1991).
Di seguito due quadri sintetici che indicano la diversa disciplina applicabile, i profili di convergenza e di divergenza tra le strade percorribili.
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La recente disciplina dettata per gli enti sportivi dilettantistici stabilisce che gli stessi possono assumere una delle seguenti forme giuridiche:
Le SSD potranno quindi assumere la qualifica forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata e sarà obbligatoria la nomina del collegio sindacale; restano escluse le cooperative dalla previsione normativa (disciplinate sempre dal libro V, ma al successivo titolo VI) e si auspica che il legislatore fornisca presto chiarimenti sul punto.
Si stabilisce, inoltre, l’obbligo di affiliarsi annualmente alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate e agli Enti di Promozione Sportiva con possibilità di affiliarsi contemporaneamente anche a più di un organismo sportivo.
Al riguardo, viene istituito il nuovo Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche presso il Dipartimento per lo sport, direttamente gestito dalla società Sport e Salute S.p.a, che va a sostituire quello tenuto dal CONI. Il Registro è interamente gestito con modalità telematiche e il trattamento dei relativi dati è consentito alle pubbliche amministrazioni che ne facciano richiesta per lo svolgimento dei propri fini istituzionali (v. D.lgs. n. 39 del 2021).
In riferimento alle agevolazioni fiscali, per le SSD che non intendono entrare a far parte del Terzo settore, restano in vigore le norme stabilite dalla l. 398/1991.
In particolare, come noto, le SSD possono usufruire delle seguenti agevolazioni:
Il D.lgs. n. 36/2021 all’art. 8 stabilisce che le associazioni e le società sportive dilettantistiche devono destinare eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del proprio patrimonio; è fatto quindi divieto di distribuzione diretta e indiretta di utili.
Tuttavia, le SSD che si costituiscono nelle forme di cui al Libro V, Titolo V Cod. civ., possono destinare una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti:
Le ASD e le SSD possono esercitare attività diverse da quelle principali (ossia esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica) a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e che abbiano carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali, secondo criteri e limiti definiti con specifico decreto governativo (ancora non emanato).
In riferimento alle disposizioni tributarie (art. 12, D.lgs. n. 36/2021), sui contributi erogati dal CONI, dalle Federazioni Sportive Nazionali e dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI, alle società e associazioni sportive dilettantistiche non si applica la ritenuta del 4 per cento a titolo di acconto di cui all’articolo 28, secondo comma, DPR 29 settembre 1973, n. 600.
Gli atti costitutivi e di trasformazione delle ASD e SSD nonchè delle Federazioni Sportive Nazionali e degli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI direttamente connessi allo svolgimento dell’attività sportiva, sono soggetti all’imposta di registro in misura fissa.
In aggiunta, per le SSD l’atto costitutivo deve espressamente stabilire che una quota degli utili, non inferiore al 10 per cento, sia destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva. Deve anche essere prevista la costituzione di un organo consultivo finalizzato alla tutela degli interessi specifici dei tifosi, che emette pareri obbligatori ma non vincolanti.
Vige ovviamente l’onere di iscrizione presso il Registro delle Imprese (art. 2330 Cod. Civ.) e quello di deposito, entro trenta giorni dall’iscrizione, dell’atto costitutivo presso la Federazione Sportiva Nazionale alla quale sono affiliate a cui va comunicata ogni eventuale variazione dello statuto o modifiche concernenti gli amministratori ed i revisori dei conti.
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Gli enti sportivi dilettantistici, ricorrendone i presupposti, possono assumere anche la qualifica di enti del terzo settore, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, e di impresa sociale, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera u), del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112.
In tal caso, le norme D.lgs. n. 36/2021 trovano applicazione solo in quanto compatibili. Per le I.S. l’iscrizione nell’apposita sezione del Registro delle Imprese vale anche come iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore.
La doppia qualifica consente di usufruire delle seguenti agevolazioni:
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Sul piano fiscale, va subito evidenziato che le I.S. sono soggette all’Iva senza possibilità di usufruire di regime forfettario come quello previsto dalla l. 398/1991; ugualmente sono soggette all’IRAP e all’obbligo di fatturazione elettronica.
La normativa richiede, inoltre, specifici adempimenti che non sono richiesti qualora non assumano la qualifica di I.S.:
La scelta della doppia qualifica risulta sicuramente interessante per le SSD che promuovono attività ulteriori rispetto a quelle sportive e che possono rientrare tra quelle di interesse generale previste dal D.lgs. n. 112/2017 (ad esempio, attività educative, ricreative, culturali/artistiche ecc…). Di sicuro interesse nella valutazione della forma giuridica da assumere risulta anche la possibilità di coinvolgimento diretto con le Amministrazioni pubbliche, secondo quanto indicato nel codice del Terzo settore; va valutata comunque la convenienza tra il regime fiscale agevolato ai fini IRES e gli incentivi fiscali per gli investitori previsti dalla normativa di terzo settore in rapporto alle agevolazioni disciplinate dalla l. n. 398/1991.
Resta fermo il fatto che le I.S. non godono del regime forfettario IVA e delle semplificazioni contabili; anzi, al riguardo gli adempimenti richiesti in materia di contabilità e controlli sono notevolmente gravosi.
Ulteriore aspetto da sottolineare, infine è il dato per cui mentre nella previgente normativa sulle Imprese sociali (D.lgs. n. 155/2006) si stabiliva un divieto assoluto di distribuzione degli utili, nella riformata normativa si consente invece una sorta di “low profit” in quanto all’art. 3, comma 3, D.lgs. n. 112/2017 si consente alle I.S. - se costituita nelle forme di cui al libro V del codice civile - di destinare una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti:
Si va a creare dunque un piccolo settore di “scopo di lucro limitato” mai sperimentato nel nostro ordinamento, ma che viene mutuato da esperienza di legislazioni straniere, e probabilmente tale previsione viene posta come incentivo alla costituzione di enti in forma di Impresa sociale: basti anche riflettere sul fatto che la realtà delle I.S. non è riuscita ad affermarsi sotto la vigenza della precedente normativa del 2006.
Come evidenziato in precedenza, analoga previsione comunque si ritrova nel recente D.lgs. n. 36/2021, art. 8, comma 3 e si applica limitatamente agli enti dilettantistici costituiti nelle forme (societarie) di cui al Libro V, Titolo V del Codice civile.
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