E’ possibile affittare a terzi per brevi periodi l’appartamento se una clausola di natura contrattuale del regolamento si limita a vietare l'esercizio all'interno delle abitazioni dell'attività di "pensione" o l'uso delle stesse come "camere ammobiliate affittate a terzi"? Un caso affrontato dalla Corte di Appello di Milano introduce alcune riflessioni generali sui possibili divieti per attività di affittacamere, bed and breakfast ecc.
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Alcuni condomini affittavano il loro appartamento a terzi per brevissimi periodi.
Altri condomini si rivolgevano all'amministratore di condominio ritenendo che tale utilizzo fosse in aperto contrasto con le clausole del regolamento (approvato da tutti i condomini con 1000/1000 millesimi) che vietavano l'esercizio all'interno dell'appartamento dell'attività di "pensione" o l'uso dello stesso "a camere ammobiliate affittate a terzi".
In particolare gli altri condomini erano convinti che dette locazioni brevi arrecassero disturbo alla tranquillità degli abitanti del palazzo e fossero contrarie al decoro dell'edificio; in ogni caso lamentavano pure che tali locazioni, se pur di brevissima durata, non erano state previamente comunicate all'amministratore del condominio (come pure previsto dal regolamento).
Il Tribunale – a cui si rivolgeva il condominio – dava ragione ai “condomini-locatori”.
Il condominio si rivolgeva qindi alla Corte di Appello, ribadendo l’illiceità dell’utilizzo dell’appartamento per evidente violazione di diverse clausole del regolamento.
Gli appellati - locatori hanno chiesto la conferma della sentenza impugnata, affermando che comunque la locazione breve non costituiva violazione di alcuna norma regolamentare, non essendo assimilabile all'affitto di camere ammobiliate (trattandosi di affitto dell'intera unità immobiliare, per uso abitativo e senza servizi accessori di carattere alberghiero)
LA QUESTIONE
E’ possibile affittare a terzi per brevi periodi l’appartamento se una clausola di natura contrattuale del regolamento si limita a vietare l'esercizio all'interno delle abitazioni dell'attività di "pensione" o l'uso delle stesse "a camere ammobiliate affittate a terzi"?
LA SOLUZIONE
Si. La Corte d’Appello infatti ha dato ugualmente ragione ai locatori.
Come notano i giudici di secondo grado, le locazioni in questione (stipulate e pubblicizzate erroneamente via web come attività di bed and breakfast) riguardavano il semplice godimento dell'appartamento dietro corrispettivo, per periodi brevi o anche brevissimi. In particolare, secondo gli stessi giudici, dai contratti prodotti emergeva come i condomini si fossero sempre impegnati solo a consegnare l'alloggio per il periodo stabilito, arredato e corredato di biancheria, ma senza mettere a disposizione degli avventori dei cambi di bucato o pulizie intermedie.
Di conseguenza la Corte di Appello ha escluso che l'immobile fosse stato destinato ad uso alberghiero equiparabile ad un affitto di camere mobiliate, vietato dal regolamento.
Le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva, contenute nelle clausole di natura contrattuale del regolamento devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco in modo tale da non lasciare alcun margine d'incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni.
In altre parole non può essere consentita alcuna limitazione del diritto di proprietà dei singoli condomini se non in forza di espressa previsione ed analitica specificazione dei limiti che si intendono porre.
Tali limitazioni infatti possono comprimere le facoltà di sfruttamento delle proprietà esclusive normalmente consentite ai singoli condomini.
Sostanzialmente, quindi, sono vietate interpretazioni di carattere estensivo delle norme regolamentari in quanto solo le limitazioni espressamente previste possono ritenersi vigenti; al contrario il silenzio su determinate questioni implica, più che l'intenzione di porre dei limiti, la necessità di salvaguardare le facoltà connesse al diritto di proprietà.
Così, ad esempio, la presenza di una clausola del regolamento che espressamente vieta l’esercizio dell’attività di affittacamere nei locali cantinati e al piano terreno, non può valere implicitamente anche per gli appartamenti sovrastanti non chiaramente regolamentati.
Allo stesso modo la clausola di natura contrattuale del regolamento che vieta di destinare qualsiasi unità immobiliare ad uso di locanda o pensione o di esercitare attività imprenditoriali (officine, depositi), non impedisce al condomino o suo inquilino di concedere in locazione una stanza ammobiliata del suo appartamento senza la prestazione di servizi personali (riassetto della stanza e fornitura dei ricambi), trattandosi di attività diversa da quelle espressamente vietate dal regolamento (Trib. Milano 22 febbraio 2018).
Del resto, anche l'attività di affittacamere o bed and breakfast è pienamente ammissibile se il divieto regolamentare riguarda l’apertura di pensioni o locande, cioè attività che accanto alla messa a disposizione di una camera per l’alloggio, presuppongono la prestazione di un servizio di ristorazione ben più ampio, esteso al pranzo o alla cena o ad entrambi, richiedendo non solo una dimensione organizzativa ed anche di personale più ampia, ma anche una maggiore frequentazione dei locali da parte degli ospiti (Trib. Milano 8 novembre 2018 n. 1275; Trib. Roma 10 gennaio 2018, n. 510).