Con la pubblicazione in gazzetta Ufficiale del 12 marzo 2021 della conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 14 gennaio 2021, recante «Ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 (…)» si stabilisce che gli enti di Terzo settore (ETS) potranno continuare a garantire il servizio di somministrazione di cibo e bevande.
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Nello specifico, l’art. 2bis della citata legge chiarisce che «Fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, la sospensione delle attività dei circoli ricreativi, culturali e sociali, adottata nell’ambito delle misure di contrasto e contenimento alla diffusione del COVID-19 sull’intero territorio nazionale, non determina la sospensione delle attività di somministrazione di alimenti e bevande delle associazioni ricomprese tra gli enti del Terzo settore disciplinati dal codice di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117». Tali attività devono ovviamente «proseguire nel rispetto delle condizioni e dei protocolli di sicurezza stabiliti dalla normativa vigente per le attività economiche aventi il medesimo o analogo oggetto e secondo modalità tali da evitare qualsiasi forma di assembramento, anche occasionale, o qualsiasi forma di aggregazione per le finalità proprie dei predetti enti».
Sul piano sistematico, focalizzando l’attenzione sulle APS (Associazioni di Promozione Sociale) e sulla facoltà alle stesse riconosciuta per legge, di poter effettuare la somministrazione di cibi e bevande, l’articolo 86 del Codice del Terzo settore chiarisce che: «Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, iscritte nell’apposito registro, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, non si considera in ogni caso commerciale, anche se effettuata a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale da bar e esercizi similari».
L’agevolazione (ai fini IRES) si applica quindi alle sole Associazioni di Promozione Sociale iscritte nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno.
Nello specifico, possono usufruire del servizio esclusivamente i soci dell’associazione di promozione medesima o di altra affiliata, a differenza di quanto previsto dall’art. 148, comma 3 TUIR che estende la facoltà ad ogni tesserato dell’ente nazionale.
L’attività di somministrazione deve essere inoltre secondaria e strumentale rispetto a quella di interesse generale, in linea con quanto stabilito dal Codice di Terzo settore agli artt. 5 e 6 e deve essere necessariamente svolta nella sede istituzionale dell’APS, dove la stessa esercita le attività sociali.
Inoltre, per lo svolgimento di tale servizio l’ente non si deve avvalere di alcuno strumento pubblicitario o comunque di diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi dagli associati. Di conseguenza il Codice - art. 85, comma 4, lett. b) - esclude qualsiasi forma di divulgazione di informazioni al riguardo, come ad esempio la pubblicità nel sito internet dell’associazione, nelle pagine social dal questa gestite o mediante targhe / insegne che indichino lo svolgimento della somministrazione medesima.
Qualora siano dunque rispettati tali requisiti, l’attività viene considerata non commerciale; in caso contrario rientrerà tra le attività commerciali con conseguente tassazione dei ricavi.
Di contro si definisce sempre come commerciale l’attività di somministrazioni di pasti, tranne il caso in cui sia organizzata in concomitanza di una raccolta fondi avente carattere occasionale.
Per completezza espositiva, si sottolinea come la somministrazione di alimenti e bevande risulti definita dalla Legge 25 agosto 1991 n. 287, art. 1 come: “vendita per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati”.
La somministrazione pasti, invece, ricomprende l’attività di manipolazione del cibo, con cui si modificano le caratteristiche organolettiche mediante la cottura (ristorazione).
Ai fini IVA, le disposizioni sopra richiamate, che prevedono l’esenzione dalla tassazione, sono integralmente riprodotte nel Dpr 633/72, art. 4, comma 4.
La Cassazione al riguardo ha confermato l’esenzione ai fini IVA in riferimento all’attività di somministrazione di cibi e bevande a favore degli enti no profit in quanto: «la gestione del bar all’interno dei locali del circolo è accessoria a quella istituzionale, rappresentando un mezzo per consentire la migliore permanenza dei soci (...) per quanto riguarda i prezzi praticati, uguali a quelli di mercato (...) il surplus accertato rappresenta solo un contributo aggiuntivo alla quota, deliberato dall’associazione al fine di consentire il mantenimento ed il potenziamento delle strutture» (sent. n. 280 del 16/01/2004; conforme, sent. n.18560 del 20/09/2005). Si ribadisce dunque che l’attività di bar svolta all’interno di circoli e in favore di associati, sia da qualificare fuori dal campo di applicazione dell’IVA, anche se effettuata a prezzi di mercato.