Articolo a cura dell'Avv. tributarista Maurizio Villani, membro del Comitato Scientifico dell'IGS
Il nuovo governo del Prof. Draghi ha giustamente inserito tra i punti qualificanti del programma la riforma fiscale che per non essere un minestrone riscaldato deve avere l’ambizione di ridisegnare tutto il sistema impositivo, tra cui la necessaria ed urgente riforma strutturale della giustizia tributaria.
La giustizia tributaria, infatti, deve assolvere, in questo contesto, alla sua funzione di effettiva ed apparente terzietà nella verifica della legittimità degli atti tributari e di tutela dei contribuenti per cui i giudici tributari devono essere dotati di elevata qualificazione e professionalità.
La giurisdizione tributaria è un tema cruciale per il nostro Paese perché permette di assicurare il corretto rapporto del flusso del denaro pubblico, così essenziale per la vita di tutto lo Stato.
Infatti, nell’indagine conoscitiva della generale riforma fiscale, il lavoro congiunto delle Commissioni Finanze di Camera e Senato, nel programma in 13 punti, ha giustamente sentito l’esigenza di ricodificare il marasma normativo e di rimettere mano ad accertamento e contenzioso tributario.
Incongruenze di una giurisdizione tributaria che da una parte gestisce liti da 40 miliardi di euro (dato 2019) e dall’altra è affidata a giudici sostanzialmente part-time, le cui sentenze di appello nel 45% dei casi sono annullate nel giudizio di legittimità.
Ecco perché, giustamente, anche la riforma strutturale della giustizia tributaria rientra tra le riforme del Recovery Plan.
Per deliberare e decidere, però, è necessario conoscere concretamente l’attuale situazione giuridica delle Commissioni tributarie, come cercherò di sintetizzare nel presente articolo.
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Attualmente, le Commissioni tributarie si trovano nella seguente situazione di diritto e di fatto.
1. Le Commissioni tributarie dipendono dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) che, peraltro, collabora con le Agenzie delle Entrate che notificano accertamenti fiscali e cartelle esattoriali.
Le Agenzie fiscali (Agenzia delle Entrate, Agenzia del Demanio, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, l’Agenzia delle entrate-Riscossione) svolgono funzioni tecnico-operative al servizio del Ministero per fornire informazioni e assistenza ai contribuenti. Godono di piena autonomia sia in materia di bilancio che in materia di organizzazione della propria struttura. Il loro rapporto con il MEF è stabilito in apposite convenzioni che ne regolano le modalità d’intervento (servizi, obiettivi e risorse).
2. I giudici tributari non devono superare un concorso pubblico ma sono nominati per la prima volta con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, previa deliberazione del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, secondo l’ordine di particolari elenchi.
In ogni altro caso, alla nomina dei componenti di Commissione tributaria si provvede soltanto con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze (art. 9, primo comma, D.Lgs. n. 545/1992).
3. I giudici tributari oggi sono n. 2943. Di questi, 1547 sono giudici ordinari togati e 1.396 sono laici (giudici onorari).
I giudici ordinari togati (1.547,pari al 52,6%) sono composti da:
Invece, i giudici onorari (non togati) (1.396, pari al 47,40%) sono composti da:
Ora, senza voler essere polemico od offensivo, mi chiedo come, in una materia difficile, complessa e caotica come quella tributaria, possa decidere con competenza e professionalità, per esempio, un giudice militare o un pensionato o un impiegato pubblico!!
Oltretutto, oggi nelle Commissioni tributarie giudicano soltanto 138 Commercialisti (pari al 9,9% dei giudici onorari e pari al 4,70% di tutti i giudici tributari), pur essendo professionisti specializzati nel settore tributario.
In sostanza, i giudici tributari svolgono la loro funzione giudiziaria part-time, potendo svolgere contemporaneamente altre attività lavorative e professionali. Il ruolo del giudice tributario a tempo perso (tempo libero) o a tempo parziale (secondo o terzo lavoro) si traduce in peso insostenibile per il sistema giudiziario o ingovernabile variante indipendente per il sistema economico.
4. I giudici tributari percepiscono i seguenti compensi:
L’entità dei compensi è stabilita periodicamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con proprio decreto (art. 13 D.Lgs. n. 545/1992). Le modalità di computo ed erogazione, in attuazione del primo decreto interministeriale del 19/12/1997, sono contenute nella circolare del MEF n. 80/E dell’11/03/1998, secondo la quale la liquidazione dei compensi deve avvenire di regola mensilmente.
Di solito i compensi sono pagati con ritardo e, per la tassazione ordinaria e non separata, ultimamente la Corte di Cassazione, in assenza di una precisa indicazione normativa, ha stabilito che “il ritardo fisiologico” va individuato attraverso l’intervento surrogatorio che trova legittimazione nell’art. 1183 c.c. e 97 della Costituzione, cioè 120 giorni (Cassazione, Sesta Sezione Civile T, ordinanza n. 28116, depositata il 10/12/2020).
In sostanza, i giudici tributari sono pagati a cottimo; più sentenze depositano più guadagnano i miseri compensi, indipendentemente dall’impegno e dal valore delle cause (e giustamente i giudici tributari si lamentano e protestano!).
5. Nel processo tributario, salvo rare eccezioni, non c’è una vera e propria fase istruttoria.
Questa mancanza si avverte soprattutto in relazione alle presunzioni (sia semplici che legali) e ad alcuni fenomeni che non hanno in natura dei confini ben precisi (come, per esempio, l’antieconomicità, i fatti privi di sostanza economica, per l’abuso di diritto, e la categoria del valore normale).
Infatti, difficilmente nel processo tributario viene nominato il consulente tecnico d’ufficio (CTU) e quasi mai i giudici tributari, ai fini istruttori e nei limi dei fatti dedotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta dati, di informazioni e chiarimenti conferiti agli uffici tributari ed all’ente locale da ciascuna legge d’imposta (artt. 7, primo comma, D.Lgs. n. 546/1992 e 32 D.P.R. n. 600/1973).
Così, per esempio, i giudici tributari, in ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti, quasi mai invitano “ogni altro soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, atti o documenti fiscalmente rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire i chiarimenti relativi” (art. 32, primo comma, lettera 8-bis, citato).
In definitiva, l’istruzione c.d. primaria avviene normalmente nell’ambito del procedimento amministrativo, senza la possibilità di ricorrere subito al giudice tributario, con grave lesione del diritto di difesa del contribuente.
6. Nell’attuale processo tributario, il giudice monocratico è previsto soltanto nel giudizio di ottemperanza per il pagamento di somme dell’importo fino ad euro 20.000 e, comunque, per il pagamento delle spese di giudizio (art. 70, comma 10-bis, D.Lgs. n. 546/92).
7. Molti giudici togati presenti nelle Commissioni Tributarie di merito (anche come Presidenti) fanno parte anche della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.
Inoltre, come precisato dal Primo Presidente della Corte di Cassazione, Pietro Curzio, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021, la giustizia tributaria oggi intasa la Corte di Cassazione perché:
8. Durante il periodo pandemico, la giustizia tributaria è entrata in tilt perché:
9. Oggi, la mediazione tributaria per decongestionare il contenzioso tributario si fa presso l’Agenzia delle entrate, che ha notificato l’accertamento, mentre il giudice tributario rimane estraneo (art. 17-bis D.Lgs. n. 546/92).
10. Oggi, con il processo tributario telematico (PTT), poiché la piattaforma digitale è gestita da SOGEI (società totalmente partecipata dal MEF), mentre l’Agenzia delle entrate, partecipando a tutti i giudizi tributari, ha accesso a livello nazionale a tutti i fascicoli di causa, potendo utilizzare le sentenze favorevoli, il contribuente, invece, ha accesso soltanto al suo fascicolo.
E’ evidente il vantaggio competitivo dell’Agenzia delle entrate, a livello processuale, nell’accesso alle informazioni a livello nazionale e non soltanto locale.
11. Infine, nell’attuale processo tributario, il contribuente ed il suo difensore non possono citare testimoni né deferire giuramento, decisorio o suppletorio (art. 7, quarto comma, D.Lgs. n. 546/96), con grave limitazione del diritto di difesa (art. 24 della Costituzione).
Ormai, la necessaria ed urgente riforma della giustizia tributaria è un’esigenza sentita da tutti i contribuenti ed operatori, pubblici e privati, nonché dagli stessi giudici tributari.
Infatti:
Attualmente, in Parlamento sono in discussione i seguenti progetti di legge (n. 11) di quasi tutti gli schieramenti politici.
SENATO DELLA REPUBBLICA
Disegni di Legge
(assegnati alle Commissioni Seconda e Sesta)
N. 243 VITALI ED ALTRI;
N. 714 CALIENDO ED ALTRI;
N. 759 NANNICINI ED ALTRI;
N. 1243 ROMEO ED ALTRI;
N. 1661 FENU ED ALTRI;
N. 1687 MARINO.
CAMERA DEI DEPUTATI
Proposte di Legge
(assegnate alla Commissione Seconda - Giustizia)
N. 1521 MARTINCIGLIO;
N. 1526 CENTEMERO ED ALTRI;
N. 840 SAVINO;
N. 2283 COLLETTI – VISCOMI;
N. 2526 DEL BASSO – DE CARO.
In sintesi, gli undici progetti di legge sopra citati si possono distinguere in progetti che prevedono:
Lo stesso Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, nella seduta del 22 ottobre 2019, ha sollecitato la riforma della giustizia tributaria in base ai seguenti principi:
Secondo me, le principali direttrici di fondo da seguire per la riforma della giustizia tributaria sono le seguenti, tenendo conto che la giustizia tributaria deve essere prevista anche in Costituzione.
L’organizzazione e la gestione dei giudici tributari deve essere affidata esclusivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per assicurare, anche all’apparenza, la terzietà e l’imparzialità dell’organo giudicante, ai sensi dell’art. 111, secondo comma, della Costituzione.
La giustizia tributaria non può più dipendere dal MEF, che è una delle parti in causa.
Inoltre, non è opportuno che sia inserita nella magistratura ordinaria, per non creare ulteriori problemi organizzativi e gestionali, né che sia gestita dalla Corte dei Conti, che determinerebbe l’impossibilità di ricorrere per Cassazione, salvo problemi di giurisdizione, nonché la drastica riduzione dei difensori (che, invece, devono rimanere come oggi).
In definitiva, la riforma “autonomista” persegue, giustamente, la realizzazione di una “Quinta Magistratura”, da affiancare alle altre quattro già operanti ed espressamente considerate dal sistema costituzionale: Ordinaria, Amministrativa, Contabile e Militare (come, per esempio, in Germania).
La giurisdizione tributaria deve essere esercitata, in forma autonoma ed indipendente sull’intero territorio nazionale, dai seguenti organi:
I Tribunali tributari hanno la competenza territoriale delle circoscrizioni dei Tribunali ordinari e possono essere articolati in Sezioni.
Le Corti di appello tributarie hanno la competenza territoriale dei distretti delle attuali Corti di appello ordinarie e possono essere articolate in Sezioni distaccate in base a specifiche esigenze territoriali.
Tutti gli attuali difensori continueranno a difendere, senza alcuna esclusione.
Deve essere istituito il ruolo autonomo della magistratura tributaria, distinto da quello delle magistrature ordinaria, amministrativa, contabile e militare, sia per quanto riguarda il trattamento economico, che deve essere congruo e dignitoso, sia per quanto riguarda lo sviluppo di carriera.
L’organico nazionale dei giudici tributari deve essere di 800/1.000 unità (rispetto ai 2.943 giudici tributari di oggi).
I giudici tributari togati devono essere selezionati mediante concorso pubblico, ai sensi dell’art. 106, primo comma, della Costituzione (salvo i giudici onorari).
I giudici tributari devono:
I giudici tributari, sempre a tempo pieno, devono frequentare corsi di formazione ed aggiornamento.
Inoltre, deve essere specificamente regolamentato il procedimento disciplinare e devono essere tassativamente previste le sanzioni disciplinari.
Infine, ai giudici tributari si applicano le disposizioni concernenti il risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali.
In definitiva, la figura del nuovo giudice tributario deve integrare quel modello di giudice indipendente, terzo ed imparziale, a tempo pieno, previsto dagli artt. 106, 108 e 111 della Costituzione.
I giudici onorari tributari non devono fare un concorso pubblico e sono nominati soltanto con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in conformità alle deliberazioni del Consiglio della Giustizia Tributaria (organo di autogoverno).
Ai giudici onorari tributari è corrisposta l’indennità di cui all’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 116 del 13 luglio 2017 e si devono cancellare dagli Albi professionali.
I giudici onorari tributari sono competenti soltanto presso i Tribunali Tributari per le sole controversie il cui valore, determinato ai sensi dell’art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992, non superi 3.000 euro e decidono sempre in composizione monocratica.
L’appello avverso le sentenze del giudice onorario tributario si propone alla Corte di Appello Tributaria in composizione monocratica, con giudice togato.
Il Tribunale tributario e la Corte di appello tributaria, con giudici vincitori di concorso pubblico, giudicano in composizione monocratica nelle seguenti tassative controversie:
Inoltre, la procedura di reclamo e mediazione di cui all’art. 17-bis, D.Lgs. n. 546/92 si deve svolgere presso il competente giudice tributario monocratico o collegiale e non più presso le Agenzie delle entrate, per cui devono essere modificati i commi 4 e 5 dell’art. 17-bis citato.
Al di fuori dei casi di cui al punto 5, i Tribunali tributari e le Corti di appello tributarie decideranno sempre in composizione collegiale, con tre giudici vincitori di concorso pubblico.
Salva la competenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione alle sole questioni di giurisdizione, la Sezione tributaria della Corte di Cassazione giudica le impugnazioni delle sentenze delle Corti di Appello Tributarie.
La suddetta Sezione è composta da trentacinque giudici, non facenti parte dei Tribunali tributari e delle Corti di appello tributarie, ripartiti in cinque sottosezioni, in ragione delle seguenti materie:
I Collegi sono composti dal numero fisso di tre membri.
I giudizi si svolgono esclusivamente con rito camerale.
È istituito a Roma l’organo di autogoverno denominato “Consiglio della Giustizia Tributaria”, con propria autonomia contabile ed amministrativa.
Il legislatore, con proprie scelte politiche, dovrà emanare le specifiche disposizioni finali e transitorie, con eventuali riassorbimenti, tenendo conto dell’anzianità di servizio e senza alcuna forma di ghettizzazione.
In conclusione, sono convinto che le direttrici di fondo, genericamente sopra esposte, di totale sostituzione degli attuali giudici tributari con i giudici professionali, consentono di raggiungere gli obiettivi di autonomia, indipendenza e professionalità previsti dagli artt. 106, 108 e 111 della Costituzione.
I tempi sono maturi per la radicale ed urgente riforma strutturale della giustizia tributaria, proprio in vista del Recovery Plan.
Un passaggio necessario a vantaggio dei diritti dei contribuenti.