Il tribunale di Rovigo ha affrontato recentemente il caso di una richiesta di rimborso delle spese bancarie per apertura di credito sul conto condominiale, anticipate dall'amministratore. La sentenza ha affermato che l'apertura di credito bancario da parte dell’amministratore non è valida per il condominio è una operazione di amminsitrazione straordinaria che va autorizzata dall’assemblea con apposita delibera.
Vediamo di seguito i dettagli della vicenda e la soluzione della questione secondo il Tribunale.
LA VICENDA
Un amministratore di condominio, sulla base di una decisione dell’assemblea, apriva un conto corrente nell’interesse dei condomini.
Nel verbale assembleare nessuna menzione veniva fatta circa ulteriori operazioni di finanziamento da compiere in nome e per conto del condominio. L’amministratore, però, procedeva anche all’apertura di una linea di credito.
Successivamente l’amministratore, senza comunicare nulla ai condomini, pagava, in qualità di garante, il debito del condominio derivante dal contratto di apertura di credito alla banca. I condomini contestavano l’esistenza e l’efficacia nei loro confronti dell’asserito contratto di apertura di credito in conto corrente e sostituivano l’amministratore.
Quest’ultimo chiedeva il rimborso di quanto versato e proponeva ricorso per decreto ingiuntivo, deducendo di aver provveduto a pagare, ai sensi dell'articolo 1949 c.c., in qualità di garante, le somme richieste dalla banca creditrice. Il condominio, opponendosi, eccepiva, ai sensi dell'articolo 1952 c.c., comma 2, l'inesistenza del debito principale per carenza di autorizzazione assembleare all'apertura del credito.
Nell’istruttoria, svolta in sede giudiziale, non risultava che all’epoca dell’apertura di credito fossero state assunte dall’assemblea del condominio delibere autorizzative dell’operazione di finanziamento
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Sentenza Trib. Rovigo - sentenza del 21- 01- 2021, n. 44;
precedenti giurisprudenziali: Corte di Appello Milano sentenza n. 3528 del 21/08/2019; Cass. civ., sez. un., 03/06/2015, n. 11377.; Cass. civ., sez. I, 10/05/2012, n. 7162
Riferimenti normativi: art. 1129 c.c.; lrt. 1388 c.c ; art. 1949 c.c.
Il Tribunale ha dato ragione ai condomini.
Secondo il Tribunale, infatti, l’ex amministratore non ha fornito la prova del fatto che il condominio lo aveva autorizzato, oltre all’apertura di un conto corrente per il condominio, anche alla stipula di un contratto di apertura di credito; del resto, ad avviso dello stesso giudice, è irrilevante la condotta passiva tenuta dal condominio in epoca successiva all’asserita stipula del contratto, trattandosi di circostanze che non rilevano sul piano dell’origine del contratto e della sua effettiva conclusione.
Per il Tribunale, quindi, in mancanza di una delibera ad hoc, il contratto di apertura di credito stipulato dall’amministratore era inefficace nei confronti dei condomini, in ragione del fatto che l'amministratore non era legittimato alla detta operazione.
Ne consegue che la domanda di restituzione della somma versata alla banca nei confronti del condominio risulta infondata; il Tribunale ha rinfatti evocato il decreto ingiuntivo ottenuto, condannando l’ex amministratore anche al pagamento delle spese legali
RIFLESSIONI CONCLUSIVE
L’apertura di credito costituisce un atto di straordinaria amministrazione per il quale è necessaria la specifica autorizzazione dell’assemblea dei condomini (Cass. civ., sez. I, 10/05/2012, n. 7162).
Se tale operazione bancaria viene effettuata da un soggetto che ha agito in nome e per conto del condominio – pur non essendo munito dei relativi poteri autorizzativi – il contratto di apertura di credito va ritenuto privo di effetti nei confronti del falso rappresentato; quindi la banca, che ha colpevolmente contratto col falsus procurator, nulla può pretendere nei confronti del condominio (App. Milano 21 agosto 2019 n. 3528).
Del resto, l'amministratore condominiale ha il potere di agire solo per l'esecuzione delle delibere condominiali; in ogni caso non si può parlare di “colpa” dei condomini atteso che, in assenza di sospetti nei confronti dell'operato del mandatario nominato, il condominio ragionevolmente non può che confidare sulla correttezza degli atti del proprio amministratore, omettendo di verificare periodicamente gli estratti conto inviati dalla banca.
Secondo la Suprema Corte, il contratto concluso dal falsus procurator non sarebbe temporaneamente vincolante anche per gli pseudo-rappresentati (i condomini), fino all’esercizio di un diritto potestativo, da parte di questi, di sciogliersi dall’efficacia; piuttosto il contratto sarebbe di per sé inefficace, salvo l’esercizio, da parte della collettività condominiale, del “diritto potestativo” di “imputarsi il contratto”, realizzando, attraverso la ratifica, la condizione esterna di efficacia dello stesso, non quello di sciogliersi dal vincolo (Cass. civ., sez. un., 03/06/2015, n. 11377).
In altre parole la legge pare condizionare proprio l’operatività del contratto (la sua efficacia nei confronti del rappresentato) alla sussistenza della legittimazione rappresentativa in capo al rappresentante (e non, viceversa, considerare tale effetto prodotto ope legis, salvo il potere del falsamente rappresentato di opporsi all’operatività del contratto). Ciò si dedurrebbe, tra l’altro, dalla stessa lettera dell’art. 1388 c.c., a norma della quale il contratto concluso dal rappresentante in nome del rappresentato “produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato solo se concluso nei limiti delle facoltà conferite al rappresentante”.