La Corte di Cassazione ha precisato che il soggetto obbligato alla presentazione della dichiarazione fiscale non può ritenersi esonerato dalla possibile responsabilità penale per l’ipotesi di delitto di omessa dichiarazione se ha affidato ad un professionista l’incarico di predisporre e di presentare tale dichiarazione.
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Il D.Lgs. n. 74 del 10 marzo del 2000, denominato “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”, rappresenta l’ossatura del sistema penale tributario italiano e tra le varie ipotesi di reati tributari contiene all’art. 5 la fattispecie di reato dichiarativo denominato “omessa dichiarazione”.
La presentazione della dichiarazione fiscale, con cui il contribuente determina la propria imposta dovuta e provvede poi a versarla, è da considerare un vero e proprio obbligo giuridico e la mancata presentazione di questo documento può determinare la condotta penalmente rilevante, in capo al contribuente, prevista e punita dal citato articolo 5 del D.Lgs. n. 74/2000.
Ciò in ragione del fatto che la dichiarazione tributaria, come evidenziato dalla Corte di Cassazione nella sentenza in rassegna, rappresenta un momento essenziale del procedimento di accertamento del tributo e l'obbligo di presentazione della dichiarazione rappresenta il momento di partecipazione del contribuente alla fase di accertamento. Si tratta di quello che la dottrina definisce l'auto-accertamento della base imponibile.
Nel caso oggetto di esame della Sezione III Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 16469 del 29 maggio 2020, i giudici di Piazza Cavour hanno affrontato il ricorso presentato dal rappresentante legale di una società a cui era stato contestato il reato di “omessa dichiarazione”, di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000. In particolare gli veniva contestato di aver omesso di presentare, al fine di evadere le imposte sui redditi e sull’IVA, le dichiarazioni dei redditi e IVA per l’anno 2011 per un importo di € 152.918 riferiti all’IVA e € 121.880 riferiti all’IRES.
La difesa del ricorrente aveva puntato l’attenzione sull’affidamento ad uno studio professionale, da parte del rappresentante legale della società, della preparazione e presentazione delle dichiarazioni fiscali, affidamento testimoniato anche da una segretaria della società. Il ricorrente, però, non era stato in grado di provare l’esclusiva responsabilità del commercialista per la mancata trasmissione delle dichiarazioni e per i giudici di appello, pur riconoscendo la negligenza del professionista in tali mancanze, ciò non neutralizzava la responsabilità dell’imputato.
In sostanza per la difesa del contribuente, l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali ad opera di un professionista terzo a cui era stata affidata questa importante operazione tributaria non consentiva di ritenere effettivamente manifestato il dolo specifico di evasione, determinando l’assenza dell’elemento soggettivo del reato, per la configurazione del delitto di “omessa presentazione” previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000.
Gli ermellini, esaminando il tema in sentenza in maniera approfondita, hanno stabilito che il contribuente non assolve agli obblighi tributari con il mero affidamento ad un commercialista a cui dà mandato a trasmettere in via telematica le dichiarazioni medesime alla competente Agenzia delle Entrate, essendo tenuto anche e soprattutto vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto. Ne consegue che la sua responsabilità può ritenersi esclusa solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento.
I giudici hanno inoltre aggiunto che il proposito dell'agente di non adempiere l'obbligo di presentazione della dichiarazione deve certamente sussistere nel momento in cui questo prende giuridica consistenza, perché, se sopravvenisse, non avrebbe alcuna rilevanza, nonostante la condizione obiettiva della mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali.
Ciononostante, la prova dell'esistenza della volontà di non presentare la dichiarazione al fine di evadere le imposte può essere desunta anche dal comportamento successivo del contribuente-imputato e, dunque, desumibile dal mancato pagamento delle imposte dovute e non dichiarate, essendo tale condotta successiva dimostrativa della volontà del ricorrente di non presentare la dichiarazione, in quanto preordinata al mancato versamento successivo delle imposte.
In conclusione il mancato assolvimento dell'obbligo dichiarativo, consumandosi con il non manifestare al Fisco la propria capacità contributiva e non indicando l'ammontare delle imposte dovute in relazione all'anno di imposta, integra, secondo i giudici di Cassazione “quell'offesa al bene giuridico oggetto di tutela penale, che rende punibile il comportamento omissivo del contribuente-imputato a prescindere ed indipendentemente dalla condotta - successiva - del medesimo, consistente nel mancato pagamento delle imposte dovute ma non dichiarate, il quale può rivestire valenza penale ad altri fini, ma non priva certo di rilevanza penale il mancato assolvimento dell'obbligo dichiarativo. In definitiva, dunque, a fronte del mancato assolvimento dell'obbligo dichiarativo, la condotta successiva (dalla mancata presentazione di una dichiarazione tardiva sino al mancato pagamento delle imposte dovute) è comportamento che ben può essere valorizzato in chiave soggettiva, ricavando dal medesimo la prova del dolo originario di evasione connesso alla mancata presentazione della dichiarazione fiscale, quale condicio sine qua non del mancato adempimento del successivo obbligo di versamento”.