Con la Risposta all’interpello n.267 del 21 agosto 2020, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, al contribuente che abbia ricevuto una nota di variazione in aumento ex articolo 26, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 per correggere errori nella qualificazione della operazione originaria, oltre il termine di presentazione della relativa dichiarazione, non possa essere precluso il diritto alla detrazione della maggiore IVA addebitatagli.
Il dies a quo per l’esercizio del predetto diritto deve individuarsi nel momento di emissione della nota di variazione da parte del cedente, e può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto.
In assenza di elementi di frode, pertanto, il cessionario potrà esercitare il diritto alla detrazione della maggiore IVA addebitata dal cedente mediante la nota di variazione in aumento.
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L’istanza di interpello è stata presentata in merito ad una fattispecie di regolarizzazione di cessioni rilevanti ai fini Iva in Italia effettuate nei confronti di una società non residente, senza stabile organizzazione e senza una posizione Iva in Italia.
L’istante si è avvalso del ravvedimento operoso per versare l’Iva a suo tempo non addebitata sulle cessioni in oggetto ed ha chiesto se possa essere addebitata l’Iva versata a seguito della regolarizzazione, in via di rivalsa nei confronti del cessionario ai sensi dell’articolo 60, ultimo comma, D.P.R. n. 633/72.
Entrando nel dettaglio dell’istanza, il cedente ha chiesto se:
La risposta all’istanza di interpello ha chiarito che l’art.60, ultimo comma, del D.P.R. n.633/72 è applicabile nelle sole ipotesi in cui la maggiore Iva sia determinata da avvisi di accertamento o di rettifica, pertanto nel caso in esame, in cui non vi è un atto di accertamento divenuto definitivo ma soltanto un ravvedimento operoso, la norma non risulta applicabile.
L’Agenzia, respingendo la soluzione proposta dall’istante, aggiunge però che il diritto alla rivalsa della maggiore imposta corrisposta all’erario viene legittimato dall’art.26, comma 1, del D.P.R. n.633/72, il quale richiama gli artt.21 e seguenti, applicabile in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione o registrazione.
Per regolarizzare la sua posizione ai fini Iva attraverso il ravvedimento operoso ex art.13 del D.Lgs.n.472/97, l’istante deve emettere le note di variazioni in aumento di sola Iva ex art.26, comma 1, D.P.R. n.633/72 esercitando la rivalsa nei confronti del cessionario ove possibile, integrando la dichiarazione annuale Iva se già presentata, e versando la maggiore imposta con interessi e sanzioni.
Per quanto riguarda il diritto alla detrazione del cessionario, esso non può recuperare l’Iva addebitatagli dal cedente mediante la nota di variazione in aumento applicando l’art.60, ultimo comma del D.P.R.n.633/72.
Per esercitare il diritto alla detrazione di cui all’art.19, comma 1, del D.P.R.n.633/72, l’Agenzia nella sua risposta richiama l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia UE in più occasioni relativamente al principio di neutralità dell’Iva (cfr. Sentenze 23 aprile 2015, GST, C111/14; 13 marzo 2014, Malburg, C204/13; 21 marzo 2018, Volkswagen, C-533/16). Secondo la Corte esso trova riscontro nel regime delle detrazioni ed il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’Iva di cui sono debitori, l’Iva dovuta o versata a monte costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’Iva istituito dalla normativa dell’Unione.
La Corte ha sottolineato inoltre che il diritto alla detrazione costituisce parte integrante del meccanismo dell’Iva come previsto dagli artt. 167 e seguenti della Direttiva 2006/112 e non può pertanto essere soggetto a limitazioni. Nonostante il diritto alla detrazione sorga nel momento in cui l’imposta diviene esigibile, tale diritto è esercitabile solo nel momento in cui il soggetto passivo è in possesso della fattura. Pertanto solo a seguito della regolarizzazione, con l’addebito in fattura, sono soddisfatte le condizioni sostanziali e formali che danno diritto alla detrazione dell’Iva, ed il termine di decadenza per l’esercizio di tale diritto decorre dalla ricezione della fattura.
La giurisprudenza nazionale ha recepito l’orientamento della Corte di Giustizia (cfr. Cassazione Civ. Sez. V, 28/05/2020 n.10103), richiamando il principio che laddove il cedente provveda alla regolarizzazione dell’Iva in un secondo momento, emettendo fatture con Iva, integrando la dichiarazione Iva, e versando l’Iva dovuta, non si può negare al cessionario il diritto di rivalsa dell’Iva assolta a seguito della ricezione delle fatture, essendo stato impossibile in precedenza assolvere tale diritto, mancando il possesso delle fatture.
Occorre l’interpretazione dell’art.19, comma 1, del D.P.R. n.633/72 in combinato con l’art.26, comma 1, del medesimo decreto, per salvaguardare la neutralità dell’Iva ed il diritto di detrazione del cessionario della maggiore Iva addebitata dal cedente mediante la nota di variazione in aumento.
Il dies a quo di tale diritto è il momento di emissione della nota di variazione da parte del cedente e può essere esercitato con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto. Nel caso specifico, la società non identificata ai fini Iva in Italia, dovrà nominare un rappresentante fiscale ai sensi art.17, comma 3, D.P.R. n.633/72. Il soggetto non residente potrà nominare il rappresentante fiscale anche successivamente al ravvedimento operoso del cedente, purché non avesse già l’obbligo di identificarsi.