I siti web, in base alle loro peculiari caratteristiche di funzionamento, possono essere classificati in “siti internet vetrina” e in “siti internet commerciali”, con un diversificato trattamento contabile e fiscale. Con siti internet vetrina intendiamo quei software per il web che presentano l’azienda agli utenti e pubblicizzano i prodotti o i servizi di questa. Con siti internet commerciali intendiamo quei software per il web attraverso i quali gli utenti possono espletare l’intero processo di acquisto di un prodotto o di un servizio.
Il quadro generale
La realizzazione, la manutenzione e la gestione dei siti internet aziendali possono rappresentare per le imprese, oggi, dei costi a volte anche notevoli, a seconda del settore di attività.
Nonostante la larghissima diffusione di questo strumento, è necessario precisare come la normativa italiana non presenti delle norme specifiche e neanche è possibile rintracciare dei chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate; motivo per cui, per il corretto trattamento contabile di un sito web, la cui valutazione è demandata agli amministratori che redigono il bilancio, sarà oggi necessario partire da una analisi delle caratteristiche intrinseche di questo, delle finalità che persegue, e da lì effettuare una classificazione civilistica per natura. Il trattamento fiscale corretto sarà una conseguenza della classificazione per natura precedentemente effettuata.
Il punto di partenza è l’articolo 2575 comma 1 del Codice civile che tratta delle “opere dell’ingegno di carattere creativo”: un sito internet, così come un software, è indubbio che possa essere annoverato tra queste opere, essendo una creazione intellettuale del suo autore.
Di conseguenza, in base al Principio contabile OIC 24, tutte le creazioni intellettuali che possono essere oggetto di rapporti giuridici devono essere considerati beni immateriali in senso stretto, in quanto rappresentativi di valori economici privi di materialità ma che rappresentano fattori di produzione per le imprese.
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Per poter trattare correttamente, contabilmente e fiscalmente, il sito internet acquisito da una azienda a titolo oneroso sarà necessario analizzare le funzionalità e le finalità di questo: ciò permetterà un corretto inquadramento per natura.
Fondamentalmente i siti web possono essere distinti in due grandi categorie.
La prima categoria è quella dei cosiddetti siti internet vetrina: sono riconducibili a questa classificazione quei software per il web di tipo non operativo, che hanno come scopo quello di presentare l’azienda, e i prodotti o i servizi offerti ai suoi potenziali clienti. Da un punto di vista pratico, questa categoria di siti internet può avere le caratteristiche più diverse, quello che li distingue in modo concreto come tali è il fatto che su questi non è possibile effettuare acquisti (né di beni né di servizi) direttamente on line, ma sarà necessario contattare l’azienda (anche attraverso lo stesso sito web).
La seconda categoria è quella dei cosiddetti siti internet commerciali: sono riconducibili a questa classificazione quei software per il web che permettono di acquistare direttamente on line un bene o un servizio, permettendo all’utente di gestire in autonomia tutto il processo di acquisto che va dalla scelta dei prodotti o dei servizi fino al pagamento.
Questa tipologia di sito internet ha come finalità quella di far conoscere ai potenziali clienti l’azienda, i suoi prodotti e i suoi servizi: per questo motivo la presumibilmente più corretta classificazione dei relativi costi di realizzazione è come spese di pubblicità.
Come tali, questi costi dovranno essere spesati per intero nell’esercizio di competenza e classificati in Conto economico alla voce B.7 Costi per servizi.
Da un punto di vista fiscale le spese di pubblicità sono deducibili in base ai principi generali di determinazione del reddito di impresa, nell’esercizio in cui sono stati imputati a Conto Economico (dal 2016, per modifica del disposto normativo, non è più possibile dedurre questi costi in cinque periodi di imposta).
In base al Principio contabile OIC 24, è previsto un solo caso in cui i costi pubblicitari in generale possono essere capitalizzati: è il caso in cui queste spese vengano sostenute da una impresa di nuova costituzione o da una imprese esistente che avvia una nuova attività, nel contesto di una fase pre-operativa o di start-up.
In questo caso le spese sostenute dovranno essere iscritte nell’Attivo dello Stato Patrimoniale alla voce B.I.1 Costi di impianto ed ampliamento ed ammortizzati in massimo cinque esercizi contabili, previa approvazione del Collegio sindacale, se esistente (in base all’articolo 2426 comma 1 numero 5 del Codice civile).
Da un punto di vista fiscale, in questo caso, questi costi saranno deducibili per la quota di ammortamento imputabile ad ogni esercizio, in base all’articolo 108 comma 3 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).
In entrambi i casi da un punto di vista IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) questi costi saranno detraibili.
Un caso particolare è quello rappresentato da un sito internet vetrina in cui l’impresa, invece di pubblicizzare se stessa ed prodotti o i servizi commercializzati, si limiti a presentare in modo generico l’attività aziendale. Con lo svilupparsi della tecnica di web design e con la diffusione di internet, questa tipologia di siti web, dal carattere meramente informativo, è sempre meno diffusa e indubbiamente obsoleta, tuttavia non è impossibile che una azienda ancora oggi possa implementare un software per il web con queste caratteristiche.
Considerata la limitatezza dell’informazione fornita, dal carattere prettamente informativo, tanto da non poter qualificare il suo scopo come pubblicitario, i costi di realizzazione di un sito internet con queste caratteriste, secondo opinione prevalente, per le sue particolari e limitate caratteristiche è corretto che vadano assimilati alle spese di rappresentanza da classificare in Conto Economico alla voce B.7 Costi per servizi.
Da un punto di vista fiscale il trattamento corretto è appunto quello previsto per le spese di rappresentanza, disciplinate dall’articolo 108 comma 2 del TUIR.
Per quanto riguarda la disciplina IVA, tali spese saranno indetraibili, in quanto appunto spese di rappresentanza, in base all’articolo 19-bis1 comma 1 lettera h del DPR 633/1972.
Principio contabile OIC, articolo 103 comma 1 TUIR, articolo 108 comma 3 TUIR, articolo 2426 comma 1 numero 5 Codice civile
Per inquadrare correttamente, contabilmente e quindi fiscalmente, un sito internet commerciale, occorrerà effettuare una ulteriore distinzione: il software per il web di cui in oggetto può avere due diverse finalità: quella di sviluppare l’attività commerciale propria dell’impresa, oppure quella di sviluppare l’attività aziendale in una direzione precedente non perseguita. Le due fattispecie comporteranno due diversi inquadramenti.
Nel caso in cui il sito internet commerciale serva a sviluppare l’attività tipica dell’impresa, i relativi costi di implementazione, in base al già citato Principio contabile OIC 24, saranno da considerarsi degli oneri pluriennali da capitalizzare ed iscrivere in bilancio alla voce B.I.3 Diritti di brevetto industriale e utilizzazione delle opere dell’ingegno dell’Attivo dello Stato Patrimoniale.
Da un punto di vista fiscale, per questa tipologia di costi, in base all’articolo 103 comma 1 del TUIR, “le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell'ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore al 50 per cento del costo.”
Nella diversa ipotesi in cui il sito internet commerciale serva a sviluppare l’attività commerciale dell’impresa verso nuove direzioni, i costi sostenuti dovranno essere considerati spese di impianto ed ampliamento, come tali iscritti nell’Attivo dello Stato Patrimoniale alla voce B.I.1 Costi di impianto ed ampliamento ed ammortizzati in massimo cinque esercizi contabili, previo consenso del Collegio sindacale, se esistente. Per il regolamento civilistico della fattispecie ci viene in soccorso l’articolo 2426 comma 1 numero 5 del codice civile, in base al quale “i costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale. I costi di impianto e ampliamento devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni.”
Dal punto di vista fiscale, in questo caso, questi costi saranno deducibili per la quota di ammortamento imputabile ad ogni esercizio, in base all’articolo 108 comma 3 del TUIR.
In entrambi i casi, da un punto di vista IVA, queste spese saranno totalmente detraibili.
Un caso particolare è rappresentato da quei siti internet (vetrina o commerciali) che, oltre ad offrire agli utenti una esperienza d’uso con finalità pubblicitaria o commerciale, prevedano anche un’area riservata per i dipendenti, i collaboratori o i soci, fruibile previa autenticazione, in grado di fornire al personale dell’impresa delle funzioni che in qualche modo possano essere associate a quelle che potrebbe prevedere un software aziendale.
In questo caso, ai fini di un corretto inquadramento, sarebbe corretto procedere ad una scomposizione del costo di realizzazione del sito internet da quello di implementazione del software chiuso dentro l’area riservata, cui non potranno accedere i potenziali clienti.
La parte del costo relativa al sito web, a seconda delle sue caratteristiche e finalità, potrà essere trattato, contabilmente e fiscalmente, come prima esposto.
La parte del costo relativa al software chiuso all’interno dell’area riservata, ad esclusivo uso del personale interno, potrà essere assimilato a quello sostenuto per l’implementazione di un software applicativo simile ad un sistema gestionale aziendale, la cui trattazione non è oggetto del presente approfondimento.