L'espletamento del contraddittorio preventivo propedeutico all'emissione dell'atto di accertamento deve essere considerato un passaggio obbligatorio in ogni verifica tributaria. Invero, se si è interessati a fornire una interpretazione costituzionalmente orientata e valida della normativa vigente, è necessario volgersi verso l'applicazione del principio del contraddittorio alla generalità delle imposte e non esclusivamente a quelle armonizzate.
Queste le conclusioni tratte dalla II° sezione C.T.P. di Reggio Emilia, nella sentenza n. 55/II/2017. Vediamo in dettaglio la vicenda, con qualche considerazione piu generale a margine.
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L'Agenzia delle Entrate di Reggio Emilia, in conseguenza all’individuazione di un numero significativo di movimenti bancari effettuati sui conti personali di un socio di una società di persone, li riqualificava quali redditi occultati all’Amministrazione finanziaria. L'Ufficio, in forza della documentazione raccolta durate le attività di verifica effettuate e omettendo di invitare il contribuente all'instaurazione di uno specifico contraddittorio, notificava un avviso di accertamento che veniva opposto dal convenuto.
La sezione II° della C.T.P. di Reggio Emilia, constatata la manifesta violazione del principio del contraddittorio, ha ritenuto di accogliere il ricorso.
«Il Collegio non ignora», evidenziano i giudici di merito reggiani, «l'esistenza di autorevole giurisprudenza di legittimità che riserva l'applicazione del contraddittorio obbligatorio ai soli casi di tributi armonizzati, mentre, "per quelli non armonizzati non è rinvenibile nella legislazione nazionale un analogo vincolo"(*). Tuttavia, un'interpretazione che giunga a limitare la piena tutela del contraddittorio preventivo, in dipendenza della natura non armonizzata del tributo preteso, si espone a censure di incostituzionalità, irragionevolmente implicando disparità di trattamento manifestamente contrarie al divieto della cosiddetta discriminazione a rovescio, vale a dire situazioni di disparità in danno di cittadini di uno stato membro, e delle sue imprese che si verifichino come effetto indiretto dell'applicazione del diritto europeo: insomma se si vuole dare una lettura costituzionalmente orientata e corretta della normativa vigente, bisogna concludere per l'applicazione del principio della necessaria applicazione del contraddittorio endoprocedimentale a tutti i tributi e non solo a quelli armonizzati».
Pertanto, dopo aver constatato che l'avviso di accertamento impugnato non era susseguente ad alcun contatto tra l’ufficio e il contribuente, la II° sezione della C.T.P. di Reggio Emilia ha accolto il ricorso del contribuente.
(*) Si ricorda il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione per cui :"in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi "armonizzati", mentre, per quelli "non armonizzati", non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito" (CASS SS.UU. n.2015/24823 -Rv. 637604 - 01)
Per approfondire questa sentenza vedi l'articolo "Contraddittorio endoprocedimentale la Cassazione muta indirizzo"
Preso atto di tale favorevole pronuncia si ritiene, tuttavia, che il contraddittorio preventivo non costituisca un diritto assoluto in quanto, se tale principio fosse considerato come “immanente”, non potrebbero essere tollerati nel nostro paese accertamenti fondati su presunzioni legali, i quali permettono di esprimere l’accertamento in ragione dell’inferenza individuabile tra fatto noto e fatto ignorato stabilita dalla legge, con la facoltà di fornire la prova contraria esclusivamente nel corso delle dinamiche processuali e, per la medesima ragione, qualora l’istituto venisse applicato in forza alla sua effettiva ragione, non troverebbero giustificazione gli accertamenti “parziali” ex art. 41-bis del D.P.R. n. 600/1973, che consentono di trasformare in tempo reale gli elementi certi, in possesso dell’Ufficio, in un atto impositivo.
Si ritiene pertanto che il vincolo del contraddittorio debba sussistere necessariamente per tutti i tributi, sia armonizzati che non (ai fini della validità del successivo provvedimento accertativo), anche nel caso in cui non sia espressamente menzionato dalla norma, qualora l’avviso di accertamento risulti essere anticipato da un’attività istruttoria di primo livello (consistente nell’esercizio dei poteri da parte dell’Agenzia delle Entrate finalizzati all’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’imposizione), mentre si ritiene non sussistere tale vincolo qualora gli elementi entrati nella disponibilità dell’Ufficio possono essere “commutati” ex lege in un atto di accertamento evitando di svolgere un’attività istruttoria primaria.