Con il contratto di Associazione in partecipazione due soggetti possono unire le loro forze per esercitare una attività di impresa o uno specifico affare congiuntamente, condividendo utili e perdite (in base al risultato), senza dover instaurare un vincolo giuridico definitivo, come può essere quello societario.
L'articolo continua dopo la pubblicità
Dell’Associazione in partecipazione si occupa il Codice civile con gli articoli dal 2549 al 2554, in cui si condensa la struttura normativa che disciplina questa tipologia di contratto.
In passato è stata una tipologia contrattuale molto utilizzata, grazie alla sua versatilità, in quanto permette a due o più soggetti di svolgere congiuntamente una attività di impresa o uno specifico affare, anche per un tempo limitato, senza dover instaurare un vincolo societario.
Purtroppo l’utilizzo a volte abusivo della forma contrattuale, utilizzata per nascondere rapporti di fatto di lavoro subordinato o per ottenere un vantaggio fiscale derivante dalla divisione tra più soggetti della base imponibile Irpef degli imprenditori individuali, ha indotto il legislatore a intervenire radicalmente su questa forma contrattuale, prima con la cosiddetta Legge Fornero (Legge 92/2012) che, in mancanza di determinate condizioni, assimilava l’Associazione in partecipazione al lavoro subordinato, pochi anni dopo, con il cosiddetto Jobs act (D.Lgs 81/2015) che elimina la possibilità, per le persone fisiche, di instaurare Associazioni in partecipazione con apporto, anche parziale, in forma di lavoro.
Se l’intervento del legislatore in chiave antielusiva può essere facilmente considerata legittimo, la totale abrogazione di questa tipologia contrattuale, per le persone fisiche che apportano lavoro, non può dirsi ugualmente felice: alla libertà di iniziativa economica, in questa maniera, viene meno uno strumento molto versatile, specialmente per la possibilità di associarsi temporaneamente, molto utile nella concretezza della realtà.
L’Associazione in partecipazione è definita dall’articolo 2549 comma 1 del Codice Civile come quel contratto tipico con il quale “l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto”.
Gli elementi che identificano questa tipologia contrattuale sono, principalmente:
- la condivisione del rischio d’impresa da parte dell’associato che può partecipare, oltre che agli utili dell’impresa, anche alle eventuali perdite (nel limite del suo apporto);
- il diritto dell’associato a controllare (ma non orientare) l’attività dell’impresa dell’associante o dell’affare;
- il conferimento da parte dell’associato di un apporto (che può essere di varia natura);
- il diritto dell’associato di percepire una quota di utili.
Caratteristica tipica di questa forma contrattuale è il fatto che non si costituisce un nuovo soggetto giuridico: associato e associante sono legati da un vincolo contrattuale non spendibile nei confronti dei terzi, che può essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. In ogni caso è escluso un vincolo di subordinazione.
L’associante dovrà essere una persona, fisica o giuridica, che esercita attività di impresa, in forma individuale o collettiva. L’associato invece, può essere una persona giuridica o una persona fisica, esercente o meno attività di impresa.
Il cosiddetto apporto è probabilmente l’elemento che più caratterizza questa tipologia contrattuale: senza di questo il contratto stesso può considerarsi venir meno. In base all’accordo delle parti, l’associato può apportare in azienda denaro, beni, servizi o lavoro. A seconda della tipologia di apporto, distinguiamo (la classificazione deriva dal diverso trattamento fiscale) un contratto di Associazione in partecipazione:
- con apporto di (solo) lavoro;
- con apporto di (solo) capitale;
- con apporto misto (lavoro e capitale).
A decorrere dal 25 giugno 2015, per disposizione del Jobs act (D.Lgs 81/2015), non è più possibile stipulare contratti di Associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro o misto, nel caso in cui l’associato sia una persona fisica; la possibilità rimane, invece, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, probabilmente grazie al diverso trattamento fiscale in capo a questi soggetti.
Quindi, per ricapitolare, oggi l’Associazione in partecipazione è possibile:
- per le persone fisiche: con apporto di solo capitale
- per i soggetti diversi dalle persone fisiche: con apporto di solo lavoro, solo capitale o miste.
Probabilmente sarebbe stato più proficuo, ma più complesso, agire direttamente sulla normativa fiscale, per limitare i casi di abuso, piuttosto che modificare il Codice civile per precludere una forma contrattuale a una intera tipologia di soggetti.
All’associate spetta il controllo e la gestione dell’impresa o dell’affare in relazione a cui è stata contratta una Associazione in partecipazione, non spettando invece all’associato neanche il diritto di veto, neppure sulle operazioni straordinarie.
All’associato spetta il rendiconto dell’affare compiuto o quello annuale della gestione, se questa si protrae per più anni: questo assumerà la forma di un Conto economico, dell’impresa o dell’affare, redatto secondo le regole della contabilità ordinaria o semplificata (a seconda della tipologia dell’azienda), e dovrà essere datato e firmato da entrambi i contraenti.
All’associato spetta, al termine del contratto, la restituzione dell’apporto o del suo valore (a seconda della tipologia dell’apporto), al valore nominale (diminuito delle eventuali perdite): anche in caso di apporto di lavoro, ma solo se quantizzato monetariamente dalle parti in sede di stipula contrattuale.
La specifica modalità ed entità della partecipazione agli utili è definita dalle parti in sede di stipula contrattuale, in base all’apporto dell’associato, e può essere una percentuale fissa o variabile; da prassi, è possibile prevedere una partecipazione, in percentuale, ai ricavi invece che agli utili: la partecipazione ai ricavi rappresenta un valore meno sensibile a eventuali contestazioni, in quanto non influenzato da altre poste di bilancio. Può essere previsto, per accordo tra le parti, il pagamento di acconti all’associato.
In base all’articolo 2553 del Codice civile, l’associato oltre che agli utili può partecipare anche alle eventuali perdite, ma solo nei limiti del suo apporto; ma la partecipazione alle perdite, da parte dell’associato, può essere esclusa per accordo contrattuale tra le parti.
Il contratto di Associazione in partecipazione non richiede forme particolari, secondo la normativa civilistica, teoricamente potrebbe anche essere utilizzata la forma orale, ma per rispondere alle richieste della normativa fiscale, ai fini probatori, si richiede la forma di scrittura privata registrata o autenticata o di atto pubblico.
Per maggiori informazioni sul trattamento fiscale dell’Associazione in partecipazione si rimanda all’articolo Il trattamento fiscale dell’Associazione in partecipazione.