L'espressione “gig economy” è mutuata dal mondo della musica, dove il termine “gig" indica una performance legata a un singolo ingaggio e, pertanto, unica, saltuaria. Il lavoro nella gig economy, o “economia dei lavoretti", ha, infatti, natura prettamente occasionale, riconducibile alla singola prestazione giornaliera o di poche ore, minuti. Sono gig work le consegne a domicilio di cibo o altri beni, l'utilizzo della propria auto come servizio taxi su richiesta, l'attività di baby-sitter di una sera, le ripetizioni private o le riparazioni casalinghe svolte di volta in volta su richiesta di clienti, “datori di lavoro", differenti.
Lo sviluppo delle tecnologie digitali avvenuto negli ultimi anni e, in particolare, della cosiddetta “Internet delle cose", con la diffusione di massa di apparecchi di telefonia mobile smart, ha portato alla nascita e alla rapida crescita di una nuova tipologia di servizi online.
In questo momento di stop per gli esercizi convenzionali a causa della emergenza Coronavirus, le vendite con consegna a domicilio possono essere un importante aiuto per non soccombere alla crisi.
L'articolo è tratto da " Riders e lavoratori dell'economia digitale"Analisi della disciplina normativa, tutele, adempimenti e contrattazione collettiva (eBook in pdf di 286 pagine) di P. Masciocchi
L'articolo continua dopo la pubblicità
Approfondisci con l'e-book "Riders e lavoratori dell'economia digitale" Analisi della disciplina normativa, tutele, adempimenti e contrattazione collettiva (eBook in pdf di 286 pagine) di P. Masciocchi ( Avvocato - Direttore del settore Sicurezza sul Lavoro di Confcommercio e componente della Commissione consultiva del Ministero del Lavoro).
Sempre più spesso, piattaforme digitali accessibili dagli utenti tramite i loro smartphone coordinano l'attività lavorativa dei gig worker e mettono in contatto domanda e offerta di servizi.
La rapida crescita del fenomeno ha sollevato, prima all'estero e poi in Italia, un ampio dibattito circa le tipologie di inquadramento contrattuale da adottare per il lavoro a chiamata tramite piattaforma e, in particolare, circa l'estensione delle tutele da accordare ai gig worker.
La grande varietà che si riscontra nel tipo di intermediazione fornita dalle piattaforme digitali, e di conseguenza nella loro capacità di imporre salari e condizioni di lavoro, ha generato una forte frammentarietà nelle iniziative di regolamentazione adottate all'estero e nel nostro paese.
Prim’ancora che il legislatore in Italia a dettare la linea – pur con vistose divergenze e contraddizioni – è stata la giurisprudenza la quale ha prima colmato le lacune legislative e poi integrato le norme poste in essere.
Sulla base di un primo rilevante orientamento della giurisprudenza di merito (Tribunale di Torino, Sentenza 7 maggio 2018, n. 778), formalmente tali prestatori di lavoro “svolgono attività di tipo occasionale in piena autonomia, senza essere soggetti ad alcun vincolo di subordinazione, potere gerarchico o disciplinare, ovvero a vincoli di presenza o di orario di qualsiasi genere nei confronti della committente”.
Ed il requisito fondamentale della condizione di autonomia ex art. 2222 c.c. per questi soggetti viene rintracciato dai giudici nella libertà formale di accettare o meno l’inserimento in un determinato turno di lavoro. Tale caratteristica del rapporto instaurato tra le parti assume un ruolo determinante ai fini di escludere la sottoposizione dei riders al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro perché è evidente che se quest’ultimo “non può pretendere dal lavoratore lo svolgimento della prestazione lavorativa non può neppure esercitare il potere direttivo e organizzativo”. L’approdo, condiviso dai giudici di legittimità, che ha dichiarato la natura autonoma di tale forma di lavoro per la mancanza d’un potere di etero-direzione da parte della società committente
Le modalità d'impiego utilizzate dalle piattaforme per tali lavoratori sono piuttosto variegate, ma - in linea con l'esperienza dei paesi esteri - sono tutte al di fuori del perimetro della subordinazione configurando, invece, fattispecie di lavoro autonomo. Per quanto riguarda, in particolare, il settore del food delivery, esse sono essenzialmente riconducibili a tre categorie:
La scelta tra le tre tipologie non ha riflessi per quanto concerne gli aspetti retributivi: nessuna di esse prevede, infatti, un compenso minimo. Essa ha, invece, ricadute significative sui profili previdenziali e assicurativi. Infatti, i lavoratori autonomi occasionali non hanno obblighi nè di contribuzione previdenziale, né di copertura assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali.
Il titolare di partiva IVA, invece, è obbligato a iscriversi (almeno) alla Gestione Separata dell'INPS, ma con oneri interamente a suo carico, e non è previsto, in questo caso, nessun obbligo per quanto concerne l'assicurazione contro malattie e infortuni professionali.
Diverso, infine, è il regime delle collaborazioni coordinate e continuative, che garantisce maggiori tutele sul piano previdenziale e assicurativo. Esso prevede, infatti, sia l'iscrizione obbligatoria alla Gestione Separata dell'INPS, sia la sottoscrizione dell'assicurazione Inail contro malattia e infortuni professionali, in entrambi i casi con oneri per 2/3 a carico del datore di lavoro.
Tuttavia, sul piano sostanziale, la tutela dei collaboratori è limitata dalle vigenti regole di calcolo dei requisiti di accesso. Infatti, per gli assicurati alla Gestione Separata dell'INPS, il diritto all'accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a ciascun anno è condizionato al conseguimento di un minimale di reddito, fissato per l'anno 2018 in 15.710 euro.
Con sentenza 11 gennaio 2019, n. 26, la Corte di Appello di Torino ha segnato un elemento di forte discontinuità nell’evoluzione degli assetti contrattuali dei c.d. lavoratori dell’economia digitale, in particolare dei riders, altrimenti definiti fattorini digitali.
I giudici di appello, infatti, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, hanno riconosciuto il diritto per i riders di vedersi corrisposta la retribuzione prevista dal CCNL del settore della logistica, con ciò implicitamente assimilando tali soggetti a lavoratori dipendenti.
Con una sentenza minuziosa e articolata (n. 1663-2020 ) la Corte di Cassazione ha poi affermato che il dispositivo della Corte di Appello è conforme a diritto, confermando quindi che i riders – perlomeno con riferimento alle modalità di esecuzione del contratto dei lavoratori coinvolti nella vicenda – non sono lavoratori subordinati ma agli stessi va riconosciuta la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
La diversa qualificazione giuridica del rapporto di lavoro pone quindi oggi il rider nella diversa condizione di vedersi corrisposta la retribuzione prevista dal CCNL del settore della logistica e soprattutto, ad essere assimilato a lavoratori dipendenti.
Sotto il profilo prevenzionale ciò comporta l’applicazione della tutela piena, ovvero dell’integrale applicazione delle disposizioni del Testo Unico sulla sicurezza su lavoro.(...)
Ciò significa che in questi casi – anche per attività di breve durata – il datore di lavoro dovrà effettuare la valutazione di tutti i rischi e designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, oltre a dover porre in essere tutti gli ordinari adempimenti prevenzionali previsti dal D.Lgs 81/08.
Sul tema una recente sentenza riguarda specificamente l'obbligo di fornire ai riders i dispositivi di protezione individuale contro il COVID 19. Vedi l'articolo "DPI anticoronavirus anche per collaboratori e riders".
Significative anche le conseguenze in ordine alla retribuzione, che dovrà far riferimento a quanto disposto dal CCNL del settore della logistica.
Infine sulla Gazzetta Ufficiale 2 novembre 2019, n. 257 è stata pubblicata la legge 2 novembre 2019, n. 128 convertito in legge il D.L 3 settembre 2019, n. 101. Il provvedimento si è posto l’obiettivo di assicurare maggiore protezione economica e normativa ad alcune categorie di lavoratori particolarmente deboli, quali i riders, i lavoratori precari, i lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità e i lavoratori con disabilità
Tra le novità si evidenzia, in estrema sintesi:
– l'ambito di applicazione della disciplina che equipara, sotto il profilo del diritto privato, determinati rapporti di collaborazione ai rapporti di lavoro subordinato
– la definizione di una disciplina specifica per i rapporti di lavoro di soggetti (cosiddetti riders) impiegati nelle attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di determinati veicoli, con riferimento ai casi in cui l'organizzazione delle attività sia operata attraverso piattaforme anche digitali e sempre che i medesimi rapporti non rientrino nella nozione di lavoro dipendente;
– la modifica dei requisiti di contribuzione per alcune prestazioni previdenziali relative agli iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS e l'incremento della misura per alcune di esse .
L'articolo è tratto da " Riders e lavoratori dell'economia digitale" una completa analisi della normativa, tutele adempimenti e contrattazione collettiva sul tema (eBook in pdf di 286 pagine) di P. Masciocchi