Come noto il Decreto “Cura Italia” ha emanato alcune misure specificatamente dedicate al mondo associativo in generale ed al mondo sportivo in particolare.
Tra i vari provvedimenti si segnala quello dell’art. 95 relativo alla possibilità, per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le società e associazioni sportive, professionistiche e dilettantistiche, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, di sospendere i canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali.
I versamenti dei predetti canoni potranno essere effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020, o mediante rateizzazione in massimo 5 rate mensili di pari importo a decorrere da giugno 2020.
Il decreto non cita espressamente le Discipline Sportive Associate né le società costituite sotto forma di Cooperative Sportive per le quali si potrà comunque ragionevolmente ritenere che, per analogia e per intenzione del legislatore di indicare una più ampia platea di destinatari, possano comunque rientrare nel novero di chi potrà disporne.
Difatti appare chiaro che il destinatario della norma possa essere qualunque soggetto iscritto al Registro C.O.N.I. sulla base del registro come da trasmettere annualmente al M.E.F. - Agenzia delle Entrate, ex. art. 7, comma 2, del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito in legge 27 luglio 2004, n.186.
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Per una corretta definizione di “impianto sportivo” ai fini della fruizione del vantaggio, normativa di riferimento è il DM 18/03/1996, come aggiornato dal DM 6 giugno 2005 e coordinato con i precedenti interventi normativi (il DM 10/09/1986 ed il DM 25/08/1989 entrambi non espressamente abrogati), regolamenti del CONI (fra tutti Del. 149 del 6/05/2008), delle Federazioni sportive per la relativa disciplina praticata, Circolari e chiarimenti del Comando dei Vigili del Fuoco.
Alla luce della predetta normativa per Impianto sportivo si dovrà pertanto intendere ogni luogo opportunamente conformato ed attrezzato per la pratica di discipline sportive regolamentate dalle Federazioni Sportive Nazionali e dalle Discipline sportive associate ai vari livelli, anche internazionali, tanto per attività agonistiche (impianti sportivi c.d. agonistici) che per attività non destinate all’agonismo e, pertanto, propedeutiche, formative o di mantenimento delle suddette discipline sportive (impianti sportivi c.d. di esercizio).
Nella nozione di impianto la norma prevede, infine i c.d. impianti sportivi complementari ovvero quelli destinati esclusivamente alla pratica di attività fisico-sportive non regolamentate dalle Federazioni o dalle Discipline Associate, aventi anche finalità ludico ricreative e di benessere fisico o di attività terapeutica o riabilitativa.
Chiarito ciò è evidente che solo gli Enti Sportivi che abbiano in locazione o concessione una struttura inquadrabile come impianto sportivo di proprietà dello Stato o di un Ente Pubblico territoriale godranno della sospensione.
Nel decreto non viene specificato se tale vantaggio possa essere ad appannaggio anche dei sublocatori, ove tale forma sia stata per schema concessorio o contrattuale prevista.
Il problema però si pone per i tanti Enti Sportivi che hanno in locazione beni di proprietà privata e per i quali, evidentemente, non operando l’art. 95 del Decreto Cura Italia e rientrando in uno schema contrattuale di tipo privatistico in cui lo Stato non può ingerire, si dovrà ricorrere, prima ancora che al buon senso e all’accordo fra le parti, a quanto stabilisce il codice civile e la normativa, anche fiscale, di settore.
E’ bene però, prima di tutto, ricordare che negli Enti sportivi di tipo associativo, opera primariamente, in mancanza di personalità giuridica, l’art. 38 cod. civ. a ragione del quale "Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune". Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione
A maggior tutela del patrimonio dell’Ente, e di chi lo rappresenta, le decisioni quindi andrebbero sempre prese dall’Assemblea e solo in casi eccezionali e di urgenza dal legale rappresentante (il presidente) in concerto con il Consiglio Direttivo. Il tutto sempre che il contratto sociale (lo statuto) non preveda diversamente.
Ciò detto la norma cardine da prendere in considerazione è innanzitutto l’Art. 1571 cod. civile che definisce la locazione come il contratto con cui una parte, detta locatore, si obbliga a far godere all'altra parte, ossia al conduttore o locatario o inquilino, una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo (il canone locatizio). A ciò si aggiunga l’ulteriore normativa speciale disciplinata dalla legge 27 luglio 1978 n. 392 (cosiddetta “legge sull’equo canone”), Legge 9 dicembre 1998 n. 431 e D.M. Infrastrutture e Trasporti 16 gennaio 2017.
Preso atto che tutti gli schemi contrattuali locatizi (civile abitazione e commerciali) si fondano sul consenso delle parti, hanno effetto obbligatorio, prevedono prestazioni corrispettive (onerosità per il conduttore), ciò che però qui interessa e se, ed in quali casi, si possa legittimamente sospendere il pagamento dei canoni, al pari di quanto statuito dal decreto emergenziale, evitando le conseguenze che comporterebbe la violazione degli accordi contrattuali nella sua forma più drastica rappresentata dallo sfratto per morosità.
Difatti il conduttore, con la sottoscrizione del contratto di locazione, sarà tenuto al risarcimento del danno ogni qualvolta non esegua esattamente la prestazione (Art. 1218 cod. civile – responsabilità del debitore).
Previa analisi del contratto stipulato e proprio perché ci si trova di fronte ad un “accordo fra le parti”, può essere una valida soluzione quella di proporre al locatore un accordo in deroga a quanto sottoscritto e ciò, evidentemente, in ragione dello stato emergenziale in essere e per i noti principi di correttezza e buona fede che dovrebbero sorreggere – oggi più che mai – i rapporti interpersonali, ancorché di tipo commerciale.
La situazione sanitaria ha infatti determinato la necessità di una normativa emergenziale, della quale fanno parte vari decreti ministeriali del Ministero della Salute nonché la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, che ha dichiarato, per la durata di mesi sei, lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.
L’ordinanza era stata emessa nell’esercizio dei poteri in materia di protezione civile previsti dal D.lgs 2 gennaio 2018, n.1 (Codice della protezione civile), che, all’articolo 24 disciplina lo “stato di emergenza di rilievo nazionale”. Nel caso specifico, l’intervento era giustificato dalla più grave delle ipotesi previste e precisamente da quella di cui alla lettera c) «emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell’articolo 24».
Seguivano il decreto-legge 23 febbraio 2020 n. 6, convertito in legge 5.03 2020, n.13, e quindi i D.P.C.M. (decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) datati 1°, 8. 10 e 12 marzo 2020, che davano attuazione concreta alla legge.
In tale situazione di fatto e di diritto, anche qualora parte locatrice non intendesse accordare alcuna deroga (sospensione dei pagamenti o riduzione dei pagamenti) ci possono comunque venire in supporto altri istituti del codice civile.
Si possono considerare alcuni casi :
a) L’Ente ritiene di non poter proseguire oltre le proprie attività decretando procedendo a risoluzione anticipata del rapporto locatizio;
b) L’Ente, volendo proseguire il rapporto locatizio, è però in grado solo parzialmente di far fronte al pagamento dei canoni con il proprio fondo comune;
Come già detto se è pur vero che l’Art. 1218 cod. civile impone l’esatto rispetto dell’accordo (pacta sunt servanda) è fondamentale precisare che il debitore è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l'inadempimento o il ritardo e' stato determinato da impossibilita' della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
Si badi bene. Anche in questo caso l’obbligazione principale (pagamento del canone) rimarrebbe immutata venendo semmai a cadere, se debitamente provato, un diritto al risarcimento in capo al locatore.
Così come, nel caso per impossibilità sopravvenuta della prestazione invocata ai sensi dell’Art. 1256 del cod. civile, e per la quale è previsto che l'obbligazione si estingua quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventi impossibile.
Come noto infatti lo stato emergenziale ha imposto espressamente che le attività presso le palestre, centri sportivi e fitness, piscine e, più in generale, tutti i luoghi aggregativi pubblici e/o privati venissero sospese su tutto il territorio nazionale per contenere il virus.
L’Art. 1 comma 3 del D.C.P.M. – richiamando il precedente D.P.C.M. 8/3/2020 disponeva :
sono sospesi gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati. Gli impianti sportivi sono utilizzabili, a porte chiuse, soltanto per le sedute di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e dalle rispettive federazioni, in vista della loro partecipazione ai giochi olimpici o a manifestazioni nazionali ed internazionali; resta consentito esclusivamente lo svolgimento degli eventi e delle competizioni sportive organizzati da organismi sportivi internazionali, all'interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse, ovvero all'aperto senza la presenza di pubblico; in tutti tali casi, le associazioni e le società sportive, a mezzo del proprio personale medico, sono tenute ad effettuare i controlli idonei a contenere il rischio di diffusione del virus COVID-19 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che vi partecipano; lo sport e le attività motorie svolti all'aperto sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro;
A sua volta il D.P.C.M. 9/03/2020, richiamando il D.P.C.M. 08/03/2020, estendeva divieti e raccomandazioni a tutto il territorio nazionale e, pertanto, ai sensi e per gli effetti dell’Art. 1 lett. s) D.P.C.M. venivano altresì sospese :
(…) le attivita' di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali (fatta eccezione per l'erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza), centri culturali, centri sociali, centri ricreativi;
Sospensione (e non chiusura) prescritta sino al 3 Aprile.
Sotto il profilo giuridico e di palmare evidenza che i recenti provvedimenti emergenziali possono aver inciso sulla capacità di eseguire le prestazioni contrattuali, determinando l’impossibilità sopravvenuta di adempiere, ai sensi dell’art. 1256 c.c., in quanto rientrano nella fattispecie del c.d. “factum principis”. Quest’ultima rappresenta una ipotesi di forza maggiore che ricorre quando determinati provvedimenti legislativi o amministrativi, emanati dopo la conclusione del contratto per interessi generali (come appunto la tutela della salute pubblica), rendano oggettivamente impossibile l’esecuzione della prestazione, in modo temporaneo o definitivo, indipendentemente dalla volontà dei soggetti obbligati.
Da qui un’ulteriore questione, ovvero se siamo di fronte ad una impossibilità temporanea (come tutti ci auguriamo) dell’uso dei locali (regolata dall’Art. 1256 cod. civiile) ovvero ad una impossibilità parziale (regolata dal successivo art. 1258 cod. civile).
A parere di chi scrive dirimente sarà da un lato l’oggetto del contratto (o meglio l’uso indicato nel contratto dei locali oggetto di locazione) e, dall’altro, se nonostante la sospensione siano o meno stati usati i locali associativi (ad esempio la zona segreteria piuttosto che l’area sportiva per lavori di ammodernamento/ristrutturazione).
Nel caso di impossibilità solo temporanea, così come previsto dal 2 co. dell’Art. 1256 cod. civile, e finché essa perdura, il debitore sarebbe liberato solo dalla responsabilità per il ritardo nell'adempimento per l’esimente di cui sopra. Il successivo co 3, invece, precisa che se l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla, l'obbligazione si estingue.
Diversamente, ovvero se si è fatto uso dei locali seppur parzialmente, si potrebbe ragionevolmente richiedere una riduzione del canone di locazione in forza dell’Art. 1258 cod. civile il quale, per l’appunto, dispone che (… ) “Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera dall'obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile. (…).
Decisamente più drastica, infine, l’ipotesi contemplata dagli Artt. 1463 e 1464 co,d civile poiché, in questo caso, l’impossibilità sopravvenuta non andrebbe ad incidere sulla singola obbligazione ma sull’intero contratto.
L’art. 1463 del codice civile prevede infatti che la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non possa chiedere la controprestazione, e debba restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito (in estrema sintesi restituzione del bene).
L’art. 1464 del codice civile che prevede che quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l'altra parte abbia diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e possa recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale.
La giurisprudenza di merito ha però avuto modo di precisare che la pretesa di ridurre o sospendere il pagamento del canone per estinzione del rapporto dovuto a parziale impossibilità della prestazione ai sensi dell'art. 1464 c.c. per problemi inerenti, appunto, la destinazione del bene, in mancanza di riferimenti specifici alla destinazione sia in sede di contratto sia nei successivi eventuali patti modificativi, non può rappresentare, nel sinallagma contrattuale, un elemento essenziale tale da giustificare l’uso dell’istituto in parola.
Inoltre, nella denegata ipotesi che la crisi perduri, si potrebbe addirittura concretizzare l’ipotesi di eccessiva onerosità per il conduttore ai sensi dell’Art. 1467 Cod. Civile o di recesso per gravi motivi ai sensi dell’art. 27 Legge n.392/1978 (ove non legittimamente derogato nel contratto). Ma il tutto, ovviamente, vagliando attentamente caso per caso e sempre che, si ribadisce, l’emergenza abbia oggettivamente pregiudicato anche solo un uso parziale dei locali. Si faccia il classico esempio dell’Associazione che abbia in locazione da privato solo ed esclusivamente un campo da calcio.
Dal punto di vista vista fiscale va inoltre segnalato che la modifica dei rapporti locatizi che preveda una riduzione del canone di locazione è esente tanto da imposta di bollo quanto da imposta di registro ai sensi dell’articolo 19 del D.L. n. 133/14 (conv. in Legge n. 164/2014).
In conclusione.
Per le locazioni o concessioni con lo Stato o Enti Territoriali potrà trovare applicazione la sospensione dei canoni di cui all’Art. 95 del Decreto Cura Italia, pertanto non ci sarà nemmeno l’opportunità di “trattare” con l’Ente per un’eventuale sospensione o riduzione del canone locatizio o concessorio (si pensi alle corsi d’acqua).
Per le locazioni “private”, invece, bisognerà prima di tutto verificare quanto statuito nel contratto sociale e nel contratto di locazione. Appurata la reale situazione finanziaria quantomeno con i membri del Consiglio Direttivo si potrà procedere ad una rinegoziazione del canone di locazione per un diverso piano dei pagamenti ovvero una diminuzione. Se appositamente e rigorosamente provato si potrà anche evitare di dover rispondere da inadempimento per omessa e/o ritardata esecuzione della prestazione. Si auspica, in ogni caso, che nessuno degli Enti Associativi debba ricorrere all’ipotesi più drastica di una risoluzione contrattuale.
[Il presente documento è stato redatto tenuto conto che si è in attesa di ricevere chiarimenti e circolari applicative del decreto legge “covid-19, misure straordinarie per la tutela della salute e il sostegno all’economia” - c.d. Cura Italia - pubblicato, sulla gazzetta ufficiale 70 del 17 marzo 2020]
1) Art 95 Decreto 17/03/2020
Sospensione versamenti canoni per il settore sportivo
1. Per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le società e associazioni sportive, professionistiche e dilettantistiche, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, sono sospesi, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 maggio 2020, i termini per il pagamento dei canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali.
2. I versamenti dei predetti canoni sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2020.per problemi inerenti, appunto, la destinazione del bene, qualora la stessa (quale casa di cura) non risulti essere, nel sinallagma contrattuale, un elemento essenziale (in mancanza di riferimenti specifici alla destinazione sia in sede di contratto sia nei successivi eventuali patti modificativi).
2) Tribunale Bari Sez. III, 02/11/2010