Il recepimento nel nostro ordinamento della Direttiva Europea cd. ATAD1, ha profondamento modificato l’approccio nazionale al tema dei Paesi a fiscalità privilegiata riscrivendo, da una parte, la disciplina delle Controlled Foreign Companies2 e, dall’altra, introducendo una disciplina specifica per l’individuazione dei suddetti Paesi3.
Per analizzare al meglio il trattamento fiscale degli investimenti esteri, occorre quindi iniziare dall’individuazione dei Paesi a fiscalità privilegiata che, come detto, si trova all’art. 47/bis del TUIR.
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Secondo tale disposizione occorre verificare se la partecipazione risulti o meno di controllo.
Per la nozione di controllo occorre fare riferimento all’art.167 del TUIR che ne prevede la qualifica al conseguimento di almeno una delle due seguenti condizioni:
Nel caso di partecipazione di controllo, si considerano Paesi a fiscalità privilegiata quelli che rientrano nelle condizioni di cui all’art. 167 c. 4 del TUIR ovvero “sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia”5 e oltre un terzo dei proventi sono realizzati attraverso i cd. Passive Income, nei quali, oltre ai classici Interessi; Dividendi e Royalties, sono ricomprese anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizio a basso valore aggiunto effettuate nei confronti di soggetti controllati, controllanti o controllati dalla stessa controllante.
Nel caso in cui la partecipazione non sia di controllo, occorre invece fare riferimento alla lettera b) del comma 1 art. 47/bis del TUIR che individua a fiscalità privilegiata quei Paesi che abbiano un livello di tassazione nominale inferiore al 50% di quella italiana, tenendo conto di eventuali regimi speciali esteri6.
Tali disposizioni possono essere disapplicate nel caso in cui il contribuente dimostri che il soggetto non residente svolga una reale attività economica tramite l’impiego di personale, attrezzature, locali, o che “dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato”7
Il regime delle CFC8 si applica in caso di partecipazione di controllo sia diretto che indiretto al capitale secondo i parametri previsti dall’art. 2359 del Codice Civile oppure nel caso di partecipazione agli utili superiore al 50%; devono inoltre essere soddisfatti i requisiti visti in precedenza, ovvero:
Il regime delle CFC si sostanzia nella tassazione per trasparenza dei redditi esteri pro quota detenuti dal soggetto residente con l’aliquota media cui quest’ultimo è sottoposto9. Il reddito della società estera viene calcolato in base alle disposizioni contenute nel TUIR per le società di capitali, operando, quindi, le opportune variazioni in aumento ove applicabili10.
La disciplina concernente le Controlled Foreign Companies può essere disapplicata se viene dimostrato che il soggetto non residente svolge “un’attività economica effettiva” attraverso l’impiego di personale; attrezzature; locali e altri asset. Resta salva la possibilità per il contribuente di usufruire del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero.
Nel caso di partecipazione non di controllo oppure di soggetti controllati che però non soddisfino i requisiti per applicare il regime delle CFC occorre considerare il regime dei Dividendi provenienti da territori a fiscalità privilegiati.
Tali dividendi sono imponibili al 100% del loro ammontare.
È possibile disapplicare tale previsione utilizzando, alternativamente, le esimenti a) e b) di cui al comma 2 dell’art. 47/bis del TUIR.
In caso di dimostrazione di svolgimento di un’attività economica effettiva l’imponibilità è ridotta al 50% dell’ammontare del Dividendo; nel caso venga invece dimostrato che non è stato conseguito l’effetto di localizzare i redditi nei territori a fiscalità privilegiata sarà possibile usufruire della normale imponibilità relativa ai dividendi nazionali ed esteri.
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