La cessione dei beni anche tramite la piattaforma Amazon richiede di prestare attenzione ai necessari adempimenti in materia Iva. Dopo un preliminare approfondimento in merito al concetto di commercio elettronico (diretto e indiretto) secondo la normativa italiana ed europea, l'approfondimento si pone quale obiettivo quello di analizzare la disciplina tributaria e gli adempimenti operativi necessari per gestire le cessioni di beni effettuate attraverso la piattaforma Amazon.
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Nel commercio elettronico indiretto la cessione del bene materiale avviene tramite:
Con riferimento al regime iva, nel commercio elettronico indiretto, come nelle vendite per corrispondenza, il requisito territoriale dipende dalla tipologia di operazione realizzata:
- “B2B”, in cui la cessione sarà rilevante, in linea generale, nel paese di destinazione del bene e l’imposta sarà assolta tramite il meccanismo del reverse charge;
- “B2C”con cessioni di beni effettuate da soggetti stabiliti in Italia nei confronti di privati stabiliti in altro Stato membro soggette (ex art. 7-bis del D.P.R. 633/1972) ad imposta nello Stato del cessionario (principio di destinazione), salvo che l’ammontare delle vendite a distanza effettuate dal cedente nello Stato membro di destinazione (nell’anno di riferimento e, distintamente, nell’anno precedente) sia inferiore a una specifica soglia stabilita da detto Stato (fatta salva, in ogni caso, l’opzione da parte del cedente per l’applicazione dell’imposta nel Paese di destinazione).
Si segnala inoltre che, nelle operazioni di e-commerce indiretto, il momento impositivo avviene all’atto della spedizione o della consegna della merce.
Si rimanda all'articolo sulla Prova delle vendite intracomunitarie con le novità dal 1 gennaio 2020
Cessioni intracomunitarie e Iva: le prove documentali per la non imponibilità
La cessione di servizi elettronici (quali ad esempio: software, immagini, testi, musica, film) avviene on-line in tutte le fasi (stipula, perfezionamento, pagamento e consegna) dell’operazione.
Quanto al regime iva, nel commercio elettronico diretto, si distinguono le operazioni:
- “B2B”, in cui si applica la tassazione nello Stato membro del committente, il quale provvederà ad assolvere l’imposta tramite il meccanismo del reverse charge;
- “B2C”, ove il luogo di effettuazione dell’operazione coincide con quello in cui il committente è stabilito o possiede il domicilio ovvero la residenza abituale.
Conseguentemente, per i servizi elettronici resi nei confronti di privati potranno verificarsi le seguenti situazioni:
Per quanto riguarda il momento impositivo, nelle operazioni di e-commerce diretto, si fa riferimento all’atto del pagamento.
Veniamo quindi ad esaminare come si realizzano le cessione dirette e indirette tramite Amazon:
Il trattamento fiscale di questa tipologia di operazioni si distingue, a secondo della tipologia e del luogo di residenza del cliente finale.
Nel caso in cui:
- la vendita avvenga in Italia, sia nella forma “B2C” che “B2B”, l’operazione sarà rilevante in Italia;
- la vendita a soggetto UE avvenga nella forma “B2B”, la cessione a livello italiano sarà considerata un’operazione intracomunitaria non imponibile ai sensi dell’art. 41 del D.L. 331/1993. L’iva verrà assolta dal committente tramite reverse charge nello Stato di residenza;
- la vendita a soggetto UE nella forma “B2C”, quale regola generale, l’operazione risulterà essere rilevante nel Paese di origine dei beni ad eccezione del caso in cui venga superata la soglia di Euro 100.000 (o minor importo se diversamente stabilito). In tal caso, l’operazione risulterà essere rilevante nel Paese di destinazione della merce e il cedente avrà l’obbligo di identificarsi o nominare un rappresentante fiscale.
Nel caso in cui l’operazione sia rilevante nel Paese di origine della merce, la cessione sconterà l’IVA italiana e il cedente non avrà l’obbligo di certificare l’operazione.
Nella seconda ipotesi, la cessione, a livello italiano, risulterà essere non imponibile ai sensi dell’art. 41, co. 1, lettera b) del D.L. 331/1993 e dovrà essere applicata l’IVA del paese di destinazione della merce; la fattura sarà emessa dalla società italiana indicando sia la partita Iva nazionale che quella del Paese estero in cui ci si è identificati.
- la vendita a soggetto extra UE sia nella forma “B2C” che “B2B”, l’operazione ai fini italiani risulterà essere non imponibile in quanto qualificata quale esportazione , dando prova dell'uscita della merce dalla Comunità Europea.
Per quanto riguarda l’iva:
- quando il trasferimento di beni avviene all’interno del territorio dello Stato, non vi sono particolari problematiche;
- quando, invece, il trasferimento di beni a sé stessi avviene tra due unità della stessa azienda (o presso un magazzino di terzi) poste in due Paesi diversi dell’UE le problematiche iva aumentano.
Operando con Amazon, tale situazione si verifica sovente in quanto, la piattaforma, in base ad un algoritmo interno decide dove dislocare la merce, di proprietà di terzi, nei propri magazzini europei.
In particolare:
L’art. 41, co. 2, lett. c) del D.L. 331/1993, assimila alle cessioni intracomunitarie non imponibili l’invio di beni nel territorio di altro Stato membro in “conto proprio”.
Conseguentemente, secondo tale previsione normativa un operatore nazionale che per esigenza della sua impresa invia presso un magazzino, di sua proprietà o di terzi, beni in un altro Stato membro, effettua un’operazione non imponibile assimilata alle vendite intracomunitarie. Per tale motivo l’azienda è tenuta ad adempiere agli obblighi presso il paese in cui la merce è trasferita, nominando un rappresentante fiscale ovvero identificandosi direttamente.
Per quanto riguarda gli adempimenti previsti dalla normativa italiana, la società dovrà emettere una fattura alla posizione estera ai sensi del già menzionato art. 41.
Oltre agli adempimenti previsti dalla normativa italiana, la Società dovrà provvedere all’assolvimento dell’imposta nel territorio in cui la merce viene spedita, procedendo, prima dell’invio dei beni ad identificarsi direttamente o a nominare un rappresentante fiscale.
Avvenuto il trasferimento della merce presso un magazzino sito in altro paese dell’UE, la società potrà:
1. procedere alla cessione della merce oppure;
2. far rientrare la stessa in Italia.
Nel primo caso, il trattamento fiscale (della merce situata fuori del territorio italiano) si differenzierà, in relazione alla natura del cliente finale, nel modo seguente:
- nel caso si tratti di soggetto passivo iva sarà necessario verificare, secondo la legislazione del Paese di destinazione, se la vendita debba essere assoggettata ad imposta dalla posizione iva locale dell’operatore italiano oppure si applichi il sistema del reverse charge (generalmente risulta essere adottata la seconda opzione);
- con riferimento al soggetto privato l’operazione sarà rilevante nel territorio di destinazione dei beni, con la necessità, per la società italiana, di emettere fattura utilizzando la partita iva estera e certificando l'operazione secondo la normativa in detto Paese..
Nel caso in cui la merce venga spedita nuovamente nei magazzini italiani, si verificherà, specularmente all’invio di beni all’estero, un’operazione d’acquisto intracomunitario ai sensi dell’art. 38 del D.L. 331/1993, a cui si applicheranno tutte le regole relative alle cessioni assimilate.
Si rimanda all'articolo sul Consignment stock o call of stock nella Direttiva UE con le novità dal 1 gennaio 2020.
Si segnala che, a partire dal 1° gennaio 2021, a seguito del recepimento della Direttiva UE 2455/2017, per l’e-commerce indiretto, con riferimento ai rapporti B2C all’interno dei paesi UE: