Nella redazione di un testamento occorre fare attenzione a non porre in essere un patto successorio.
L’art. 548 c.c. così dispone: “Fatto salvo quanto disposto dagli artt. 768-bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su di una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi".
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L'articolo è tratto dall'e-book Come scrivere un testamento (eBook 2019
Si rinvengono così tre diverse tipologie di patti successori:
Un esempio di patto successorio istitutivo: “Io Tizio, con la presente scrittura privata, nomino quale mio erede universale Caio che, con la sottoscrizione di questa scrittura privata, accetta [seguono firme di Tizio e Caio]”.
Un esempio di patto successorio dispositivo: “Io Tizio, con il presente atto, mi obbligo a vendere a Caio quanto erediterò dalla morte di mia madre Mevia [segue firma di Tizio]”.
Un esempio di patto successorio rinunciativo: “Io Tizio con il presente atto dichiaro di rinunciare, come in effetti rinuncio, ai miei diritti di erede che avrò al momento della morte di mia madre Mevia [segue firma di Tizio]”.
Il legislatore ha voluto evitare i patti successori, sanzionandoli con la nullità.
E questo:
Questi appena spiegati sono patti successori diretti e sono quindi nulli.
A medesime conclusioni tuttavia deve pervenirsi anche con riferimento ai cd. patti successori indiretti: i patti che costituiscono un’attribuzione indiretta a causa di morte.
Esempio: Tizio stipula con Caio un contratto con cui quest’ultimo si obbliga a trasferire, dopo la morte di Tizio, il proprio immobile ad una persona che Tizio nominerà nel proprio testamento.
Gli effetti del contratto in questo caso sono prodotti solo a causa della morte, e dopo la morte, di Tizio. Come attribuzione indiretta mortis causa essa pertanto è nulla.
Esistono tuttavia delle forme di patti successori che sono lecite e consentite dalla legge.
Si pensi alle assicurazioni sulla vita.
L’art. 1920 c.c. (“Assicurazione a favore di un terzo”) così dispone: “(i) È valida l’assicurazione sulla vita a favore di un terzo. (ii) La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore, o per testamento; essa è efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente. Equivale a designazione l’attribuzione della somma assicurata fatta nel testamento a favore di una determinata persona. (iii) Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”.
Questa è considerata come attribuzione mortis causa giacché gli effetti vengono prodotti dopo la morte dello stipulante.
E tuttavia non solo è lecita, ma è anche espressamente qualificata come iure proprio del beneficiario: tale somma di denaro che l’assicurazione erogherà al beneficiario non rientra nel relictum ereditario dello stipulante.