Il nuovo Codice della Crisi di impresa e insolvenza modifica la responsabilità degli amministratori. La previsione è contenuta nell'art. 378 del CCI che modifica l'art. 2476 del C.C. per quanto riguarda la responsabilità e l'art. 2486 C.C. per la quantificazione del danno.
In un recente convegno organizzato dal nuovo portale www.crisieinsolvenza.it dedicato al Concordato preventivo nel Nuovo Codice della Crisi tra le interessanti relazioni svolte dagli illustri relatori, il dott. Antonio Cattaneo, Senior Partner di Deloitte Financial Advisory S.r.l. ha trattato la materia della responsabilità degli amministratori e la quantificazione del danno. La relazione ha illustrato, con esemplificazioni prese da casi concreti, le scelte che il legislatore ha previsto per quantificare il danno arrecato alla società dalla prosecuzione dell'attività quando iniziano a mostrarsi i segni del dissesto.
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L'art.378 del Nuovo Codice della Crisi modifica l'art. 2476 del C.C. inserendo dopo il quinto comma il seguente: «Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi.».
La quantificazione del danno causato dagli amministratori per l'inosservanza di una corretta gestione della società, è invece contenuta nel secondo comma dell'art. 378 CCI che modifica l'art. 2486 del Codice Civile introducendo al terzo comma tre criteri:
«Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura».
Risulta pertanto che i criteri per la quantificazione del danno sono tre:
Prendiamo brevemente in esame il terzo criterio, rimandando per i primi due al materiale del Convegno scaricabile dal sito www.crisieinsolvenza.it.
Secondo la relazione del dott. Antonio Cattaneo, Senior Partner di Deloitte Financial Advisory S.r.l., in linea di principio e semplificando, i danni possono classificarsi secondo questa bipartizione:
Danni puntuali - prodotti da condotte non permanenti nel tempo, connesse alla realizzazione di singole operazioni pregiudizievoli per indebita prosecuzione dell'attività sociale
Danni incrementali - prodotti (per progressivo accrescimento) da condotte permanenti nel tempo, connesse all'indebita prosecuzione dell'attività sociale a fronte di situazioni irrisolte di perdita della continuità aziendale o di perdita del capitale sociale; sono danni incrementali quelli determinati in base ai criteri presuntivi della differenza dei netti patrimoniali e, in subordine, della differenza dell'attivo/passivo concorduale in relazione ai periodi di carca dei singoli amministratori.