In tema di attività ed investimenti detenuti all’estero, soggetti destinatari dell’obbligo dichiarativo sono, non solo i possessori diretti, ma anche i c.d. “titolari effettivi” secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, lettera pp), e dall'articolo 20 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni.
Nell’ambito della definizione di titolare effettivo particolare attenzione merita il caso in cui il contribuente è “titolare effettivo” di attività estere per il tramite di entità giuridiche, diverse dalle società, quali i trust e le società fiduciarie.
È necessario, preliminarmente fare una considerazione sulla tipologia di trust, in quanto ad essa vengono ricollegati fatti giuridici differenti:
Qualora dovesse sorgere l’obbligo di monitoraggio, il contribuente dovrà indicare il valore complessivo di tutte le attività finanziarie e patrimoniali di cui risulta essere titolare effettivo, avendo cura di predisporre e conservare un prospetto in cui devono essere specificati i valori delle singole attività.
In sostanza, verrà compilato un solo rigo del Quadro RW. Il dettaglio con i relativi calcoli, contenuti nel prospetto, deve essere conservato ed eventualmente esibito o trasmesso, su richiesta, all’amministrazione finanziaria. In presenza di più operazioni della stessa natura, il contribuente può aggregare i dati per indicare un insieme di prodotti finanziari omogenei caratterizzati, cioè, dai medesimi codici “investimento” e “Stato Estero”.
Nel caso in cui le attività finanziarie e patrimoniali estere siano detenute attraverso il contratto di intestazione fiduciaria o amministrate, attraverso il contratto di amministrazione da una Società Fiduciaria, l’obbligo di compilazione del modello RW non sorge in capo al contribuente, ma in capo alla stessa fiduciaria che provvederà sia al monitoraggio sia al versamento delle imposte IVIE e IVAFE se dovute, in qualità di intermediario.
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Infine, degno di nota, è il caso particolare del c.d. “trust inesistente”.
Ogniqualvolta il trust sia un semplice schermo formale e la disponibilità dei beni che ne costituiscono il patrimonio sia da attribuire ad altri soggetti, disponenti o beneficiari del trust, lo stesso deve essere considerato come un soggetto meramente interposto ed il patrimonio (nonché i redditi da questo prodotti) deve essere ricondotto ai soggetti che ne hanno l’effettiva disponibilità.
Come specificato nella Circolare 38/E del 23 dicembre 2013 dell’Agenzia delle Entrate l’obbligo di compilazione del quadro RW sussiste non soltanto nel caso di possesso diretto delle attività da parte del contribuente, ma anche nel caso in cui le predette attività siano possedute dal contribuente per il tramite di interposta persona. È il caso, ad esempio, di soggetti che abbiano l’effettiva disponibilità di attività finanziarie e patrimoniali “formalmente” intestate ad un trust (sia esso residente che non residente).
Al fine di individuare i casi in cui il trust deve essere considerato interposto si può fare riferimento alle fattispecie esemplificative indicate nella circolare 43/E del 10 ottobre 2009, paragrafo 1 e nella circolare n. 61/E del 27 dicembre 2010 (vedi in dettaglio nel paragrafo seguente).
Si specifica, al riguardo, che, per espresso rimando della Risoluzione n. 134/E del 30 aprile 2002 dell’Agenzia delle Entrate, analoghe considerazioni valgono in caso di investimenti all’estero ed attività estere di natura finanziaria nonché investimenti in Italia ed attività finanziarie italiane, detenute per il tramite di fiduciarie estere o di soggetti esteri fittiziamente interposti che ne risultino formalmente intestatari.
Così come previsto nella Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, ratificata senza riserva nel nostro ordinamento con legge 16 ottobre 1989, n. 364, gli elementi essenziali caratterizzanti i trust sono i seguenti:
Per effetto della predetta ratifica possono essere riconosciuti effetti giuridici in Italia ai trust costituiti secondo la legge di uno Stato che lo preveda nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico.
Tuttavia, il riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico dei trust costituiti sulla base della legislazione interna di uno Stato estero, nonché di quelli “atipici” costituiti in Italia, non opera in ogni caso, bensì soltanto ed esclusivamente per quelli riconosciuti come tali ai sensi della citata Convenzione. Più precisamente, viene riconosciuta la validità giuridica solo agli istituti connotati dagli elementi distintivi che caratterizzano i trust come sopra elencati.
In sostanza, quindi, i beni facenti parte del patrimonio del trust non possono continuare ad essere a disposizione del disponente né questi può in nessun caso beneficiare dei relativi redditi.
Non possono, quindi, essere considerati validamente operanti, sotto il profilo fiscale, i trust che sono istituiti e gestiti per realizzare una mera interposizione nel possesso dei beni dei redditi.
È il caso, ad esempio, dei trust nei quali l’attività del trustee risulti eterodiretta dalle istruzioni vincolanti riconducibili al disponente o ai beneficiari.
Inoltre, i essenziale importanza è l’effettivo potere del trustee di amministrare e disporre dei beni a lui effettivamente affidati dal disponente.
Ne consegue che quest’ultimo non può riservare a sé stesso il potere né il controllo sui beni del trust in modo da precludere al trustee il pieno esercizio dei poteri dispositivi a lui spettanti in base al regolamento del trust o alla legge.
Se, pertanto, il potere di gestire e disporre dei beni permane in tutto o in parte in capo al disponente e ciò emerge non soltanto dall’atto istitutivo del trust ma anche da elementi di mero fatto e non si verifica, quindi, il reale spossessamento di quest’ultimo, il trust deve considerarsi inesistente dal punto di vista dell’imposizione dei redditi da esso prodotti. In altri termini, in tali casi il trust viene a configurarsi come struttura meramente interposta rispetto al disponente, al quale devono continuare ad essere attribuiti i redditi solo formalmente prodotti dal trust.
Ciò comporta che tali redditi saranno assoggettati a tassazione in capo al disponente secondo i principi generali previsti per ciascuna delle categorie reddituali di appartenenza.
Come anche precisato nella circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009, sono da ritenere inesistenti in quanto interposte le seguenti tipologie di trust:
In tali casi la dichiarazione deve essere presentata dal soggetto, disponente o beneficiario, che è l’effettivo possessore dei beni (Circolare 61/E del 27 dicembre 2010 dell’Agenzia delle Entrate, come richiamate nella Circolare 38/E del 23 dicembre 2013 dell’Agenzia delle Entrate).