Per mezzo della procedura delle indagini finanziarie l’Amministrazione finanziaria può procedere, a seconda delle risultanze emerse, alla ricostruzione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA di un contribuente.
Come recentemente specificato dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza 104/2019, il destinatario delle indagini finanziarie non deve essere necessariamente titolare solo di redditi da lavoro autonomo o d’impresa, ma può avere anche solo redditi da lavoro dipendente.
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Il tema delle indagini finanziarie, oggetto di approfonditi studi in dottrina e di numerosi arresti giurisprudenziali di merito e di legittimità, è stato ampiamente trattato nel documento di prassi operativa della Guardia di Finanza noto come “Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali” . (circolare n. 1/2018).
Nel Manuale in questione viene specificato, tra l’altro, come la ricostruzione della base imponibile ai fini delle imposte dirette e dell’IVA possa basarsi efficacemente sull’analisi della documentazione bancaria e finanziaria di un dato contribuente oggetto di controllo (o dei soggetti che hanno intrattenuto con esso rapporti di natura commerciale o professionale), proprio perché questa documentazione riveste una rilevanza prioritaria rispetto ad altri elementi afferenti il soggetto ispezionato.
La documentazione bancaria, difatti, consente di definire l’effettiva disponibilità di risorse finanziarie, nonché la reale natura di determinate operazioni.
La procedura ispettiva in argomento, che sul piano normativo si fonda su quanto disposto dagli artt. 32, comma 1 del D.P.R. n. 600/1973 e n. 51, comma 2 del D.P.R. n. 633/1972, prevede un particolare regime probatorio, di tipo presuntivo, attribuito ai dati e alle notizie rilevabili dalla documentazione bancaria e finanziaria acquisita dall’organo di controllo (che può richiedere appunto agli enti creditizi e finanziari “dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi”).
In tal senso la presunzione legale in parola opera, ai fini delle imposte dirette, nel seguente modo: “I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell'articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai sensi dell'articolo 18, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili”.
Come anticipato in premessa, con la recente ordinanza n. 104 del 4 gennaio 2019 la Corte di Cassazione ha affrontato un ricorso presentato da un contribuente che è stato oggetto di indagini finanziarie, seppur titolare di soli redditi da lavoro dipendente.
Nel caso di specie, il contribuente lamentava una ricostruzione reddituale effettuata sul suo conto per l’anno 2006. La ricostruzione era basata sull’assunto che lo stesso aveva conseguito redditi diversi non dichiarati risultanti da movimentazioni bancarie rilevate per mezzo di indagini finanziarie appositamente effettuate.
Di diverso avviso la Suprema Corte, secondo la quale l’onere di superare la presunzione legale posta dagli artt. 32 del D.P.R. n. 600/1973 e 51 del D.P.R. n. 633/1972 è in capo al contribuente, che deve dimostrare analiticamente l’estraneità di ciascuna delle operazioni bancarie a fatti imponibili.
In base a quanto rilevato dalla Corte, tale dimostrazione non risulta essere avvenuta ed oltre a ciò l’elemento rilevante ai fini della decisione della Corte è che sul piano soggettivo i destinatari della procedura delle indagini finanziarie non sono solo i contribuenti imprenditori e/o i lavoratori autonomi, atteso che la presunzione legale normativamente prevista ha portata generale.
Per tale ragione gli ermellini, in questa ordinanza di inizio 2019, hanno affermato che la qualifica di lavoratore dipendente da parte del contribuente oggetto di indagini finanziarie non assume alcuna rilevanza, avallando così quanto già stabilito dalla Commissione Tributaria Regionale che aveva rigettato l’appello presentato del contribuente in questione, ovvero che anche in tali casi spetta al contribuente l’onere di provare la provenienza del reddito e quali siano gli elementi che lo caratterizzano (quindi se già tassato o se non soggetto a tassazione).