Come è stato evidenziato nei contributi già editi, nel presente portale, sulla tematica afferente alla nuova disciplina delle procedure concorsuali, in corso di definizione parlamentare, il commercialista riveste un ruolo chiave in ogni singola fase, sia in quanto professionista titolare del rapporto di consulenza ed assistenza con l’impresa che, eventualmente, come organo della procedura. Tale posizione di rilievo viene confermata anche negli aspetti processuali delle nuove norme sulle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, dove viene riservata una parte fondamentale al commercialista, che si affianca e coordina con gli ulteriori attori, come giudici ed avvocati, nel raffigurato palcoscenico giudiziario.
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Competenza (articoli 27 e 28). Ai fini della disciplina della competenza territoriale, il legislatore interno ha recepito la nozione definita dall’ordinamento dell’Unione europea come “centro degli interessi principali del debitore”. La competenza per i procedimenti di accertamento della crisi e dell’insolvenza viene attribuita al Tribunale che è dunque competente “per materia” rispetto ad altri organi della giurisdizione ordinaria. Inoltre, in attuazione di uno specifico principio contenuto nella delega (articolo 2, comma I, lettera n), è previsto che non tutti i Tribunali siano competenti per ogni genere di procedimento, bensì:
Si stabilisce, inoltre, che la competenza “territoriale” spetta al Tribunale del luogo ove si trova il centro degli interessi principali del debitore, definito nella stessa norma, tenuto conto della categoria di appartenenza del debitore e, individuato, in una prospettiva di semplificazione, attraverso il ricorso a presunzioni assolute. Consegue che, il “centro degli interessi principali del debitore”, viene presunto coincidente:
Nell’individuazione della competenza non ha rilevanza il trasferimento della sede del centro di interessi principale avvenuto nell’anno antecedente.
Cessazione dell’attività (articolo 33). Il legislatore della riforma ha regolamentato la peculiare ipotesi di cessazione dell’attività in modo unitario, sia per l’imprenditore individuale che per quello collettivo: la liquidazione giudiziale può essere aperta entro un anno decorrente dalla cessazione dell’attività del debitore qualora l’insolvenza si sia manifestata anteriormente alla stessa, ovvero entro l’anno successivo. Per gli imprenditori la cessazione dell’attività viene identificata con la cancellazione dal registro delle imprese, tuttavia per i debitori non iscritti la cessazione coincide col momento in cui i terzi ne abbiano avuto conoscenza. Nella finalità di facilitare le operazioni di notificazione di eventuali azioni ad opera di terzi, si impone all’imprenditore di mantenere attivo l’indirizzo di posta elettronica certificata per tutto l’anno successivo rispetto alla cancellazione. Viene inoltre precisato che l’imprenditore cancellato dal registro delle imprese non può intentare ricorso né al concordato preventivo né all’accordo di ristrutturazione dei debiti, poiché la relativa domanda risulterebbe soggetta alla declaratoria di inammissibilità.
Modello processuale unitario (articolo 37). Uno dei meriti indiscussi della riforma in commento, è quello di aver predisposto un unico modello processuale finalizzato all’accertamento dello stato di crisi ovvero dell’insolvenza del debitore. Quanto alle istanze:
- il debitore,
- gli organi e le autorità amministrative aventi funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa,
- uno o più creditori,
- il pubblico ministero.
Esordio dei procedimenti. La riforma ha assegnato una preponderate centralità alla figura del pubblico ministero (articolo 38), il quale risulta legittimato a presentare il ricorso finalizzato all’apertura della liquidazione giudiziale in ogni caso in cui abbia avuto notizia dell’esistenza di uno stato di insolvenza. A ciò si aggiunga che qualsiasi autorità giudiziaria, che abbia rilevato lo stato di insolvenza nel corso di un procedimento, è obbligata a segnalare la situazione al pubblico ministero.
Nelle fattispecie di accesso ad una procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza, sul debitore ricade l’onere di depositare la specifica documentazione elencata all’articolo 39. Importanza fondamentale assume la certificazione sulla situazione debitoria concernente i debiti, come quelli tributari e contributivi, ovvero i premi assicurativi. La concreta traduzione del dovere di lealtà attiva, enunciato all’articolo 4, risiede nella previsione che il debitore debba dar conto degli atti di rilevante disposizione, cioè di straordinaria amministrazione compiuti nei cinque anni antecedenti, termine corrispondente a quello di prescrizione dell’azione revocatoria ordinaria, in modo da acquisire ogni elemento idoneo a permettere le valutazioni di convenienza sulle sue proposte.
L’istanza volta all’accertamento dello stato di crisi e di insolvenza va proposta mediante atto di ricorso, il quale, sottoscritto dal difensore munito di procura, deve indicare:
Notificazioni (articolo 40). La notificazione del ricorso avviene in modalità telematica, costituendo la regola generale per l’instaurazione del contraddittorio. Nel contempo il legislatore ha previsto una clausola di garanzia per i casi ove la notifica non risulti possibile oppure sia negativa per causa non imputabile al destinatario. In tale ipotesi la notifica va eseguita esclusivamente di persona, ai sensi dell’articolo 107, comma I, DPR n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese o, per i soggetti non iscritti, presso la residenza anagrafica. Ulteriormente, se la notificazione non possa essere compiuta con le descritte modalità, si esegue attraverso il deposito dell’atto nella casa comunale della sede risultante dal registro delle imprese, ovvero della residenza per i soggetti non iscritti, perfezionandosi nel momento del deposito. Circa le persone fisiche non obbligate a munirsi di un domicilio digitale, sarà necessario dar atto del deposito anche attraverso l’affissione dell’avviso in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio, ovvero per raccomandata con avviso di ricevimento.
Apertura della liquidazione giudiziale (articolo 41) ed intervento (articolo 43). Il procedimento finalizzato all’apertura della liquidazione giudiziale, può essere attivato dietro specifica istanza:
I terzi che vantano la legittimazione a proporre l’istanza, nonché il pubblico ministero, possono esercitare l’intervento nel procedimento, finquando la causa non è stata rimessa per la decisione. In ipotesi di rinuncia alla domanda, il pubblico ministero, al quale sia stato comunicato il provvedimento di estinzione della procedura, può richiedere la liquidazione giudiziale.
Accesso ad ulteriori procedimenti (articoli 44, 45, 46, 48, 49). Il legislatore ha previsto disposizioni specifiche per la disciplina all’accesso al concordato preventivo e al giudizio per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione, nonché l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale.
Nomina di esperti. Con riferimento alla sentenza di apertura di liquidazione giudiziale, si segnala che il giudice è in facoltà di nominare, qualora lo ritenga utile, unitamente al curatore, pure uno o più esperti deputati all’esecuzione di compiti specifici, con l’obiettivo di garantire maggiore efficienza e celerità alla procedura. Ad esempio, al curatore viene affiancato un professionista incaricato della liquidazione di determinati beni fin dalla fase iniziale della procedura dell’esercizio provvisorio dell’impresa.
Reclamo (articolo 50) ed impugnazioni (articolo 51). Il provvedimento (che prende forma di decreto) emanato dal Tribunale ed attraverso il quale rigetta la domanda di apertura della liquidazione giudiziale risulta impugnabile, attraverso reclamo, innanzi alla Corte di Appello. Il Giudice d’appello può dichiarare aperta la liquidazione giudiziale in ipotesi di accoglimento del reclamo, quindi rimettere gli atti al Tribunale per l’emanazione degli opportuni provvedimenti. Il decreto della Corte di appello col quale viene rigettato il reclamo non risulta ricorribile per cassazione poiché la domanda è riproponibile. Va inoltre evidenziato che la novella normativa tende a dissuadere dall’eventuale proposizione di impugnazioni pretestuose ovvero dilatorie, statuendo che il giudice dichiara, con la sentenza che decide l’impugnazione, (e salvo quanto previsto dall’articolo 96 del codice di rito civile), se la parte soccombente ha agito oppure resistito con mala fede o colpa grave. Al contempo il giudice revoca, con efficacia retroattiva, l’eventuale provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello stato. A ciò si aggiunga che il giudice può condannare in solido, con la società o con gli enti, il legale rappresentante:
Accoglimento del reclamo (articoli 52 e 53). L’articolato opera una diversificazione:
- assolvere gli obblighi informativi periodici relativi alla gestione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa,
- depositare una relazione sulla condizione economica, patrimoniale e finanziaria.
Qualora la Corte d’Appello rilevi la violazione di tali obblighi, può privare il debitore della possibilità di porre in essere atti di amministrazione ordinaria e straordinaria.