Speciale Pubblicato il 01/11/2018

Tempo di lettura: 24 minuti

Il trust per l’impresa e il sociale

di Dott. Vincenzo Crusi

Questioni controverse sul Trust: Trasformazione eterogenea regressiva da società in trust e la Liquidazione volontaria di società commerciale



Relazione del dott. Vincenzo Crusi al Convegno che si è tenuto il 17 ottobre 2018 a Milano Auditorium San Fedele, dedicato al Trust per l'Impresa Sociale.

Iniziativa coordinata da:

Marzia Provenzano -  Vice Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano

Vincenzo Crusi -  Componente del Comitato scientifico della Fondazione Odcec di Milano - Componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione “Il trust in Italia

Ecco il ricco programma del convegno:

Trust & Imprese
Momenti di riflessione sulle opportunità che l’istituto del trust realizza per il mondo delle imprese nel panorama delle operazioni societarie quali la Trasformazione, la Liquidazione volontaria, la Destinazione di patrimonio per singolo affare o scopo, il Passaggio generazionale delle imprese di famiglie.

A quale trust pensa il regolatore internazionale
Maurizio Lupoi, Professore Emerito di sistemi giuridici comparati nell’Università degli Studi di Genova - Presidente della Corte per il trust e i rapporti fiduciari della Repubblica di San Marino - Presidente Associazione “Il trust in Italia”

Il trust quale strumento giuridico ordinamentale
Antonio Privitera, Notaio in Milano

Passaggio generazionale delle imprese di famiglia; Trust di famiglia o Patto di famiglia?
Edoardo Rinaldi, Notaio in Milano

Integrazione fra statuto sociale e atto istitutivo di trust
Alberto Lupoi, Avvocato in Roma - Professore associato di diritto bancario e del mercato finanziario nella Università degli Studi di Padova

Trasformazione eterogenea regressiva da società in trust (Questione controversa) e Liquidazione volontaria di società commerciale (Quale tutela per il creditore insoddisfatto? Il trust saprebbe fare meglio?)
Vincenzo Crusi, Dottore Commercialista - Economista - Componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione “Il trust in Italia”

Trust in appoggio a procedure paraconcorsuali e concorsuali. Questione controversa
Mariacarla Giorgetti, Professore Ordinario di Diritto Processuale Civile Unibg

Il contratto di affidamento fiduciario
Giampaolo Marcoz, Notaio in Aosta - Membro del Consiglio Nazionale del Notariato - Componente del Consiglio direttivo dell’Associazione “Il trust in Italia” designato dal Consiglio Nazionale Notariato

I Patrimoni destinati ad uno specifico affare ex Art. 2447/bis C.C. (Il trust saprebbe fare meglio?)
Mariacarla Giorgetti, Professore Ordinario di Diritto Processuale Civile Unibg

Trust & Sociale
Momenti di riflessione sulle opportunità che lo strumento del trust offre in ambito sociale e caritatevole

Legge sul Dopo di Noi
Francesca Romana Lupoi, Avvocato del Foro di Milano - Vice Presidente Associazione “Il trust in Italia”

Enti del terzo settore e trust
Maria Nives Iannaccone, Notaio in Seregno

Trustee & Adempimenti
Momenti di riflessione sugli obblighi e sanzioni a cui è sottoposto un trustee in ambito di scambio informazioni finanziarie, Privacy e Antiriciclaggio

Il Registro dei trust in Europa: differenti culture, lingue, tradizioni e tanto “caos”
Igor Valas, Avvocato in Torino - Componente del Consiglio direttivo dell’Associazione “Il trust in Italia”, Presidente del Comitato di gestione del Registro dei Trustee e dei Guardiani professionali dell’Associazione “Il trust in Italia”

Il Trustee e lo scambio di informazioni (CRS e FTCA)
Giuseppe Corasaniti, Professore di Diritto Tributario nella Università degli Studi di Brescia

Il Trustee e gli adempimenti in ambito MIFID 1 e 2
Edoardo Guffanti, Dottore Commercialista in Milano

Il Trustee e la Privacy alla luce del GDPR
Emanuela Garlaschelli, Dottore Commercialista in Milano

Il trustee e gli adempimenti antiriciclaggio IV direttiva e sue modifiche in atto
Carla Giuliani, Avvocato del Foro di Milano - Presidente Commissione Antiriciclaggio dell’Associazione “Il trust in Italia”

Le violazioni di Legge del Trustee inadempiente in ordine agli adempimenti CRS, FATCA,MIFID, GDPR, ANTIRICICLAGGIO
Roberto Maniscalco, G.D.F. Tenente Colonnello - Comandante del gruppo Tutela dei Capitali del Nucleo di Milano

DAC 5, FATCA E CRS: I nuovi poteri istruttori
- Accesso da parte delle Autorità fiscali ai dati in materia di riciclaggio: poteri modalità;
- Obblighi generali di due diligence e comunicazione all’Agenzia delle Entrate: esempi e casistiche;
- La Direttiva 2016/2258 “DAC5” e lo scambio di informazioni in materia fiscale tra gli Stati.
Giuseppe Malinconico, D.R.E. Divisione Contribuenti - Settore Contrasto Illeciti - Sezione Analisi e Strategie per il Contrasto agli illeciti fiscali internazionali

Di seguito pubblichiamo la relazione del dott. Vincenzo Crusi
 

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Trasformazione eterogenea regressiva e Liquidazione Volontaria mediante Trust

La questione della Trasformazione Eterogenea Regressiva da società in trust ex art. 2500-septies e la questione della Liquidazione Volontaria ex art 2448 mediante trust, scontano ambedue quella cattiva reputazione e, dunque, il pregiudizio che esso in effetti portava con se fino a qualche lustro fa ma che ancora oggi serpeggia in taluni ambienti, facendo risultare la prima incomprensibilmente controversa in ragione della non espressa indicazione nel novero delle fattispecie elencate, sebbene altri, e consimili, istituti ne facciano parte come le Fondazioni, con le quali il trust ha uno stretto legame analogico in relazione al patrimonio destinato, e le Comunioni di Aziende, con le quali il trust condivide non solo la non soggettivazione giuridica ma anche la comunanza di beni. Non si colgono, tampoco si intuiscono, ragioni preclusive o di deliberata esclusione dell’ente.

Ebbene, questa mia relazione, trae spunto da una singolare Sentenza del Tribunale di Roma, Ufficio del Giudice del Registro delle Imprese, del 20/07/2017, n. 6934, la quale ha catturato la mia attenzione sia per i fatti con i quali è giunto a convincimento, sia per aver svolto un vaglio di merito che non gli è proprio più che un controllo formale degli atti a corredo della pratica di scrizione della delibera di trasformazione regressiva, al quale controllo invece è preposto ai sensi dell’Art. 2188 C.C. col che è istituito il registro delle imprese per le iscrizioni previste dalla legge tenuto sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale, infatti, il successivo Art. 2189 C.C. statuisce le modalità dell'iscrizione la quale avviene su domanda sottoscritta dall'interessato e prima di procedere all'iscrizione, l'ufficio del registro, deve accertare l'autenticità della sottoscrizione e il concorso delle condizioni richieste dalla legge per l'iscrizione, ossia, individua dettagliatamente gli accertamenti rimessi al Registro delle imprese ex Art. 11, VI C. del D.P.R. n. 581/1995 e ne accerta:

  1. l’autenticità delle sottoscrizioni della domanda;

  2. la regolarità della compilazione del modello di domanda;

  3. la corrispondenza dell’atto o del fatto del quale si chiede l’iscrizione a quello previsto dalla legge;

  4. l’allegazione dei documenti dei quali la legge prescrive la presentazione;

  5. il concorso delle altre condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione”.

Ecco dunque che il Giudice del Registro ha la funzione di vigilanza sull’operato dello stesso ufficio e, in tema di cancellazione d’ufficio, l’Art. 2191 C. C., fa riferimento al controllo di legalità, con esclusione evidentemente d’indagine e di sindacato dei documenti a corredo dell’atto della cui iscrizione si tratta.

Sul punto vale la pena segnalare il Tribunale di Napoli con plurime sentenze.

Quindi, il richiamato tribunale accoglieva la richiesta dell’Ufficio del Registro delle Imprese di cancellazione per impossibilità della iscrizione della delibera in quanto non espressamente prevista dalla legge. (Addirittura, si prende atto, in questo sentenza, che nessuno Organo fa ciò per cui è preposto, ossia, l’Ufficio entra nel merito in luogo del controllo formale dei documenti a corredo della pratica di iscrizione della trasformazione, e, il Giudice accoglie la impropria e indebita richiesta dell’ufficio in luogo del controllo dell’operato dello stesso Ufficio il quale come di tutta evidenza ha esorbitato dalle sue funzioni istituzionali).

Val la pena ribadire, dunque, che a tale conclusione il richiamato Tribunale del Registro giunge all’esito di una valutazione di impossibilità della liquidazione mediante trust, la quale, nel caso di specie, a tutto voler concedere, non era lo scopo della Trasformazione eterogenea regressiva in trust, men che meno quello del trust nascente, ma solo lo status in cui versava la società al momento della trasformazione, peraltro ammessa dalla stessa Legge delega.

Il caso

Il notaio rogante, chiedeva l’iscrizione nel registro delle imprese della richiamata deliberazione di trasformazione regressiva in trust, la quale prevedeva, tra l’altro:

  1. che i beneficiari del trust fossero i soci;

  2. che la Legge Regolatrice fosse quella di Jersey;

  3. che la durata del trust nascente fosse di 60 anni;

  4. che il fine fosse quello della migliore e ordinata liquidazione nel rispetto della par condicio creditorum;

  5. che il fondo da attribuire ai beneficiari, al termine finale di durata, fosse l’eventuale residuo della liquidazione;

Veniva dato atto, altresì (per quanto non fosse chiaro l’Art. 2498 C. C.), che, per effetto della trasformazione, le obbligazioni esistenti in capo alla società -ante trasformazione- continuavano a permanere in capo al trust fino all’integrale soddisfacimento dei creditori sociali, sicché….il ceto creditorio, non riceveva nocumento alcuno, semmai riceveva un quid pluris (come vedremo più avanti) rispetto alla liquidazione della società ove questa si fosse compiuta mediante i soli canoni del codice civile.

Nella sostanza, e qui mi riferisco al secondo punto della mia relazione, la liquidazione volontaria di una società, ove compiuta mediante trust, conferisce maggiori garanzie al creditore più di quanto non potesse fare il solo codice civile mancando in esso la destinazione del patrimonio liquidatorio a tutto vantaggio dei creditori.

Ed allora, indubbio appare il carattere speciale ed evolutivo della norma in esame ancorché inattesa, devo dire, in fatti, nel mentre in epoca anteriforma non era immaginabile, tampoco prevedibile, una evoluzione di tal portata, attesa la sacralità delle norme ordinamentali, in epoca postriforma, al contrario, lo scenario è inaspettatamente mutato alla luce delle diverse deroghe ordinamentali operate dal nostro legislatore, in primis:

Il novellato articolo 2500-septies del codice civile, istituito in forza del D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (G.U. 22 gennaio 2003, S.O. n. 89), entrato in vigore l’1/1/2004, consente ineludibilmente, come mai prima, una trasformazione in aderenza alla quale il punto di partenza è una società commerciale, mentre il punto di arrivo è una delle fattispecie ivi elencate, ossia: Consorzi, Società Consortili, Società Cooperative, Comunioni di Azienda, Associazioni Non Riconosciute, Fondazioni, novero questo, nel quale, come di tutta evidenza, non emerge il nomen juris del trust, potendolo tuttavia scorgere laddove ci accorgiamo che non gli è fatto espresso divieto, ed in fatti, è pensiero largamente condiviso in dottrina secondo il quale il legislatore della riforma dell’epoca non ha inteso negare l’accesso al trust per non averlo espressamente precluso, ed allora, l’idea per la quale, il mancato inserimento nel perimetro sarebbe stato mosso da valutazioni preclusive dell’istituto, come par di cogliere in talune analisi non del tutto convincenti, per non godere della soggettivazione giuridica, non può trovare accoglimento laddove si consideri al contrario che la Comunione d’Azienda, anche’essa priva di detta soggettivazione, è annoverata a pieno titolo; pertanto, ragionevolmente, si è portati a ritenere che, in via analogica, una trasformazione eterogenea regressiva in trust, non solo è condivisibile ma è anche ammissibile.

Di tale tenore, in fatti, è il ben argomentato Studio n. 17-2013/I del Consiglio Nazionale del Notariato, col che esplicita il carattere estensivo della norma al contrario dell’evidente carattere restrittivo ed anche repressivo di alcune Sentenze specie nella parte in cui esse esaltano il carattere impossibile della trasformazione in trust liquidatorio -a tutto detrimento del valente carattere socio-economico della norma- alla luce anche dell’indiscussa mutabilità causale dell’ente in trasformazione desumibile tanto dalla ammissibile regressione in un ente diverso come la Comunione d’Azienda, la Fondazione o la Associazione Non Riconosciuta, quanto specularmente dalla ammissibile progressione di quest’ultime in società con la sola eccezione per l’Associazione non Riconosciuta, la quale, in sede di trasformazione eterogenea progressiva, deve guadagnare il riconoscimento.

Preliminarmente, debbo ricordare, in questa sede, che l’art. 7 della Legge Delega, per la riforma societaria, segnatamente in tema di trasformazione, stabilisce alcuni principi fondamentali tali da essere tenuti in debito conto in sede di stesura dell’articolato, quali: la Semplificazione, il Favor procedurale, la Economicità, le Condizioni e i Limiti delle stesse, nonché, la tutela, tanto dei creditori, ai quali è consentito proporre opposizione, quanto dei soci di minoranza dissenzienti, ai quali è consentito loro il recesso; elementi tutti questi, idonei a favorire la trasformazione, e, a tutela della quale, peraltro, viene chiamata in soccorso la norma sulla continuità dei rapporti giuridici ex art. 2498, terzo comma, ultima parte, c.c., chiarendo altresì, che la continuazione afferisce tanto i rapporti processuali dell’ente trasformato quanto una eventuale procedura concorsuale vigente al momento della trasformazione salve le ipotesi concrete di conflitto con le finalità o lo stato della procedura.

Allo stesso modo, la relazione di accompagnamento alla Legge Delega, per esigenze di economia degli atti negoziali, incoraggiava la realizzazione di una procedura di trasformazione in un unico procedimento con unico passaggio, e, per tal cagione, insisteva per la permanenza, in capo all'ente trasformato, dei diritti e obblighi e ciò in aderenza a orientamenti, anche giurisprudenziali, i quali, insistono sulla opportunità di una siffatta trasformazione quale strumento generale di risoluzione di POSSIBILI ed EVENTUALI conflitti nelle operazioni di cambiamento della forma giuridica delle imprese.

E’ ben vero, evidentemente, che le sentenze contrarie non si soffermano affatto sul carattere innovativo ed estensivo della riforma in ambito di trasformazione eterogenea regressiva, tanto si desume alla luce della asettica e rigida applicazione dell’art. 2500-secties nel cui novero delle fattispecie non emerge il trust e tanto, come di tutta evidenza, non a fini preclusivi, come par di scorgere non emergendo espressi divieti dell’istituto, quanto piuttosto per non essere stato oggetto di valutazione alcuna del legislatore, avvenuta la quale, ragionevolmente, una posizione in quel senso sarebbe dovuta emergere.

In fatti, una attenta lettura della relazione di accompagnamento alla legge delega per la riforma del diritto societario del 3 ottobre 2001, n. 366, conferma la esattezza della interpretazione in senso favorevole alla estensione nella parte in cui il Legislatore tanto nella trasformazione omogenea quanto in quella eterogenea si limita a disciplinare le fattispecie più significative e ampiamente diffuse come, all’epoca, non poteva certamente essere il trust a distanza di dopo poco più di 10 anni dal suo ingresso nel nostro ordinamento, nel quale periodo la pratica professionale in tema era pressoché esigua, e dunque, non precludendo espressamente all’interprete la facoltà di regolamentare altre ipotesi consimili, come, giusta peraltro la Massima n. 20 del Consiglio Notarile di Milano,:

Dunque, le attenzioni del Tribunale, in quelle sentenze a cui facevo riferimento, evidentemente, sono state orientate non già ad una visione estensiva della trasformazione eterogenea regressiva in trust, in aderenza peraltro alla stessa ratio della Delega, quanto piuttosto a una visione restrittiva alla luce del fatto che la trasformanda società (in liquidazione) prevedeva la regressione in trust (e, dunque, ad interpretazione dello stesso tribunale, in trust liquidatorio), il quale, a mio modo di pensare, non rilevava in quel contesto, ciò in quanto lo scopo della trasformazione non era la messa in liquidazione volontaria ex Art. 2484 bensì la volontà di mutamento causale dell’ente in trasformazione.

Nella fattispecie, dunque, non v’è chi non veda, come il Tribunale del Registro abbia inteso seguire il solco tracciato dal Tribunale di Milano con la Sentenza n. 8851/2013 sezione specializzata in materia di impresa, il quale non ammette la cancellazione della società dal registro ex art 2495, tanto da decretarne la cancellazione dell’iscrizione della cancellazione ex art 2191 c.c., allorché la liquidazione fosse avvenuta mediante la cessione dell’intero patrimonio societario al trust ritenendo nulla la cancellazione della società dal registro imprese difettando del requisito di cui all’Art. 2492 c.c., ossia per inidoneità del documento del bilancio finale di liquidazione, approvato dai socie e depositato dai liquidatori, ma, ritenuto essere apparente presentando esso solo il nomen juris e non anche la substantia) argomento questo, meritevole di dibattito alla luce delle note posizioni della Cassazione la quale preclude in radice ogni possibilità di reviviscenza della società cancellata.

Liquidazione volontaria di società commerciale

(Quale tutela per il creditore insoddisfatto? il trust saprebbe fare meglio?)

Ma, riprendiamo a riflettere, ora, sulla sentenza del tribunale del registro di Roma non fosse altro per non lasciar privo di dibattito un giudicato (per quanto rispettabile), al quanto forzato, il quale, assume, essere impossibile la Trasformazione Eterogenea in trust e inammissibile la Liquidazione Volontaria della società (ambedue condizioni non sottoposte al vaglio).

In sintesi, la sentenza in commento fonda il convincimento su due ordini di ragioni, il primo sulla inammissibilità della trasformazione eterogenea regressiva da società in liquidazione in trust liquidatorio, passaggio questo come abbiamo visto non precluso dalla riforma, la quale peraltro come noto, ha inteso affermare il principio della continuità dei rapporti in capo all’ente trasformato, consentendo anche, in via analogica, la trasformazione di quella società in procedura concordataria salvo le ipotesi di reale conflitto; il secondo,,, peraltro più volte arrestato allo stesso modo,,, sulla inidoneità del bilancio finale di liquidazione in quanto ritenuto solo apparente, bilancio questo, si badi bene, approvato dalla assemblea dei soci.

Segnalo, ancor prima di esporre le ragioni di questa seconda parte del mio intervento, che il giudicante, (cosi reca la sentenza) -a suo giudizio e senza peraltro motivazione di tale scelta- non ha ritenuto applicare il principio di economicità degli atti negoziali, ancorché voluto dalla riforma, il quale vuole che: “se ad un determinato risultato può giungersi attraverso un procedimento indiretto, ossia,

1° Atto: messa in liquidazione della società;

2° Atto: trasferimento degli immobili ai soci;

3° Atto: istituzione del trust;

4° Atto: nuovo trasferimento degli immobili al trust.)

non si comprendono le ragioni per le quali non si possa giungere per via diretta mediante un solo Atto, ossia: la trasformazione eterogenea regressiva in trust, al pari di quella in Comunione di Azienda.

Ma torniamo sull’argomento dunque, come a tutti noto, la procedura di liquidazione consta di tre step:

Il primo è dell’accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento della società e relativa pubblicità (Artt. 2484 e 2485 C.C.) per il quale la gestione dell’impresa è affidata agli amministratori fino alla data di pubblicazione della nomina dei liquidatori;

Il secondo è della nomina dei liquidatori e del procedimento di liquidazione vero e proprio (Art. 2486 e 2487-bis C.C.) nel corso del quale vengono messe in atto diverse operazioni lasciate alla discrezionalità e libero esercizio delle prerogative di questi volte alla realizzazione di attivo per estinguere passivo e, dunque, all’esito, ripartire l’eventuale residuo fra soci. Tale operazione decorre dalla data di pubblicazione della nomina dei liquidatori fino al deposito del bilancio finale di liquidazione ed all’esecuzione del piano di riparto (Artt. 2487-2494 C.C.);

Il terzo, ed ultimo, è della estinzione della società a seguito della sua cancellazione dal Registro delle Imprese e deposito dei libri contabili e sociali (Artt. 2495 e 2496 C.C.);

Orbene, riflettendo sull’assunto, del giudicante, per il quale la liquidazione non può dirsi compiuta mediante la cessione in blocco del patrimonio ad un trust, emerge, che ciò, non trova riscontro nel C.C. potendo altresì considerare, al contrario, compiuta la fase della liquidazione dal momento che vi è stata proprio quella cessione in blocco degli asset attivi e passivi, a nulla valendo astrattamente, se tale fenomeno sia avvenuto in plusvalenza, in minusvalenza o in neutro, avendo, essi liquidatori, valutato responsabilmente la convenienza e la portata dell’operazione tesa alla soddisfazione, per quanto possibile, del ceto creditorio e dei soci, i quali ultimi potranno a ben vedere opporsi in sede di approvazione del bilancio di liquidazione e, dunque, entro i 90 gg. successivi opporre reclamo avverso tale deliberazione.

Nel caso in esame, nel quale la cessione avveniva in favore di un trust a fini liquidatori, vi è di più per essi creditori sociali, ossia la reviviscenza dei loro diritti in una nuova veste giuridica quella appunto di beneficiari determinati, secondo il correlato grado di privilegio, ai quali tutti è attribuito il fondo in trust ovvero il ricavato della liquidazione. .

Vorrei ricordare, per quanto pleonastico in questa sede, che la disciplina della materia regolata dal C. C., in particolare prevede all’art. 2489 che i liquidatori hanno il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società e che debbono adempiere i loro doveri con la professionalità e diligenza richieste dalla natura dell'incarico, e, la loro responsabilità per i danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri è disciplinata secondo le norme in tema di responsabilità degli amministratori;

l’art 2491 C.C. dispone che i liquidatori sono personalmente e solidlmente responsabili per i danni cagionati ai creditori sociali con la violazione delle disposizioni;

l’Art. 2492 C.C. detta regole per il Bilancio finale di liquidazione ossia compiuta la quale (ndr. lasciata alle prerogative dei liquidatori) i medesimi devono redigere il bilancio finale, indicando la parte spettante a ciascun socio o azione nella divisione dell'attivo. Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori, è accompagnato dalla relazione dei sindaci e del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti (ove esistenti), ed è, in fine, depositato presso l'ufficio del registro delle imprese. 

Nei novanta giorni successivi all'iscrizione dell'avvenuto deposito, ogni socio può proporre reclamo davanti al Tribunale in contraddittorio coi liquidatori riunendo tutti i reclami in unico giudizio nel quale tutti i soci possono intervenire. La trattazione della causa ha inizio quando sia decorso il termine suddetto e la sentenza fa stato anche riguardo ai non intervenuti;

l’Art 2493 C.C. detta regole per l’approvazione tacita del bilancio. Decorso il termine di novanta giorni senza che siano stati proposti reclami, il bilancio finale di liquidazione s'intende approvato, e i liquidatori, salvi i loro obblighi relativi alla distribuzione dell'attivo risultante dal bilancio, sono liberati di fronte ai soci.

l’Art 2495 C.C. detta regole per la cancellazione della società. Approvato il bilancio finale di liquidazione (vorrei ricordare a tale riguardo che non si scorgono modelli legali da osservare), i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, ove il mancato pagamento fosse dipeso per colpa di questi.

Dunque, cosi terminata la liquidazione, la quale ha visto un avanzo di liquidazione distribuito ai soci e cancellata la società dal registro imprese,

Quali garanzie vi saranno per il creditore insoddisfatto??......

Bene…., ove non si colga il grado di innovatività del novellato istituto della trasformazione eterogenea regressiva aperto al trust, allora si pensi per un istante a quella liquidazione volontaria compiutasi in aderenza al c.c. nella quale i soci della società liquidata (magari plurimi e sparsi in giro per il mondo o deceduti) abbiano ricevuto pro-quota le somme dell’avanzo di liquidazione; si pensi ancora, per un altro istante che le somme ricevute a tale titolo per natura e vocazione sono destinate al soddisfacimento dei creditori rimasti insoddisfatti emergenti entro lo spirare del termine prescrizionale dalla cancellazione e come tali prelatizi per natura e definizione rispetto ai creditori personali dei soci; si pensi infine che tali crediti, non incontrano tutela giuridica speciale, come a ben vedere dovrebbe essere, in quanto il nostro ordinamento non conosce partizioni del patrimonio personale dell’individuo ma semplicemente la generica garanzia ex art 2740;

Ecco dunque che il processo della liquidazione volontaria,forse..vuole il trust?

Ecco dunque che, un processo di liquidazione volontaria di una società commerciale non dovrebbe affatto prescindersi dal trust in considerazione dell’alto grado di certezza e garanzia che esso offre a tutela dei diritti dei creditori sociali e dei soci, ed, a mio avviso……, tanto maggiore e complesso è il patrimonio da liquidare a beneficio di costoro, tanto provvido è l’ausilio del trust in una visione di economia degli atti negoziali e in una visione di neutralità tributaria senza collidere con l’abuso del diritto delle norme antielusive tributarie ex Art. 37/bis del DPR 600/73.

Ed allora, le figure del trust liquidatorio tipo, saranno come di consueto il Disponente; il Trustee; il Beneficiario; il Guardiano del trust, pertanto, questo trust lo immagineremo in questo modo:

di scopo: fino al termine finale della liquidazione, ma, ove la base azionaria sia familiare, potrà prevedersi, in ipotesi di avanzo di liquidazione, che esso continui per un fine meritevole come trust patrimoniale per la tutela della famiglia e per un determinato periodo di tempo;

Legge Regolatrice: Jarsey o di San Marino convenientemente;

Termine finale di durata del trust: allorché vi sia avanzo di liquidazione è ragionevolmente lo spirare del termine prescrizionale dalla cancellazione della società dal registro imprese, o, nel caso anzidetto di continuità del trust, fino ad altra data;

Disponente: l’assemblea dei soci della trasformanda società;

Trustee: colui o coloro che hanno amministrato la società, o, convenientemente un professionista a ciò delegato;

Beneficiari: di due tipologie, una, del residuo della liquidazione, e dunque, il creditore sociale; l’altra, dell’avanzo della liquidazione una volta trascorso il termine prescrizionale dalla cancellazione della società dal registro imprese, ossia i soci, e, nella ipotesi anzidetta di continuità del trust, chi essi intendano beneficiare (figli, coniugi, nipoti etc. etc.);

Guardiano: un collegio composto da un rappresentante dei creditori e un rappresentante dei soci, o loro delegati. Nel caso della ipotesi anzidetta di continuità, il componente Guardiano dei creditori cesserà la sua funzione allo spirare del richiamato termine prescrizionale.

Conclusione

Nei casi patologici, ossia di palese utilizzo fraudolento dell’istituto del trust per la liquidazione volontaria di società, al pari di altre applicazioni, in frode alla legge, l’interpretazione restrittiva non solo è legittimata ma è anche provvida.

Nel nostro caso, faccio notare, come le argomentazioni che hanno condotto alla formazione del libero convincimento siano state influenzate da una precomprensione deformata verso il trust (che deriva probabilmente dal fatto che esso rompe alcuni stilemi civilistici finora mai infranti), la quale, per quanto insita nel pensiero di ciascuno di noi, dinanzi all’interpretazione di un fatto, è pur sempre pacificamente influenzata da valutazioni preventive di una ritenuta giustezza di un progetto decisionale proprio, i quali elementi, a loro volta, finiscono inevitabilmente col condizionare il risultato finale.

Ecco dunque, che aver voluto affermare la impossibilità della trasformazione eterogenea regressiva in trust e aver voluto affermare la inferiorità del trust liquidatorio rispetto all’istituto della liquidazione come disciplinato dal C.C. ed ancora, aver voluto ignorare gli orientamenti espressi dalla Suprema Corte non ultima la Sentenza n. 17564 del 18 luglio 2013, per cui l’efficacia costitutiva della cancellazione si produce anche nel caso in cui la cancellazione della società dal R.I. non sia intervenuta a seguito dell'approvazione del bilancio finale di liquidazione ma d’ufficio in forma di ordinanza del giudice del R.I. quale effetto sanzionatorio per il mancato deposito del bilancio per tre anni consecutivi ai sensi dell’art. 2490, ultimo comma, c.c. e, dunque, determinando, anche in questa ipotesi, il fenomeno di tipo successorio in virtù del quale le obbligazioni della società si trasferiscono ai soci, significa non essere aperti alla naturale emancipazione di alcuni principi e sistemi giuridici -apparentemente atipici, per quanto atipici non siano- specie quando essi sono strettamente legati alla autonomia privata, non accorgendosi, supponentemente, che quest’ultima, al netto delle naturali pulsioni speculative, spesse volte, è un passo avanti.

Ergo, occorre indefettibilmente agire congiuntamente affinchè si giunga ad una modifica di tutte quelle disposizioni che mortificano l’istituto del trust ed adeguare invece quelle disposizioni che plagiano il trust, senza esserlo.



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