L’esecutivo Conte, prendendo le mosse dal primo disegno di decreto abbozzato dalla Commissione Rodorf, presenta un nuovo progetto di riforma delle procedure concorsuali, evitando in tal modo di far spirare il termine di scadenza previsto dalla Legge delega (Legge 19 ottobre 2017, n. 155). Il testo Bonafede, redatto con la direzione di Mauro Vitiello, autorevole esperto del diritto della crisi d’impresa, come accennato, rappresenta il risultato dell’elaborazione del complesso articolato già predisposto dalla Commissione Rordorf, al quale l’attuale esecutivo ha apportato le opportune variazioni normative, adattate:
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alla situazione economica nel frattanto evoluta,
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alle istanze avanzate dal fronte delle imprese.
Il 14 novembre prossimo coincide la data ultima per licenziare il nuovo articolato che, con buona probabilità, andrà a sostituire le discipline:
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in tema di fallimento e altre procedure concorsuali,
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sul sovraindebitamento del debitore civile.
Allo stato, il disegno poggia sui tavoli dei ministeri concertanti. Prossimo step l’esame e il via libera del Consiglio dei ministri.
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La riforma del fallimento rispetta le raccomandazioni europee
La bozza Bonafede rispecchia, strutturalmente, la primigenia, tenendo in considerazione le istanze avanzate dai referenti di imprese e professionisti e, al contempo, tenendo in debito conto le sollecitazioni normative europee, elencate nella Relazione illustrativa:
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il Regolamento (UE) 2015/848 in tema di efficienza e efficacia delle procedure di insolvenza per il buon funzionamento del mercato interno in ragione delle sempre più crescenti implicazioni transfrontaliere;
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la Raccomandazione n. 2014/135/UE, che ha imposto il duplice obiettivo:
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di garantire alle imprese sane in difficoltà finanziarie l’accesso a un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta di ristrutturarsi in una fase precoce,
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di dare una seconda opportunità in tutta l’Unione agli imprenditori onesti che falliscono.
In altre parole, tale raccomandazione si orienta a consentire, alle imprese sane in difficoltà finanziaria, di ristrutturarsi in una fase precoce, nella finalità di evitare l’insolvenza e proseguire l’attività.
Si evidenzia, ulteriormente, che la bozza di decreto tiene conto sia delle dimensioni che delle attività delle imprese, le quali possono essere molto diverse.
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Il Regolamento delegato UE 2016/451 della Commissione, che stabilisce:
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i principi e i criteri generali per la strategia d’investimento
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le regole di gestione del Fondo di risoluzione unico.
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La Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 novembre 2016 in tema di quadri di ristrutturazione preventiva, seconda opportunità e misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione dai debiti che prosegue sulla strada dell’intervento anticipato prima che l’impresa versi in gravi difficoltà.
Punti di partenza del decreto di riforma della legge fallimentare
La bozza di decreto legislativo, sottoposto ai Ministeri, nell’opera di elaborazione contenutistica tiene conto delle criticità emergenti dall’attuale assetto normativo, dominato dalla vigenza della disciplina del 1942, pertanto facendosi carico:
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dell’evidente sussistenza di disfunzioni e disvalori delle procedure concorsuali, quali essi sono e vengono percepiti all’esterno, e ciò per evitare che ci si trovi a dover constatare, a consuntivo, che una procedura è servita soltanto ad assorbire le residue risorse disponibili dell’impresa;
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dell’impostazione strutturale della materia de qua, sezionata tra più provvedimenti e già oggetto di una stratificazione normativa più che decennale (si pensi che la disciplina sul fallimento risale al 1942 e che durante la vigenza è stata bersaglio di una serie innumerevole di riforme).
Definizioni: basta con il termine fallimento
L’articolato in esame detta taluni principi giuridici comuni al fenomeno dell’insolvenza, destinati ad operare quali imprescindibili punti di riferimento per le diverse procedure, pur conservando le differenziazioni necessarie in ragione della specificità delle disparate situazioni in cui l’insolvenza può manifestarsi. L’articolo 2, in particolare, rappresenta uno dei pilastri dell’impianto normativo in commento, in quanto, sulla scia di una tecnica compositiva ormai consolidata, orienta l’interprete fornendo le nozioni fondamentali della materia in esame, tra le quali emergono:
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“crisi”, come stato di difficoltà economico-finanziaria che rende “probabile” l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate. Pertanto il legislatore delegato non fa coincidere la crisi all’insolvenza in atto, bensì si riferisce ad un pericolo di futura insolvenza.
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“insolvenza”, come “lo stato del debitore che non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni e che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori”, con ciò ribadendo la nozione già collaudata da molti decenni di esperienza giurisdizionale.
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“fallimento”, non presente già dalla prima bozza, così abbracciando la più generale tendenza manifestatasi in alcuni ordinamenti europei di civil law (tra cui quelli di Francia, Germania e Spagna) e volta a scongiurare l’aura di negatività e di discredito, anche personale, che senza dubbio a tale termine si accompagna. Il differente approccio lessicale, nelle intenzioni espresse dalla relazione illustrativa, può meglio esprimere una moderna cultura del superamento dell’insolvenza, letta come “evenienza fisiologica nel ciclo vitale di un’impresa”, da prevenire e, eventualmente, governare al meglio.
Obiettivi della riforma fallimentare
Tra le finalità estrapolabili dagli atti preparatori, emerge che la riconduzione della disciplina dell’insolvenza ad un quadro sistematico, persegue:
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una marcata individuazione delle linee generali,
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la semplificazione delle regole processuali di volta in volta applicabili,
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la riduzione delle incertezze interpretative ed applicative,
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una maggiore uniformità agli orientamenti giurisprudenziali,
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la soddisfazione delle imprescindibili esigenze di certezza del diritto,
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la salvaguardia del creditore e della migliore soddisfazione di quest’ultimo,
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il generale miglioramento dell’efficienza del sistema economico, in modo tale da renderlo più competitivo anche nel confronto internazionale,
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la tutela della continuità e della ricchezza espressa dalle aziende, e anche a salvaguardia dell’occupazione.
Gli istituti di allerta: principale novità per prevenire la crisi dell'impresa
Nella nuova impostazione normativa affiora l’esigenza di accelerare l’emersione della crisi mediante l’introduzione di specifici obblighi ed assetti organizzativi di controllo, con istituti di allerta piantonati dagli organi interni preposti alla vigilanza delle imprese collettive. Per agevolare il ricorso alle procedure di allerta e composizione assistita della crisi, il nuovo testo dispone che il loro avviamento:
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non costituisca causa di risoluzione dei contratti pendenti, finanche se stipulati con amministrazioni pubbliche,
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non rappresenti motivo di revoca degli affidamenti concessi,
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rende inefficaci tutti i patti contrari.
Attuando il principio di cui all’articolo 4, comma I, lett. a), della Legge delega (n. 155 del 2017), il nuovo articolato segna i limiti di applicazione degli strumenti di allerta:
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sono destinati ai debitori che svolgono attività imprenditoriale imprese agricole e alle imprese minori, compatibilmente con la loro struttura organizzativa
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escludendo:
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grandi imprese,
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gruppi di imprese di rilevante dimensione,
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società con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse fra il pubblico in misura rilevante.
L’obbligo di segnalazione sussiste nelle situazioni ove:
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è obbligatorio il collegio sindacale,
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l’ammontare dell’esposizione debitoria risulti significativa, conformemente a determinati parametri.
Si evidenzia, infine, che gli indicatori della crisi risultano rimessi alla disamina del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, che dovrà aggiornare la rilevazione ogni triennio.