Speciale Pubblicato il 07/10/2018

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Passaggio generazionale azienda familiare:trust o patto di famiglia?

di Dott. Vincenzo Crusi

La scelta dell'istituto giuridico per il passaggio generazionale dell’azienda di famiglia: Patto di Famiglia o Trust?



Il trasferimento dell'Azienda di Famiglia, inteso come passaggio della proprietà e del controllo da una generazione all'altra, rappresenta un evento importante della vita familiare e conseguentemente un evento cruciale della vita dell’azienda dal quale spesso dipende la sopravvivenza della medesima.
Gli imprenditori italiani over 60 rappresentano circa il 60% del totale universo aziende, ciò porta a ritenere che nei prossimi anni questi saranno impegnati necessariamente ad affrontare la vicenda del passaggio.
Il 70% dei medesimi desidera far proseguire l’azienda di famiglia mentre la restante parte, non trascurabile, non intende cederne il comando, per tale intendendo la guida e la gestione.
Ma, il dato preoccupante che deve far riflettere è la bassa percentuale, precipuamente il 25%, di sopravvivenza delle aziende che giungono alla seconda generazione di imprenditori con il 15% di queste (dato ancor più allarmante) che raggiunge la terza generazione.
Fatto 100 quindi il totale delle aziende, 25 approdano alla seconda generazione e 3,75 alla terza. 
Le cause di ciò che presiedono dunque a tali poco esilaranti risultati vanno indagate, analizzate e auspicabilmente risolte sia sotto l’aspetto socio-economico ma ancor più sotto quello giuseconomico oltre che tributario-fiscale al fine di porvi rimedio mediante politiche di tutela e salvaguardia delle aziende familiari in transito generazionale, le quali, loro insieme, rappresentano il fiore all’occhiello, ovvero il motore di sviluppo, di questo paese, non a caso divenuto uno delle 5 economie più avanzate e potenti del mondo.  

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Razionalizzare le norme per il passaggio generazionale delle imprese

In vero, in considerazione di tali problematiche, la Raccomandazione della Commissione CE n. 94/1069 del 7 dicembre 1994 ha sollecitato gli Stati membri a razionalizzare le norme successorie che regolano il trasferimento delle imprese in transito, tanto di piccole dimensioni, quanto di medie dimensioni, alla morte dell’imprenditore, nonché, a predisporre strumenti giuridici idonei e seducenti tanto da indurre l’imprenditore anziano a preparare per tempo la sua successione finché ancora in vita.
E’ ben vero, che il tema è stato oggetto inoltre del Regolamento CE n. 70/2001, ed è stato financo affrontato, a più riprese, dal Comitato Economico Sociale Europeo, il quale, ha fatto pressione sui Paesi membri per un alleggerimento della tassazione attraverso la revisione tanto dei regimi fiscali cogenti, quanto precipuamente quello della  tassazione delle successioni in tale ambito, il quale, attualmente, come allora, scoraggia il già critico processo successorio nell’impresa familiare.
Quanto innanzi, a dire il vero, è stato frutto di recepimento del nostro paese con la introduzione del novellato istituto giuridico dei “Patti di famiglia per l’impresa” dopo un lungo iter parlamentare iniziato con una proposta di Legge nel lontano 1995 fino a giungere all’approvazione delle norme che lo regolano mediante l’introduzione nel novero Codice Civile degli Artt. da 768-bis a 768-octies.
A onore del vero va segnalato, a tal proposito, che non sono mancate, come non mancano tutt’ora, critiche a tale istituto, per le quali, qualcosa andrebbe fatto alla luce del suo indiscusso insuccesso causato dalla improvvida costruzione derogatoria del divieto di patti successori ex Art. 458 c.c.  che, dunque, a tutto voler concedere, lo rende generatore di conflitti e convenientemente inapplicabile al cospetto delle già vulnerabili dinamiche parentali basti pensare ai diritti di quel legittimario concepito al  momento del patto ma senza che avesse una rappresentanza al tavolo dell’accordo.  

Patto di famiglia e Trust di famiglia per l'impresa

Ed allora, per far sì che si realizzi un tranquillo e sicuro passaggio di generazione dell’azienda di famiglia si raccomanda la ponderazione delle opzioni giuridico-fiscali al fine di individuare il più efficace e valido strumento negoziale consentito potendolo scegliere fra due distinti istituti: uno interno, di derivazione romanistica, appunto il richiamato “Patto di famiglia per l’impresa” regolato dalla “Legge n. 55 del 2006, la quale peraltro, stante la natura statica della stessa, non consente performance entusiasmanti adeguate presentando vieppiù elementi di criticità di difficili soluzione a tratti insormontabili; l’altro, esterno, di derivazione anglosassone, ossia il “Trust che per l’occasione definiremo “Trust di famiglia per l’impresa” regolato dalla Legge n. 364 del 16 ottobre 1989 di ratifica della Convenzione de l’Aja del 1985 sul riconoscimento del trust, il quale, stante la sua speculare natura dinamica e polimorfica e stante il suo peculiare interesse dei beneficiari a tutela dei quali peraltro il trustee è tenuto per definizione, non conosce elementi di criticità specie in relazione al diritto successorio ma, al contrario, conosce elementi dirimenti e di semplicità e, dunque, contrariamente alla staticità del Patto, consente indefettibilmente performance di indiscusso pregio giuridico ed efficacia negoziale al punto da renderlo utilmente idoneo.

La comparazione dei due istituti in esame pertanto deve tenere di conto gli effetti immediati e quelli futuri, ovvero, il transito, dalla generazione over alla generazione under, e deve poter garantire differentemente dal trust:

elementi, tutti questi, controversi nel Patto di Famiglia.

Tuttavia, è del pari ragionevole pensare che il passaggio generazionale rappresenta un momento cruciale nella vita di una azienda ciò in quanto implica fatalmente un trauma, che definirei necessario stante la natura delle cose, per la nuova generazione, la quale, si troverà inevitabilmente a contatto con una realtà (quale la competenza di gestione, il patrimonio aziendale, il know-how, le pubbliche relazioni interne e territoriali, le politiche del personale tutte nel loro insieme acquisibili con la esperienza degli anni trascorsi in azienda e giammai con una asettica formazione didattico-accademica avulsa da una contemporanea partecipazione alle vicende gestorie) del tutto nuova o, nella migliore delle ipotesi, qualora già coinvolta, si troverà comunque ad affrontare l’impatto dell’assunzione diretta delle responsabilità aziendali all’esito del passaggio, la quale, in alcuni casi può causare disequilibri di non poco conto.
 Tanto premesso, pertanto, l’istituto del “Patto di famiglia per l’azienda” ex Legge n. 55 del 2006 in funzione del quale si attua il passaggio generazionale derogando dal divieto di patti successori ex articolo 458 c.c., pur rappresentando un valido istituto giuridico del nostro ordinamento, a parere di autorevole dottrina, rappresenta in primis un vulnus al diritto successorio romanistico, il quale, per definizione, non conosce e non consente limitazioni ne deroghe ai diritti dei legittimari
Infatti, nel corpus ove regna sovrano il principio dell’intangibilità della legittima, le donazioni scontano sempre il rischio della loro riduzione tramite l’apposita azione reale per la quale i legittimari lesi o pretermessi possono esperire nel termine di dieci anni dalla morte del donante. Ma vi è di più, in fatti, tutte le donazioni fatte a legittimari sono soggette a collazione in sede di divisione ereditaria, potendo gli altri eredi pretendere l’imputazione del relativo valore alla quota di legittima del donatario o portare indefettibilmente alla riconduzione del bene in natura nella massa ereditaria da dividere.  

In conclusione si ribadisce, che, le evidenze, ossia le controverse sistemazioni ereditarie del patto di famiglia, posto in essere in deroga ora per allora, peraltro non ammesse (prima d’ora) dal corpus juris civilis, ci dimostrano la pressoché totale inutilizzabilità dello strumento pattizio a tutto vantaggio del trust, il quale, di converso, garantisce tutela ai legittimari divenuti beneficiari e il rispetto delle norme successorie che come tali rendono impossibile la lesione delle quote.



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