Speciale Pubblicato il 18/03/2018

Tempo di lettura: 7 minuti

Privacy: Installazione ed utilizzo di impianti audiovisivi nei luoghi di lavoro

di Modesti dott. Giovanni

Il punto dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro sul controllo a distanza dei lavoratori in una recente circolare la n.5 del 19/2/2018



La tematica legata alla installazione di telecamere in ambiente lavorativo è stata più volta oggetto di esame all’interno di questa rubrica, vedi i seguenti articoli pubblicati nel Dossier sulla Privacy:

Il controllo a distanza dei lavoratori al vaglio della Cassazione

Quando l’assenteismo dei dipendenti si combatte con il ricorso alla biometria

Controllo a distanza dei lavoratori: il parere del Garante

oggi diamo notizia di un nuovo orientamento espresso dall’ Ispettorato nazionale del Lavoro attraverso la Circolare n. 5 del 19.2.2018, che amplia le possibilità di ricorso a tale tipologia di trattamenti.

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La cornice normativa del controllo a distanza dei lavoratori

La materia risulta disciplinata dall’art. 4, L. n. 300/1970, il cui testo è stato modificato a seguito di un intervento legislativo avutosi attraverso il Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151, articolo 23 recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della L. 10 dicembre 2014, n. 183” e art. 5, comma 2, D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185.

Il testo normativo, così modificato, stabilisce che:

1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.

3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2, sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.

Da notare che con la rimodulazione dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, è solo apparentemente venuto meno il divieto esplicito di controlli a distanza, nel senso che il superamento del divieto generale di detto controllo non può essere affermato sulla base della mancanza, nel nuovo articolo 4, di una indicazione espressa (com’era nel previgente articolo 4, comma 1) di un divieto generale di controllo a distanza sull’attività del lavoratore, avendo la nuova formulazione solamente adeguato l’impianto normativo alle sopravvenute innovazioni tecnologiche e, quindi, mantenuto fermo il divieto di controllare la sola prestazione lavorativa dei dipendenti, posto che l’uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo può essere giustificato “esclusivamente” a determinati fini, che sono espressamente previsti e declinati:

  1. per esigenze organizzative e produttive;
  2. per la sicurezza del lavoro e
  3. per la tutela del patrimonio aziendale e alle condizioni normativamente indicate; sicchè residua un regime protezionistico diretto a salvaguardare la dignità e la riservatezza dei lavoratori, la cui tutela rimane primaria nell’assetto ordinamentale e costituzionale, seppur bilanciabile sotto il profilo degli interessi giuridicamente rilevanti con le esigenze produttive ed organizzative o della sicurezza sul lavoro.

La Circolare n. 5 del 19.2.2018 dell'INL

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), in ordine alla installazione ed all’utilizzo di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo, ha fornito indicazioni operative, attraverso la Circolare n. 5 del 19.2.2018.: “indicazioni operative sull’installazione e utilizzazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo ai sensi dell’art. 4 della legge n. 3000/1970”.

Circa la istruttoria delle istanze presentate, essa può essere effettuata – all’interno della INL -  sia da personale con la qualifica di “ispettore tecnico” che da personale ispettivo ordinario o del ruolo amministrativo che opera all’interno delle varie unità organizzative dell’ufficio. L’intervento del personale ispettivo tecnico è, invece, obbligatorio in quei casi che comportano valutazione tecniche di particolare complessità.

L’oggetto della valutazione deve essere incentrato sulla effettiva sussistenza delle ragioni che legittimano l’adozione del provvedimento (ci si riferisce alle: esigenze organizzative e produttive;  alla sicurezza del lavoro e alla tutela del patrimonio aziendale).

L’INL ribadisce che la ripresa dei lavoratori deve avere il carattere della residualità e della occasionalità, anche se – in presenza di ragioni giustificatrici del controllo – può essere prevista.

La Circolare in commento ha inteso, altresì, snellire alcuni aspetti per cui “non appare fondamentale specificare il perfezionamento predeterminato e l’esatto numero delle telecamere da installare”  così come non è necessario corredare la richiesta inoltrata all’Ispettorato del lavoro di una dettagliata planimetria, che di fatto fotografa una situazione ad un dato momento; per cui sarà in fase di accertamento ispettivo che si provvederà al controllo.

Poiché la richiesta di installazione di un sistema di videosorveglianza deve basarsi sulla dichiarata necessità di perseguire una delle tre finalità sopra richiamate, suddetta finalità non può essere modificata nel corso del tempo volendo perseguire l’imprenditore altre ragioni non dichiarate nell’istanza di autorizzazione.
Se a fondamento della richiesta c’è la necessità di “tutela del patrimonio aziendale” non è sufficiente ricorrere a tale definizione che risulta essere troppo ampia per ottenere l’autorizzazione richiesta. Ciò significa che le visite di controllo dovranno accertare la sussistenza “dei presupposti legittimanti la tutela del patrimonio aziendale”; detta attività di scrutinio dovrà tenere conto della esistenza o meno di “mezzi tecnici e legali alternativi attuabili, all’intrinseca qualità delle cose da tutelare, alla possibilità per il datore di lavoro di prevenire ammanchi attraverso l’adozione di misure alternative”, aspetti richiamati dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 84/5902.

La congruità della richiesta finalizzata alla tutela del patrimonio aziendale comporta in fase di valutazione della istanza la quantificazione dell’intrinseco valore del bene, oltre che della sua agevole asportabilità.

Riguardo alle specifiche tecniche che le telecamere devono avere, l’INL ritiene che – sussistendo le ragioni giustificatrici – “è autorizzabile da postazione remota sia la visione delle immagini “in tempo reale” che registrate”.

Però dovranno essere adottate specifiche policy per quanto attiene all’accesso alle immagini registrate che “deve essere necessariamente tracciato anche tramite apposite funzionalità che consentano la conservazione dei “log di accesso” per un congruo periodo, non inferiore a sei mesi”.

In riferimento all’ambito delle riprese questo va circoscritto al perimetro aziendale, fermo restando che “l’installazione di una telecamera diretta verso il luogo di lavoro dei propri dipendenti o su spazi dove essi hanno accesso anche occasionalmente, deve essere preventivamente autorizzata da uno specifico accordo con le organizzazioni aziendali ovvero da un provvedimento dell’Ispettorato del lavoro”.

E’ riconosciuta la possibilità di ricorrere all’impiego di sistemi basati sulla biometria (elaborazione dell’impronta digitale o della topografia della mano) per quanto attiene all’accesso alle rilevazioni delle immagini, solo da personale autorizzato, senza dovere ricorrere all’accordo con le rappresentanze sindacali né dovere seguire l’iter del procedimento amministrativo di carattere autorizzato previsto dalla legge.

Il principio della responsabilità argomentata nella policy privacy

Premesso che le immagini riprese attraverso sistemi di rilevazione dà luogo ad una attività di trattamento dei dati personali, se ad essere riprese sono persone, in una ottica tesa a garantire la accountability (responsabilità) il Titolare del trattamento dovrà dimostrare che la scelta di ricorrere a tali sistemi per ottenere una o più delle tre finalità (esigenze organizzative e produttive; sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale) che fungono da base di legittimità per ricorrere alla videosorveglianza deve essere argomentata all’interno di una policy privacy.
La valutazione dell’efficacia della tecnologia scelta va svolta in base alla natura e alla quantità dei dati trattati, oltre che delle modalità con cui gli stessi vengono trattati e dei rischi che il trattamento comporta.
Alla luce del Considerando (74) al Regolamento (UE) n. 679/2016, il Titolare del trattamento “dovrebbe essere tenuto a mettere in atto misure adeguate ed efficaci ed essere in grado di dimostrare la conformità delle attività di trattamento con il presente regolamento, compresa l’efficacia delle misure”.
Per cui, sempre il Titolare, dovrà esplicitare i motivi che lo inducono a procedere a tale forma di trattamento dei dati, attraverso un sistema di videosorveglianza, dimostrando che alternative e meno invasive tipologie di trattamento non raggiungerebbero gli stessi risultati.



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