In un normale rapporto di fiducia che solitamente si instaura tra un commercialista ed il proprio cliente può capitare che quest’ultimo consegni al professionista somme di denaro al fine, ad esempio, di effettuare per suo conto versamenti di imposte, tasse o contributi. E se il professionista non versa queste somme in quali conseguenze può incorrere?
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Come evidenziato nell’introduzione dei principi generali dei rapporti con i clienti nell’art. 20 del nuovo Codice deontologico dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili “Il rapporto con il cliente è fondato sulla fiducia”.
Nell’esecuzione dell’incarico conferito, il professionista è tenuto a seguire le norme comportamentali previste dal Codice, soprattutto in virtù della fiducia in lui riposta dal proprio cliente.
In questo rapporto fiduciario si inserisce, come anticipato in premessa, anche la possibilità che il cliente affidi al proprio commercialista somme di denaro necessarie per effettuare, ad esempio, versamenti periodici legati ad imposte, tasse o contributi in genere.
Il Codice deontologico spazia su numerosi aspetti legati al comportamento del professionista e del rapporto con il cliente ed anche con riguardo ai casi di somme di denaro consegnate dai clienti vengono espresse puntuali indicazioni.
L’art. 24 del nuovo Codice deontologico, infatti, è intitolato “Fondi dei clienti, garanzie e prestiti” e prevede quanto segue:
Capita però che qualche iscritto all’Albo non segua tali indicazioni ed in questi casi la conseguenza, nei confronti del professionista, non può che essere una denuncia per il reato di appropriazione indebita.
Il reato di appropriazione indebita è previsto dall’art. 646 del codice penale, che riporta testualmente:
Questa condotta illecita è stata inserita nella casistica riportata nel paragrafo dedicato al “Concorso del professionista nei reati tributari” della nuova circolare operativa n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza.
Nel documento di prassi si fa cenno alla sentenza della Corte di Cassazione n. 39881 del 05.10.2015, nella quale è stata affrontata l’appropriazione indebita aggravata (art. 646 c.p., art. 61 c.p., n. 11) imputata ad un professionista per non aver restituito tempestivamente i libri sociali e le scritture contabili alla società cliente, omettendo altresì di presentare per via telematica la dichiarazione fiscale.
E ancora sull’appropriazione indebita del professionista la Suprema Corte si è espressa anche con la sentenza n. 24772 del 11.06.2015, nella quale si è trattato il caso di un professionista imputato del reato de quo che, in qualità di consulente fiscale, si era appropriato di somme di denaro che alcuni clienti gli avevano affidato per pagare le imposte. Denaro che tra l’altro non aveva restituito ai clienti nonostante le loro reiterate richieste.
In questa sentenza, tra l’altro, è stato stabilito che per il configurarsi del reato di appropriazione indebita non sono determinanti: