Nelle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del terzo settore deve essere nominato un organo di amministrazione (amministratore unico o consiglio di amministrazione). Salva la deroga di cui al penultimo capoverso del precedente paragrafo, la nomina degli amministratori spetta all’assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori che sono nominati nell’atto costitutivo (art. 26, 1° comma).
La maggioranza degli amministratori è scelta dall’assemblea tra le persone fisiche associate ovvero indicate dagli enti giuridici associati (che possono avere o non avere la personalità giuridica). L’atto costitutivo e lo statuto possono subordinare l’assunzione della carica di amministratore al possesso di specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, anche con riferimento ai requisiti al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di rappresentanza o da reti associative del terzo settore. Per entrambe le norme esposte nei due periodi precedenti si applica l’art. 2382 c.c. che prevede che non può essere nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, l'interdetto, l'inabilitato, il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi (2° e 3° comma).
Sempre l’atto costitutivo o lo statuto possono prevedere che uno o più amministratori dell’ente siano scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie di associati o che siano indicati da enti del terzo settore, da altri enti senza scopo di lucro, da enti religiosi civilmente riconosciuti che hanno acquisito la qualifica di ETS, dai lavoratori (con qualsiasi tipo di contratto) o dagli utenti dell’ente.
In ogni caso, la nomina della maggioranza degli amministratori è riservata all’assemblea che li deve scegliere, come abbiamo detto nel precedente capoverso, tra le persone fisiche associate ovvero indicate dagli enti giuridici associati (commi 4° e 5°).
Gli amministratori, entro trenta giorni dal ricevimento della notizia della loro nomina, devono chiedere l’iscrizione di essa nel Registro unico nazionale del terzo settore, indicando per ciascuno di essi il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza, nonché a quali di essi è attribuita la rappresentanza dell’ente, precisando se questa è attribuita disgiuntamente o congiuntamente.
Il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori è generale e le limitazioni di esso non sono opponibili ai terzi se non sono iscritte nel Registro unico nazionale del terzo settore o se non si prova che i terzi ne erano a conoscenza (6° e 7° comma).
Nelle fondazioni del terzo settore deve essere nominato un organo si amministrazione ai cui componenti si applicano l’art. 2382 c.c. e le norme di cui al capoverso precedente.
L’atto costitutivo e lo statuto possono subordinare l’assunzione della carica di amministratore al possesso di specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, anche con riferimento ai requisiti al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di rappresentanza o da reti associative del terzo settore.
Nelle fondazioni del terzo settore il cui statuto preveda la costituzione di un organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato, possono trovare applicazione, in quanto compatibili, le norme di cui al penultimo capoverso precedente a questo (8° comma).
L’art. 27 del Dlgs 117/2017 prevede che al conflitto di interessi degli amministratori si applica l’art. 2475-ter c.c. nel senso che i contratti conclusi in nome e per conto dell’ente da questi soggetti in tale condizione possono essere annullati su domanda dell’ente stesso (associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o fondazione) se il conflitto di interessi era conosciuto o riconoscibile dal terzo. E’, questa, una tutela piuttosto blanda: sarebbe stato meglio dare anche questo potere agli associati e ai fondatori o agli eredi di questi ultimi.
La tutela contro questi conflitti è, però, rafforzata dal fatto che le decisioni assunte dal consiglio di amministrazione col voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, per conto proprio o di terzi, con l’ente, qualora cagionino a questo un danno patrimoniale, sono impugnabili ai fini del loro annullamento entro novanta giorni dagli amministratori ed, ove esistenti, dai sindaci o dal sindaco unico e dai revisori legali dei conti.
In ogni caso sono salvi i diritti acquisiti in buona fede dai terzi in base agli atti compiuti in esecuzione della decisione. Anche qui vale l’osservazione fatta alla fine del capoverso precedente.
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Per quanto riguarda la responsabilità, gli amministratori, i direttori generali nominati dall’assemblea o in base alle disposizioni dello statuto di cui all’art. 2396 c.c. (a cui si applicano le norme sulla responsabilità degli amministratori), i componenti dell’organo di controllo (i membri del collegio dei sindaci o il sindaco unico) e il soggetto incaricato della revisione legale dei conti (revisore unico singolo professionista o società di revisione) rispondono nei confronti dell’ente, dei creditori sociali, del/i fondatore/i, degli associati e dei terzi ai sensi degli artt. 2392 (responsabilità verso la società, in questo caso verso l’associazione o la fondazione), 2393 (azione di responsabilità), 2393-bis (azione di responsabilità esercitata dai soci, in questo caso dagli associati o dai fondatori), 2394 (responsabilità verso i creditori sociali, in questo caso dell’associazione o fondazione), 2394-bis (azione di responsabilità nelle procedure concorsuali, in questo caso, riteniamo, nella procedura di liquidazione dell’ente), 2395 (azione individuale del socio, cioè dell’associato o del fondatore, e del terzo), 2396 (direttori generali e loro responsabilità) e 2407 (responsabilità dei sindaci o del sindaco unico) del Codice Civile e dell’art. 15 del Decreto Legislativo n° 39 del 2010 (responsabilità dei revisori legali e delle società di revisione legale dei conti), in quanto compatibili (art. 28 del Dlgs 117/2017).
Se vi è fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno all’ente può essere presentata denunzia al Tribunale ai sensi e per gli effetti previsti dall’art. 2409 c.c., in quanto compatibile, da parte di almeno un decimo degli associati, dell’organo di controllo, del soggetto incaricato della revisione legale dei conti o del Pubblico Ministero (art. 29, 1° comma).
Ogni associato nelle associazioni, riconosciute o non riconosciute, che hanno fino a 500 associati, ovvero almeno un decimo degli associati nelle associazioni che hanno più di 500 associati possono denunziare i fatti che ritengono censurabili all’organo di controllo, se nominato, che deve tenere conto della/e denunzia/e presentata/e nella sua relazione all’assemblea (e quindi deve dare ad essa/e una risposta, positiva o negativa).
Se la denunzia è fatta almeno da un ventesimo degli associati dell’ente (lo statuto può prevedere una quota più bassa di associati), l’organo di controllo deve agire ai sensi dell’art. 2408, 2° comma c.c., cioè deve indagare senza ritardo sui fatti denunziati e deve presentare le sue conclusioni ed eventuali proposte all’assemblea che lo stesso organo ha l’obbligo di convocare nelle ipotesi previste dal 2° comma dell’art. 2406 c.c., cioè qualora ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere (2° comma).
Le norme esposte nei due capoversi precedenti si applicano agli enti religiosi civilmente riconosciuti che hanno acquisito la qualifica di ETS (3° comma).