Il nuovo art. 13-bis del D.Lgs. n. 74/2000 prevede un’aggravante “ad effetto speciale” nei casi di condotte illecite commesse con la partecipazione di un consulente fiscale attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale. La nuova circostanza aggravante è stata commentata anche nella circolare n. 1/2018, il nuovo documento di prassi della Guardia di Finanza in vigore dal 1°gennaio 2018.
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Il D.Lgs. n. 158 del 24 settembre 2015 ha introdotto nel D.Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000 (ovvero del decreto che contiene l’ossatura del sistema penale tributario italiano) l’art. 13-bis, intitolato “Circostanze del reato”. Il comma 3 di questo nuovo articolo riporta una particolare circostanza aggravante “ad effetto speciale”, quella prevista per la compartecipazione alla commissione di un reato tributario da parte di un consulente fiscale.
Il comma 3 recita: “Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale”.
I delitti a cui fa riferimento il comma 3 dell’art. 13-bis sono tutti i delitti in materia di dichiarazione, nonché quelli in materia di documenti e pagamento delle imposte.
Anche questo particolare aspetto di novità della recente revisione del sistema penale tributario, avvenuta ad opera del D.Lgs. n. 158/2015, è stato esaminato ed illustrato nella nuova circolare n. 1/2018 della Guardia di Finanza.
Nella circolare in argomento, intitolata “Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali”, l’aggravante di cui al citato comma 3 dell’art. 13-bis viene descritta ed analizzata nel dettaglio, fornendo tra l’altro indicazioni afferenti il piano soggettivo e oggettivo della condotta da sanzionare.
Sul piano soggettivo, la circolare n. 1/2018, rifacendosi a quanto evidenziato dall’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione nella relazione n. III/05/2015, chiarisce che i “professionisti” potenzialmente interessati dalla nuova circostanza aggravante non sono solo quelli abilitati alla trasmissione delle dichiarazioni dall’Agenzia delle Entrate (come gli iscritti agli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali e dei consulenti del lavoro), ma anche gli altri professionisti che comunque possono svolgere un’attività di consulenza fiscale, come gli avvocati, i tributaristi o i notai.
A questi bisogna poi aggiungere gli intermediari finanziari o bancari e tutti coloro i quali, in virtù del comportamento posto in essere ed indipendentemente dal fatto che siano o meno muniti di alcun titolo abilitativo, esercitano di fatto (anche abusivamente) attività di consulenza fiscale.
Sul piano oggettivo, invece, la circolare n. 1/2018 individua la condotta illecita del consulente fiscale nell’offerta ad un cliente delle proprie competenze e della propria esperienza, finalizzate alla realizzazione di un reato tributario. La norma prevede che il consulente non commetta il delitto in qualità egli stesso di contribuente, ma come concorrente del reato proprio del suo assistito.
Il “Manuale operativo” evidenzia inoltre che i “modelli di evasione fiscale” non vanno intesi come strumenti ideati e posti a disposizione solo di una pluralità di utilizzatori, essendo sufficiente che il “modello evasivo” sia stato rivolto dal consulente fiscale anche ad un solo cliente, a condizione che il meccanismo evasivo risulti connotato da una struttura fraudolenta e da particolare tecnicismo, non ideabile quindi dal contribuente al quale il modello viene prospettato o fornito.
Infine con riguardo alla “elaborazione o commercializzazione di modelli di evasione”, la circolare n. 1/2018 evidenzia che affinché si concretizzi l’aggravante, il consulente deve predisporre il “modello di evasione” o ne fornisca uno già redatto da altri, escludendo pertanto la condotta di quel professionista che si limita ad aiutare il proprio cliente ponendo in essere un “modello di evasione” già in possesso di quest’ultimo.
Quindi, in buona sostanza, per rientrare nella condotta oggetto della circostanza aggravante, il meccanismo evasivo proposto o fornito dal consulente fiscale al proprio cliente deve necessariamente essere creato ad hoc per il cliente/contribuente.