Le "Linee Guida" del WP29 indicano, come elemento rilevante per l'esercizio del "diritto all'oblio", in particolare, il trascorrere del tempo rispetto al verificarsi dei fatti oggetto delle notizie rinvenibili attraverso l'interrogazione dei motori di ricerca.
L’interessato pertanto può, sulla scorta dei suoi diritti fondamentali, chiedere che l’informazione che lo riguarda non venga più messa a disposizione del grande pubblico mediante la sua inclusione in un siffatto elenco di risultati.
Occorre quindi considerare che i diritti fondamentali di cui sopra prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse di tale pubblico a trovare l’informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona. Tuttavia, così non sarebbe qualora risultasse, per ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, che l’ingerenza nei suoi diritti fondamentali è giustificata dall’interesse preponderante del pubblico suddetto ad avere accesso, mediante l’inclusione summenzionata, all’informazione di cui trattasi.
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Premessa
Con ricorso presentato al Garante, nei confronti di Google Inc. e Google Italy l'interessato, ribadendo le istanze già avanzate ai sensi dell'art. 7 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 "Codice in materia di protezione dei dati personali" (di seguito "Codice"), ha chiesto la rimozione, dalla lista dei risultati ottenuti digitando il proprio nominativo - attraverso il motore di ricerca gestito dalla resistente, di una serie di URL connessi ad articoli collegati ad una vicenda giudiziaria nella quale il medesimo è stato coinvolto "oltre sedici anni addietro":
La posizione di Google
Il popolare motore di ricerca, attraverso i propri legali, riguardo ai motivi oggetto del ricorso ha rilevato che:
1. i risultati della ricerca si ottengono utilizzando criteri ulteriori rispetto al solo nome e cognome dell’interessato, quali altri termini come “condannato”;
2. l'attività del motore di ricerca è qualificata come trattamento di dati personali nella misura in cui "la ricerca (…) venga effettuata a partire dal nome di una persona fisica" perché solo in tal modo "gli utenti possono ottenere "una visione complessiva strutturata delle informazioni relative a quella persona"", mentre "l'aggiunta di un ulteriore termine in grado di indirizzare e qualificare la ricerca dimostra che l'utente ha intenzione proprio di ottenere quei risultati";
3. nel merito, che non potrebbero in ogni caso reputarsi sussistenti i presupposti richiesti per l'esercizio del diritto all'oblio tenuto conto del fatto che, sotto il profilo temporale, solo uno degli articoli risale al 2001, mentre tutti gli altri risultano pubblicati tra il 2012 e il 2016 e che, in ogni caso, occorre attribuire rilievo anche al ruolo pubblico svolto dal ricorrente, che ricopre un incarico elevato all'interno delle forze dell'ordine, nonché alla natura delle informazioni oggetto della richiesta di rimozione.
La tesi del ricorrente
Il ricorrente ha ribadito le proprie richieste contestando quanto affermato dalla resistente, evidenziando, in particolare, come "sin dalla prima pagina di Google, ed anche nelle successive, ove si digiti unicamente il nome e cognome dell'istante appare comunque la notizia per la quale" è stata avanzata doglianza.
Considerato che gli URL individuati nell'atto introduttivo del procedimento risultano accessibili mediante il motore di ricerca gestito dalla resistente utilizzando, alternativamente, il nominativo dell'interessato ovvero quest'ultimo anche in associazione a ulteriori elementi, quali "condannato".
La decisione del Garante
Nel richiamare le Linee guida l’Autorità ha indicato come il diritto all’oblio può incontrare un limite quando le informazioni per le quali viene invocato risultino connesse al ruolo che l'interessato ricopre nella vita pubblica; e che gli articoli riguardanti il ricorrente inseriscono la suddetta notizia in un contesto informativo più ampio, all'interno del quale sono fornite anche ulteriori informazioni legate ad altri aspetti della vita professionale dell'interessato.
Pertanto, in relazione a tali ulteriori informazioni, sussiste il persistente interesse pubblico alla conoscibilità degli URL individuati dal ricorrente, anche in ragione del ruolo nella vita pubblica rivestito dallo stesso, che ricopre incarichi istituzionali di alto livello.
Di conseguenza l’Autorità ha articolato la propria decisione su due aspetti:
1. ha accolto il ricorso ed ordinato a Google, di rimuovere l'URL indicato dai risultati di ricerca effettuati "a partire dal nome" dell'interessato;
2. ha dichiarato, invece, il ricorso infondato con riguardo alla richiesta di rimozione degli altri URL dai risultati di ricerca effettuati "a partire dal nome" dell'interessato poiché questi, pur richiamando la medesima vicenda giudiziaria, "inseriscono la notizia in un contesto informativo più ampio, all'interno del quale sono fornite anche ulteriori informazioni" legate al ruolo istituzionale attualmente ricoperto dall'interessato e che tali risultati erano di indubbio interesse pubblico "anche in ragione del ruolo nella vita pubblica rivestito dal ricorrente, che ricopre incarichi istituzionali di alto livello".