La Cassazione ha stabilito che il diritto di autore viene tutelato anche quando a installare un software contraffatto è un soggetto che svolge attivita di assistenza informatica, e non solo quando la l'utilizzo illecito è effettuato da chi esercita attività di commercio diretto dei software
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La Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale è stata chiamata a pronunciarsi riguardo ad un ricorso proposto da un tecnico informatico condannato per avere installato un software contraffatto; a fondamento del ricorso è stata richiamata la sentenza della Corte di Giustizia della Unione Europea dell’ 8 novembre 2007, in base alla quale non si doveva applicare le norme che sancivano come fattispecie penalmente rilevante la mancata applicazione del contrassegno SIAE.
Attraverso la Sentenza 29 dicembre 2016, n. 55107, i Giudici di legittimità hanno sancito che qualora venga installato un software, nello svolgimento di una attività di assistenza informatica, tale condotta è perseguibile ai sensi dell’art. 171 bis, c. 1, Legge 22 aprile 1941, n. 633, in base al quale “1. Chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE), è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da euro 2.582 a euro 15.493. La stessa pena si applica se il fatto concerne qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l'elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratori. La pena non è inferiore nel minimo a due anni di reclusione e la multa a euro 15.493 se il fatto è di rilevante gravità.”.
Circa le possibili interferenze tra la citata normativa nazionale, la normativa comunitaria, nello specifico la direttiva CE n. 189 del 1983, (che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche) e la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 8 novembre 2007, Schwibbert, che aveva sancito l’obbligo di disapplicare le norme che avessero come elemento costitutivo la mancata applicazione del contrassegno SIAE; ragion per cui, l’obbligo di apposizione del contrassegno doveva ritenersi efficace soltanto in seguito al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 febbraio 2009, n. 31, con il quale veniva notificata la disciplina dei contrassegni alla Commissione Europea, i giudici della Cassazione hanno affermato che si rientra in tale disciplina solo se ad essere contestata è esclusivamente l’assenza del contrassegno; diversamente, qualora si contesti l’abusiva riproduzione o duplicazione di opere tutelate dal diritto d’autore, detta sentenza non trova applicazione.
Pertanto, i Giudici di legittimità hanno stabilito che si debba concludere per la non sussistenza penale del fatto, solo nel caso in cui ad essere contestata è esclusivamente l’assenza del contrassegno; diversamente, qualora si contesti l’abusiva riproduzione o duplicazione di opere tutelate dal diritto d’autore, detta sentenza non trova applicazione.
Ciò che deve rilevare, ai fini della corretta individuazione della fattispecie penalmente rilevante è, quindi, l’illecita duplicazione o riproduzione di supporti ovvero la detenzione di tali supporti a fini commerciali.
La Cassazione ha stabilito il seguente principio: “la detenzione di programmi per elaboratore elettronico abusivamente duplicati dagli originali da parte di soggetto esercente professionalmente l’attività di assistenza in campo informatico può integrare il reato previsto dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 171-bis, comma 1, poiché la finalità di commercio della detenzione medesima non deve essere valutata esclusivamente con riguardo alla vendita diretta dei programmi, ma anche all’installazione dei medesimi sugli apparecchi affidati in assistenza e, più in generale, alla loro utilizzazione in favore dei clienti”.