L'art. 8, comma 4, della l. 223/1991 concede il beneficio della decontribuzione al datore di lavoro che, "senza esservi tenuto ai sensi del comma 1", assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, sicché l'agevolazione compete anche nei casi in cui chi assume i lavoratori in mobilità vi sia tenuto, purché l'obbligo di assunzione non discenda dalla previsione del comma 1 che riguarda il diritto di precedenza nell'assunzione dei lavoratori licenziati presso la medesima azienda. Ne consegue che, in caso di trasferimento di azienda il beneficio questo spetta al cessionario che assuma i lavoratori collocati in mobilità dal cedente, non essendo egli tenuto ad osservare l'obbligo di precedenza nelle assunzioni prescritto al comma 1 dell'art. 8, ma solo ad assumere i lavoratori ancora in forza presso l'azienda cedente.
IL CASO
La Corte d'appello di Brescia, in riforma della sentenza del Tribunale, rigettava l'opposizione proposta dall’azienda avverso la cartella esattoriale con la quale si ingiungeva il pagamento della somma di € 278.076,62 dovuta all'Inps per contributi, somme aggiuntive, interessi di mora e spese di notifica per il periodo settembre-dicembre 2003, importi che la società non aveva versato ritenendo di aver diritto al riconoscimento dei benefici contributivi previsti dall'art. 8 della L. n. 223 del 1991 in favore delle imprese che assumono personale licenziato a seguito di procedura di mobilità.
La Corte territoriale riferiva che i dipendenti di due società dichiarate fallite il 9 agosto 2002, all'esito della procedura di consultazione di cui all'art. 47 della L. n. 428 del 1990 ed in attuazione degli accordi sindacali intervenuti, dopo un periodo di Cigs venivano posti in mobilità dal curatore del fallimento in data 9.8.2003. L’azienda, che aveva preso in affitto con contratto del 15.11.2002 le suddette aziende, e quindi tutti i beni aziendali, senza subentro nei contratti in essere al momento del fallimento, ed aveva assunto i lavoratori in Cigs con contratti a tempo determinato con scadenza 31.7.2002, provvedeva in data 1.9.2003 ad assumerli a tempo indeterminato dalle liste di mobilità.
La Corte d’appello riteneva che la società non potesse usufruire dei suddetti benefici contributivi, in quanto non vi era stata la cessazione effettiva dell'attività delle aziende di provenienza e l'assunzione presso diversa azienda, per tale dovendosi intendere un complesso di beni organizzati per la produzione, in quanto il contratto di affitto con le procedure fallimentari non aveva creato un nuovo complesso produttivo.
L’azienda ha presentato ricorso in cassazione, affidandosi a sei motivi tra cui :
1) l’azienda riteneva non corretta la soluzione della Corte territoriale, che aveva negato i benefici contributivi. Sostiene che nel caso in esame non ricorreva alcuna delle ipotesi che ostano alla concessione dei benefici previste dall’art. 8 della L. n. 223 del 1991. Osserva che è errato ritenere che la fattispecie de quo integrerebbe un trasferimento d'azienda;
2) la società lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 116 comma 8 e ss. della L. 388 del 2000 e nullità della sentenza per violazione dell'articolo 115 c.p.c., in quanto la società aveva contestato nella memoria di costituzione in appello di essersi conformata alle istruzioni regolamentari dell' Inps, esposte nella circolare 24 giugno 2003 n. 109 prodotta nel fascicolo di primo grado, che espressamente ammetteva che I' unica deroga all'applicazione dell'art. 2112 c.c. ed alla conseguente inapplicabilità dei benefici rimane quella espressamente prevista dall'art. 47, c. 5, della legge n. 428/1990, per cui non avrebbe potuto essere per questo sanzionata;
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