Il beneficio d'escussione previsto dall'art. 2304 c.c. ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società, ma non impedisce allo stesso creditore d'agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest'ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito. In ambito tributario questo principio si traduce nella possibilità per l’Amministrazione finanziaria di notificare comunque al socio sussidiariamente responsabile il titolo esecutivo rappresentato dalla cartella di pagamento, senza attendere l’esito infruttuoso dell’esecuzione a carico della società.
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L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione avverso una sentenza della Ctr Marche che, confermando la pronuncia di primo grado, aveva annullato una cartella di pagamento emessa nei confronto di un contribuente, in qualità di coobbligato solidale di una società in nome collettivo, cartella emessa per Iva ed Irap non versate.
Secondo i giudici d’appello nel caso di specie era stato violato l’art. 2304 c.c. in quanto non era stata effettuata né dimostrata da parte dell’Amministrazione finanziaria la preventiva escussione del patrimonio societario.
Col ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate denunciava la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12, 24, 25, 45 e 50, avendo i giudici della C.T.R. considerato la cartella di pagamento come atto esecutivo intrapreso nei confronti del socio coobbligato di una società in nome collettivo senza la preventiva escussione del patrimonio sociale, mentre, nella specie, la cartella, a seguito della "definitività dell'avviso di accertamento emesso nei confronti della società", costituiva un mero atto nell'iter di formazione del titolo esecutivo, con conseguente erroneità del richiamo all’art. 2304 c.c. che fa riferimento, invece, alla sola impossibilità di procedere all’esperimento di azioni esecutive che, come noto, iniziano con il pignoramento.
Il beneficium excussionis di cui all’art. 2304 c.c. (ai sensi del quale “I creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l'escussione del patrimonio sociale”), applicabile anche alle obbligazioni di natura legale (come quelle tributarie), ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, non impedendo al creditore di agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio illimitatamente responsabile.
Questo principio è stato espresso dall’importantissima sentenza n. 49 del 2014 con cui la Cassazione ha dichiarato legittima una cartella di pagamento per Iva ed Irap dovuta da una società di persone e notificata ad un socio in qualità di coobbligato solidale.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, il beneficium excussionis di cui all’art. 2304 c.c., in base al quale il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società, ha valenza limitatamente alla fase esecutiva, non impedendo al creditore “d’agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest'ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito” (cfr. sul punto Cass. sent. n. 13183 del 1999).
La responsabilità solidale ed illimitata dei soci di società di persone si estende alle obbligazioni tributarie, in particolare ai debiti per Iva ed Irap, posto che, per quanto concerne le imposte sui redditi l’escussione avviene unicamente nei confronti dei soci che sono (in virtù dell’imputazione per trasparenza ex art. 5 del T.U.I.R.) gli unici debitori d’imposta e destinatari di distinti atti impositivi.
(...) Il beneficio di escussione concesso ai soci di società di persone (la cui responsabilità assume natura sussidiaria) si atteggia diversamente a seconda del tipo di società: nel caso affrontato dalla sentenza 49 trattandosi di società in nome collettivo, sarebbe stato onere del creditore (ovvero dell’Amministrazione Finanziaria) provare il tentativo (concreto) di preventiva escussione del patrimonio sociale, non essendo a tal fine sufficiente la mera affermazione di incapienza dello stesso ai fini del soddisfacimento dei crediti vantati (cfr. Cass. sent. n. 7000 del 2003 e n. 13183 del 1999).
Se è pacifico, però, che l’art. 2304 c.c. si applichi anche ai crediti di natura tributaria è altrettanto consolidato, almeno secondo la giurisprudenza di legittimità (si veda ex plurimis Cass. n. 5434/98, n. 12912/97, n. 1056/96, n. 7100/93, n. 8011/92, n. 3651/92) che i creditori sociali possano agire per munirsi, nei confronti dei soci, del titolo esecutivo e iscrivere così ipoteca giudiziaria sui loro immobili in modo che, risultato incapiente il patrimonio sociale, possano soddisfarsi prontamente su tali beni.