Il ritardo nella fatturazione integra una violazione sostanziale e non formale del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, comma 4, in quanto arreca pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo, ed è, pertanto, punibile anche quando non determina omesso versamento dell'IVA. Difatti, le norme che stabiliscono i tempi e le modalità di registrazione delle fatture Iva (articoli 23 e 25 del Dpr 633/1972) pongono in essere obblighi generalizzati di annotazione, – fissando modalità ben precise –, perché preordinati all’attività di controllo degli uffici e come tali non derogabili. È quanto emerge dalla sentenza 10 febbraio 2016 n. 2605 della Corte di Cassazione – Quinta Sezione Civile .
IL CASO
La vicenda è quella di una società sottoposta a verifica fiscale, cui seguiva la notifica di un avviso di accertamento e di un atto di contestazione per tardiva fatturazione di operazioni imponibili. In particolare, il Fisco recuperava a tassazione, per difetto del requisito d'inerenza, taluni oneri deducibili, quali l'extra premio erogato in favore della società controllata e, contestualmente, sanzionava il ritardo con cui la verificata aveva provveduto alla fatturazione di alcune operazioni imponibili.
La decisione di primo grado favorevole al Fisco veniva confermata in appello. I giudici di merito respingevano le doglianze della società ribadendo la natura sostanziale della violazione, contestata in punto di fatturazione, poiché incidente sui versamenti trimestrali Iva; la ripresa a tassazione, invece, degli oneri deducibili si giustificava alla luce degli elementi indiziali addotti dall'ufficio, "tutti convergenti nel far ritenere che la funzione di tale premio supplementare fosse estranea alle politiche commerciali della società ricorrente e fosse volta piuttosto ad effettuare movimenti finanziari dalla medesima società controllata", che dalla prima era peraltro controllata e che, tra l'altro, aveva un bilancio in perdita.
Il giudizio approda in Cassazione su ricorso della società che lamenta, per quanto qui d'interesse, la violazione e falsa applicazione dell'art. 21 , comma 4 del Dpr 633/72 , violazione art.6, comma 1 del D.Lgs 471/97.
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Qui il Commento completo con il testo integrale della sentenza : "Fatturazione tardiva: scatta la sanzione"
(...) La Corte ha rigettato il ricorso della società confermando la validità dell'atto di contestazione, ossia la natura sostanziale della violazione circa la tardiva registrazione delle operazioni imponibili.
I giudici riprendono il principio di diritto secondo cui, in tema di sanzioni tributarie, “la violazione ha carattere meramente formale - e, dunque, non è punibile ex art. 10 dello Statuto del contribuente - solo ove essa non comporti un pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo e, al contempo, non incida sulla determinazione della base imponibile dell'imposta e sul versamento del tributo”.
Nel caso di specie, osservano i giudici, non ci sono i presupposti per l'operatività dell'esimente, posto che il ritardo nella fatturazione integra una violazione sostanziale e non formale del DPR 633/72 art. 21, comma 4, poiché arreca pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo, ed è suscettibile anche se non genera un danno effettivo all'erario, portando all'omesso versamento dell'Iva
I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del citato principio ritenendo non applicabile l'invocata esimente di cui all'art. 10 dello Statuto del contribuente. La volontà del legislatore è quella di preservare in toto l’attività di controllo degli uffici e quella di riscossione del gettito fiscale, specie se in presenza di comportamenti, quali l’omessa o tardiva registrazione, che influiscono sulla determinazione del volume d’affari e del conseguente debito d’imposta. Le norme che stabiliscono i tempi e le modalità di registrazione delle fatture Iva (articoli 23 e 25 del Dpr 633/1972) “pongono in essere obblighi generalizzati di annotazione, – fissando modalità ben precise –, che non trovano deroga in altre disposizioni di legge, essendo collegate alle scansioni temporali dei versamenti dell'IVA”.
In sostanza, si tratta di obblighi preordinati all’attività di controllo degli uffici e come tali non derogabili, anche se gli stessi non abbiano inciso concretamente sul versamento dell'imposta. La ratio, peraltro condivisa dalla stessa giurisprudenza, è quella di stigmatizzare comportamenti violativi di regole apparentemente formali che possono ostacolare l'attività di controllo, a prescindere dalle possibili ripercussioni in punto di danno erariale.