Il “Decreto Liberalizzazioni” (articolo 62, d.l. 1/2012, convertito dalla legge 27/2012) ha introdotto nuove regole per le cessioni di prodotti agricoli ed alimentari. In particolare è stato introdotto l’obbligo della forma scritta per i contratti di cessione ed il termine di pagamento dei corrispettivi entro 30 o 60 giorni, a seconda che si tratti di merci deteriorabili o meno.
Le norme si applicano ai contratti stipulati dal 24 ottobre 2012 mentre, per quelli in essere a tale data, era previsto l’obbligo di adeguamento alle nuove regole entro il 31 dicembre 2012.
L'articolo continua dopo la pubblicità
Per le notizie, gli approfondimenti e tutte le novità segui il Dossier dedicato all'Agricoltura
Abbiamo preparato un e-book sulla “LA CESSIONE DI PRODOTTI AGRICOLI E ALIMENTARI” che si propone di illustrare le novità dando particolare rilievo alle questioni più controverse, alla luce anche delle novità introdotte con la conversione in legge del d.l. 179 del 18 ottobre 2012 (“Decreto Sviluppo 2.0”), intervenuta con legge 221 del 17 dicembre 2012.
In quest’ambito, l’articolo 30-bis del “Decreto del Fare” (d.l. n. 69 del 21 giugno 2013, convertito dalla legge 98 del 9 agosto 2013), senza intervenire sulla disciplina di cui all’articolo 62 in oggetto, prevede che l’imprenditore agricolo possa diventare protagonista diretto della filiera agroalimentare, con la possibilità di effettuare attività di vendita diretta dei prodotti agricoli, senza determinare un cambio di destinazione d’uso dei locali ove si svolge la vendita e potendo esercitare la vendita su tutto il territorio comunale a prescindere dalla destinazione urbanistica della zona in cui sono ubicati i locali a ciò destinati.
Il “Decreto Competitività” contiene, tra l’altro, nuove agevolazioni per il settore agricolo (crediti d’imposta, incentivi per le assunzioni di giovani lavoratori, riduzione del cuneo IRAP, detrazione per l’affitto di terreni e nuova misura di rivalutazione dei terreni).
Il tema della trasparenza delle cessioni nella filiera agroalimentare è poi stato oggetto di modifica dagli articoli 2 e 6-bis del d.l. 5 maggio 2015, n. 51, convertito dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, che ha portato un forte inasprimento del regime sanzionatorio ed introdotto la durata minima – salvo rinuncia espressa da parte dell’agricoltore – di un anno per i contratti aventi per oggetto la cessione di latte crudo.
Obbligo di forma scritta per i contratti, termini di pagamento ristretti ed obbligo inderogabile di applicazione degli interessi di mora in caso di mancato rispetto dei termini.
L’articolo 62 del decreto-legge n. 1 del gennaio 2012, convertito dalla legge 27 del marzo 2012 (meglio noto come provvedimento sulle “liberalizzazioni”), ha introdotto una disciplina finalizzata a recepire le disposizioni previste dalla direttiva 2011/7/Ue in tema di lotta contro i ritardi nelle transazioni commerciali, direttiva che doveva essere recepita entro il 15 marzo 2013. La disciplina ha subito modifiche radicali con la conversione in legge del d.l. 179/2012, che ha introdotto nuove fattispecie di esclusione dai relativi obblighi e una deroga al contenuto “minimo” del contratto.
La norma riguarda il settore agroalimentare e, in sostanza, ha come obiettivo quello di limitare la sproporzione di potere contrattuale esistente tra i produttori agricoli e agroalimentari ed i soggetti (diversi dai consumatori finali) cessionari dei medesimi prodotti, quali ad esempio, le imprese di intermediazione commerciale (grossisti o dettaglianti).
Secondo i dati dell’ISMEA, l’esistenza di tale sproporzione viene indirettamente confermata dal dato secondo cui la percentuale del prezzo finale pagata dal consumatore finale che serve a remunerare l’agricoltore che ha prodotto il bene acquistato non supera il 14%.
Il discorso vale per i produttori agricoli, ma vale anche per le piccole e medie imprese che si trovano a dover subire una compressione dei prezzi e dei margini a causa di pratiche commerciali quali, per esempio, i “contributi di inserimento” o “di esposizione”. Di somme cioè che le società della grande distribuzione richiedono alle imprese fornitrici per poter inserire i loro prodotti negli assortimenti dei punti vendita o per esporli sugli scaffali, oppure di tutta una serie di sconti sul prezzo di vendita dei prodotti (quantità, fine anno, pagamento a pronti, ecc.).
Queste pratiche commerciali non sempre possono definirsi eque, ma rappresentano talvolta una imposizione di una impresa più grande o che occupa una posizione strategica in un canale commerciale nei confronti di una impresa più piccola che spesso non ha alternative per raggiungere un numero ampio di consumatori finali a cui vendere i suoi prodotti.
L’articolo 62 del d.l. 1/2012 interviene nel settore prevedendo che “i contratti che hanno per oggetto la cessione (vendita) dei prodotti agricoli ed agroalimentari, ad eccezione di quelli conclusi col consumatore finale, sono stipulati obbligatoriamente in forma scritta e indicano a pena di nullità la durata, la quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento”.
Per i contratti aventi per oggetto la cessione di prodotti agricoli od agroalimentari il termine legale per il pagamento del prezzo o del corrispettivo stabilito è di trenta giorni per le merci deteriorabili e di sessanta giorni per tutte le altre. In entrambi i casi il termine decorre dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura del venditore da parte dell’acquirente. Gli interessi di mora decorrono automaticamente dal giorno successivo della scadenza del termine e sono inderogabilmente pari al saggio di interesse legale maggiorato di due punti percentuali.
- L’obbligo della forma scritta del contratto e il contenuto obbligatorio
- Le deroghe
- Le pratiche sleali
- I termini di pagamento
- Regime sanzionatorio
- Le agevolazioni del “Decreto Competitività” del 2014
- Casi Risolti