Dal 22 ottobre 2015 saranno in vigore i nuovi limiti per il reato di omesso versamento dell'IVA . Nel frattempo la Corte di Cassazione si esprime confermando la responsabilità penale del contribuente che omette di effettuare il versamento IVA a causa della crisi di liquidità dell’impresa dovuta all’interruzione dei rapporti commerciali con l’unico committente dell'azienda.
IL CASO
Il caso ha ad oggetto l’imputazione ex art. 10-ter D.Lgs. n. 74/2000 ed ex art. 6 comma 2, Legge n. 405/1990 di un contribuente accusato di aver omesso il versamento dell’IVA relativa alla dichiarazione per il periodo d’imposta 2006. Durante il primo grado di giudizio, il Tribunale di Milano aveva condannato l’imputato per avere omesso di versare l’IVA relativa all’annualità 2006 entro il termine di legge.
In sede d’appello il collegio confermava la pronuncia di primo grado e così l’imputato impugnava tale decisione davanti alla Corte di Cassazione lamentando l’erronea applicazione dell’art. 42 del codice penale “Nessuno può essere punito per un'azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volontà. Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge. La legge determina i casi nei quali l'evento è posto altrimenti a carico dell'agente, come conseguenza della sua azione od omissione. Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria sia essa dolosa o colposa”.. Inoltre si lamenta l'erronea applicazione dell’art. 10-ter, D.Lgs. n. 74/2000 e la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. In particolare la Corte d’Appello di Milano avrebbe ritenuto irrilevante che l’unico cliente per il quale la società in accomandita semplice lavorava, avesse deciso di chiudere i rapporti commerciali causando, in tal modo, una crisi di liquidità della stessa. Inoltre nella motivazione della sentenza di secondo grado i giudici sottolineavano il fatto che l’IVA andrebbe accantonata in modo da poter puntualmente adempiere agli obblighi tributari. Sul punto la difesa dell’imputato controbatteva che i giudici non avrebbero attentamente valutato la circostanza in base alla quale la prassi aziendale prevedeva il dilazionamento dei debiti, anche tributari.
Interessata della questione la Suprema Corte ha confermato, alla luce di un costante indirizzo giurisprudenziale, l’irrilevanza della crisi di liquidità aziendale come esimente del reato di omesso versamento IVA, tranne nei casi in cui tale crisi sia talmente imprevedibile da escludere la colpevolezza dell’imputato in ordine al mancato versamento.
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LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO: "Crisi di liquidità e omessa IVA - Cass. Pen 37637/2015 " CON IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA
L’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000, prima della recente modifica che entrerà in vigore il prossimo 22 ottobre, prevedeva che:
“1. La disposizione di cui all'articolo 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa l'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo”.
Oggi, infatti, l’articolo dispone diversamente che:
“1. E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d'imposta”.
Come noto, la novità più rilevante introdotta dall’art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 158/2015 è l’innalzamento dell’ammontare dell’IVA non versata che fa assumere rilevanza penale a tale comportamento. L’omesso versamento IVA assume, infatti, rilevanza penale non più per un ammontare superiore a 50.000 euro, ma per un ammontare superiore a 250.000 euro. Evidentemente il Legislatore ha ritenuto che al di sotto di tale soglia sia sufficiente l’operare delle sanzioni amministrative. Curioso notare come nel caso di specie l’importo complessivo contestato fosse di circa 233.000 euro, cifra di poco inferiore alla nuova soglia della rilevanza penale.
Venendo alla fattispecie in commento, la difesa dell’imputato ha cercato di sostenere l’assenza dell’elemento soggettivo del reato (dolo generico) in quanto la società monocomittente avrebbe improvvisamente ed inopinatamente interrotto gli ordini nei confronti della società in accomandita semplice.
Tuttavia secondo i giudici il mancato versamento dell’IVA nei termini sarebbe frutto di un’incauta e colpevole scelta dell’imprenditore di non accantonare l’IVA già incassata in vista della scadenza dell’obbligo tributario: come emerge dallo svolgimento del processo tale comportamento sarebbe frutto di una libera e personale scelta dell’imputato.(....)