In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la dichiarazione inviata in via telematica, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 (nel testo applicabile "ratione temporis"), si considera presentata nel giorno in cui è trasmessa, e si ritiene ricevuta, ai sensi del comma 10 del medesimo articolo, dal momento della comunicazione di ricevimento da parte dell’Amministrazione finanziaria, atto che assolve alla finalità di fornire prova dell’avvenuta, tempestiva, consegna da parte del contribuente e del regolare adempimento degli obblighi di presentazione.
In altri termini il procedimento di invio telematico della dichiarazione può ritenersi validamente compiuto allorquando il sistema informatico acquisisca effettivamente la dichiarazione, non essendo sufficiente il mero adempimento materiale dell'invio e la ricezione di una ricevuta generata dal sistema.
IL CASO
La controversia nasce dall’impugnazione, da parte di una società, di una cartella emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione telematica (ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973) che la contribuente aveva trasmesso attraverso intermediario abilitato al servizio, ma "scartata" dall’Ufficio con la causale "data non conforme".
La Ctr della Lombardia, confermando la decisione di prime cure, annullava la cartella ritenendo che la dichiarazione non potesse considerarsi omessa in quanto nella ricevuta telematica non erano stati segnalati errori bloccanti; inoltre il contribuente aveva regolarmente versato quanto dovuto.
Con l’unico motivo di ricorso per Cassazione, l’Agenzia delle Entrate denunciava violazione dell'art. 3 comma 10 d.p.r. 322/98 e dell'art. 2697 c.c.: era infatti incontestato che la dichiarazione era stata scartata perché conteneva una data (di impegno alla trasmissione) incompatibile con quella di effettiva trasmissione.
Inoltre considerato che l’unico mezzo attestante l'effettiva ricezione era la ricevuta "inviata per mezzo di posta elettronica sulla casella Entratel", la Ctr aveva errato nell’attribuire lo stesso valore alla ricevuta acquisita dall'Amministrazione ove non erano stati indicati errori bloccanti, onerando l’Amministrazione finanziaria (con violazione anche delle regole di riparto dell’onere probatorio) a richiedere, in tale ipotesi, chiarimenti al contribuente.
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