Con D.p.c.m. n. 29 del 20.02.2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19.03.2015, sono state definite (in ritardo) le modalità attuative per l'erogazione del TFR in busta paga. Si tratta della possibilità offerta dalla Legge di Stabilità 2015 ai lavoratori dipendenti del settore privato di richiedere al proprio datore di lavoro l'erogazione in busta paga, come parte integrativa della retribuzione (Qu.I.R.), delle quote maturande del trattamento di fine rapporto (TFR). Tale opzione è valida, in base alla Legge di Stabilità 2015, per i periodi di paga tra il 1° marzo 2015 ed il 30 giugno 2018.
Vero è, però, che a causa dei ritardi nell'approvazione del D.p.c.m., il TFR in busta paga non sarà erogabile prima della busta paga di aprile, con un ulteriore slittamento a 3 mesi dalla richiesta nel caso in cui l'azienda abbia meno di 50 addetti e, per l'erogazione del TFR, abbia fatto richiesta di accesso ai finanziamenti bancari assistiti da garanzia dello Stato.
L'opzione può essere esercitata anche per le quote destinate dal lavoratore a forme di previdenza complementare.
Il dipendente, tuttavia, prima di effettuare la scelta di ricevere il TFR in busta paga, deve valutarne attentamente la convenienza nel proprio caso specifico, effettuando alcune importanti considerazioni.
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Il trattamento fiscale del TFR in busta paga
La Qu.I.R. percepita dal dipendente che ne abbia fatto esplicita richiesta non è soggetta a tassazione separata (come avviene normalmente per il TFR), ma è soggetta a tassazione ordinaria Irpef. In particolare, vi viene applicata l'aliquota prevista per lo specifico scaglione di reddito del dipendente e vi si applicano anche le addizionali regionali e comunali. Questo è un fattore di cui è necessario tenere conto nell'eventuale scelta di ricevere la Qu.I.R. in busta paga.
Tuttavia, la Qu.I.R., come definito dall'art. 4 del D.p.c.m. n. 29 del 20.02.2015:
- non è imponibile ai fini previdenziali;
- non va considerata ai fini della determinazione dell’aliquota per la tassazione separata del TFR;
- non concorre alla formazione del limite di reddito complessivo da considerare per il riconoscimento del “Bonus 80 euro”.
I fattori negativi da considerare
Un fattore di notevole importanza da considerare è che, se esercitata, l'opzione è irrevocabile fino al 30.06.2018, quindi vincola il lavoratore fino a tale periodo di paga, con tutte le conseguenze del caso.
Una di queste conseguenze è, come detto, che la Qu.I.R. ricevuta mensilmente ad integrazione della busta paga è soggetta a tassazione ordinaria Irpef e, quindi, aumenta il reddito imponibile dell'anno, con la conseguenza che: per i redditi più alti la tassazione potrà arrivare al 38% o anche superare il 40%; per i redditi più bassi l’incremento dell’imponibile fiscale complessivo potrebbe compromettere l’accesso ad alcune prestazioni agevolate, ad eccezione del bonus 80 euro, per il quale la Qu.I.R. erogata mensilmente è neutra.
La Qu.I.R. ricevuta mensilmente, inoltre, riduce il capitale accantonato del TFR che si riceverà alla fine della propria vita lavorativa. Considerando che la liquidazione mensile della Qu.I.R. partirà di fatto da aprile e terminerà a giugno 2018, il TFR accantonato a fine carriera sarà alleggerito fino ad un massimo di 39 mensilità rispetto a chi continuerà ad accantonarlo lasciandolo in azienda o presso il fondo di tesoreria dell’Inps (se dipendente di imprese con almeno 50 addetti).
Occorre, infine, considerare che il fondo TFR è annualmente incrementato della quota capitale e della quota finanziaria. In particolare, la quota capitale è data dalla sommatoria delle retribuzioni lorde erogate nell’anno e divisa per 13,5. Essa è soggetta a tassazione separata al momento della corresponsione del TFR o all'atto di erogazione di eventuali anticipazioni. La quota finanziaria, invece, è data dalla rivalutazione annua calcolata applicando al fondo TFR esistente al 31.12 dell’anno precedente il tasso risultante dalla somma della quota fissa (1,5%) e del 75% dell’indice di rivalutazione ISTAT per le famiglie di operai e impiegati rispetto al mese di dicembre dell'anno di riferimento. E', quindi, evidente che la perdita in termini economici sarà più consistente per chi ha davanti ancora molti anni prima della pensione.
Il gap è ancora più elevato nel caso in cui il TFR sia stato destinato ad un fondo di previdenza complementare, in quanto in genere tali tipi di fondi applicano una rivalutazione del TFR che, sebbene oscilli in base al rendimento degli investimenti nel fondo medesimo e che può essere minore o maggiore rispetto a quella del TFR lasciato in azienda, in genere è maggiore rispetto a questa. In quest’ultimo caso, sospendere la contribuzione per un periodo fino a 39 mesi avrebbe effetti ancora più negativi.