Speciale Pubblicato il 01/09/2014

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Locazioni non dichiarate: l’inquilino inchioda il proprietario

di Miglino Dott.ssa Carmen

La sentenza della Cassazione n. 16223/2014 su un caso di evasione per locazioni di immobili non dichiarate, ribadisce il valore della prova testimoniale per formare il convincimento del giudice, anche senza valenza probatoria



La Suprema Corte, nella sentenza n. 16322 del 16 luglio 2014,  è tornata ad interrogarsi sulla valenza probatoria delle dichiarazioni di terzi, raccolte dai verificatori o finanzieri ed inserite, anche per riassunto, nel processo verbale di constatazione, affermandone, nuovamente, la natura indiziaria.
In particolare, afferma,  le dichiarazioni acquisite nel corso di indagini amministrative sono pienamente utilizzabili laddove ricorrano ulteriori indizi a supporto della pretesa erariale, concorrendo a fondare il convincimento del giudice. Il tutto se riveste i caratteri previsti dall’art.2729 dà luogo a presunzioni semplici, generalmente ammissibili nel contenzioso tributario, nonostante il divieto di prova testimoniale. La disposizione contenuta nell’art.7, comma 4 d.lgs 546/1992 (non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale) limita infatti i poteri del giudice tributario e non pure i poteri degli organi di verifica.
IL CASO
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della C.T.R. Marche n. 62/01/07, depositata il 15 giugno 2007, con la quale si confermava la decisione dei giudici di prime cure che avevano accolto le doglianze del contribuente. Il contenzioso nasceva dall’impugnazione di quattro avvisi di accertamento emessi, ai fini Irpef, per gli anni d’imposta dal 1997 al 2000, posto che dall’attività di verifica erano emersi redditi da locazioni di immobili non dichiarati, superiori a quelli risultanti da diversi contratti di locazione.
Il Collegio d’appello ha ritenuto che l’accertamento impugnato non fosse sorretto da prove gravi, precise e concordanti ex art 2729, essendosi l’Ufficio avvalso esclusivamente “delle dichiarazioni rese dagli inquilini…non totalmente terzi, in quanto direttamente interessati”.
Le dichiarazioni raccolte in sede di processo verbale ed utilizzabili nel processo tributario - evidenziava la Commissione – da sole sono insufficienti a provare la presunta evasione.
Nel caso di specie, aggiungono i giudici, i redditi fondiari relativi agli immobili locati trovavano puntuale riscontro nei canoni indicati nei contratti di affitto e le somme dichiarate dal contribuente erano conformi ai contratti di affitto prodotti. L’Ufficio presenta ricorso per Cassazione,  lamentando la violazione e/o falsa applicazione dell’art.38 comma 1 e 3 Dpr 600/1973 nonché dell’art.2697c.c., posto che i giudici avevano attribuito alle dichiarazioni di terzi valenza meramente indiziaria, insufficiente a sorreggere l'accertamento, senza tener conto degli ulteriori elementi posti a fondamento della rettifica contestata, nello specifico la palese irrisorietà e discrepanza dei canoni di locazione dichiarati rispetto ai valori di mercato, l’esistenza di altri contratti stipulati dalla stessa contribuente per appartamenti siti nello stesso stabile e  corrispondenti all’effettivo prezzo di mercato.
La difesa erariale contesta, altresì, l’omessa motivazione sul motivo di appello con il quale si era censurata la sentenza della C.T.P. proprio perché essa aveva erroneamente ritenuto che l'avviso di accertamento fosse stato "basato unicamente sulle dichiarazioni dei terzi". 

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IL COMMENTO : valenza delle dichiarazioni in sede di verifica e prassi amministrativa

SCARICA IL  COMMENTO COMPLETO E IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA
(Locazioni non dichiarate: l’inquilino inchioda il proprietario - Sent. Cass. 16223/2014:
1. VALENZA PROBATORIA DELLE DICHIARAZIONI DI TERZI ACQUISITE IN SEDE DI VERIFICA
2. LA PRASSI AMMINISTRATIVA: DICHIARAZIONI DI NATURA TECNICA E QUELLE AVENTI VALORE INDIZIARIO
3. LA SENTENZA ANNOTATA)
1.
L'articolo 7, comma 4, del Dlgs 546/1992 prevede che nel processo tributario sono vietati la prova testimoniale e il giuramento. Il processo tributario, infatti, si configura come un processo scritto, nel senso che le prove su cui si fonda il convincimento del giudice sono costituite, in prevalenza, da documenti.
La Corte costituzionale si è pronunciata più volte sulla legittimità della predetta disposizione e ha sempre rigettato la questione sottolineando che "l'esclusione della prova per testi è frutto di una precisa scelta legislativa giustificata dalla peculiarietà della materia tributaria e dalla sostanziale inutilità di una prova priva dell'attendibilità della prova documentale" (ordinanza n. 395/2007).
Con riguardo alla non ammissibilità della prova testimoniale nel processo tributario, merita di essere segnalata anche una sentenza della Corte europea dei Diritti dell'uomo (sentenza 73053/01 del 23 novembre 2006), secondo la quale l'assenza di pubblica udienza o il divieto di prova testimoniale nel processo tributario sono compatibili con il principio del giusto processo, solo se da siffatti divieti non deriva un grave pregiudizio della posizione processuale del ricorrente sul piano probatorio non altrimenti rimediabile.
La stessa giurisprudenza italiana ritiene legittimo l’avviso di accertamento che trae fondamento nelle dichiarazioni di terzi
La Corte di Cassazione, infatti, già con la sentenza n. 903 del 25 gennaio 2002, aveva chiarito come “la limitazione probatoria della inammissibilità della prova testimoniale nel processo tributario non comporta di per sé l'inutilizzazione, in sede processuale, delle dichiarazioni di terzi eventualmente raccolte dall’Amministrazione nella fase procedimentale”(...)


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