La previsione di interventi progettuali, nell’ambito della prestazione lavorativa del lavoratore per l’azienda, rientra nelle “normali” competenze lavorative, remunerate in maniera congrua anche in ragione del contenuto particolarmente pregnante delle funzioni progettuali e va ad escludere il diritto all'equo premio.
IL CASO
La Corte di Appello respingeva l'appello proposto dal dipendente nei confronti dell’azienda, avverso la pronuncia del Tribunale, con la quale erano state respinte le domande proposte dal dipendente intese a conseguire il riconoscimento dell'equo premio previsto dall'art. 23 comma 2 r.d. 1127/39 in relazione ad otto invenzioni d'azienda realizzate nel corso del rapporto di lavoro protrattosi dal 30/1/96 al 21/2/00. Nel pervenire a tali conclusioni il giudice del gravame, sulla scorta degli ordini di servizio versati in atti (n. 22 del 7/10/96 e n.56 del 5/7/99), considerava innanzitutto che l'attività di invenzione costituiva l'oggetto precipuo delle mansioni dirigenziali ascritte al ricorrente sicché, alla stregua delle disposizioni disciplinanti la materia di cui al r.d. n.1127/39, doveva ritenersi che l'elevato trattamento economico dallo stesso percepito andava ad integrare l'equo premio previsto dall'art.23 r.d. 1127/39 quale speciale retribuzione volta a compensare proprio quella ricerca di un "quid novi" assunta contrattualmente.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il lavoratore, che è stato rigettato, sulla base del principio di diritto, secondo cui “il connotato distintivo della fattispecie della cosiddetta invenzione di servizio (di cui al comma 1 dell’art. 23 del R.D. 1127/1939) rispetto a quella della cosiddetta invenzione di azienda (di cui al comma 1 dello stesso articolo) è nell'esplicita previsione contrattuale delle parti di una speciale retribuzione volta a compensare l'attività inventiva, in mancanza della quale spetta l'equo premio. Nella prima delle due fattispecie, in particolare, oggetto del contratto è l'attività inventiva, cioè il particolare impegno per raggiungere un risultato prefigurato dalle parti e dotato dei requisiti della brevettabilità stabiliti dalla legge , e a tale scopo è prevista una retribuzione; nella seconda, invece, la prestazione del dipendente, pur consistente nel perseguimento di un risultato inventivo, risulta essere prese in considerazione dalle parti, ai fini del corrispettivo economico, sulla "qualità", intesa come mera potenzialità inventiva, nel senso che il conseguimento dell'invenzione non rientra nell'oggetto dell'attività dovuta, anche se resta pur sempre collegato a questa stessa attività".
IL COMMENTO
1. Invenzioni dei lavoratori ed evoluzioni normative
Va premesso che l'art. 23 della legge brevetti (R.D. 29 giugno 1939, n. 1127) stabilisce:
1. al primo comma, che, quando l'invenzione "è fatta nell'esecuzione o nell'adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d'impiego, in cui l'attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale scopo retribuita, i diritti derivanti dall'invenzione stessa appartengono al datore di lavoro...".
2. Il secondo comma aggiunge che, "se non è prevista una retribuzione, in compenso dell'attività inventiva, e l'invenzione è fatta nell'esecuzione o nell'adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d'impiego, i diritti derivanti dall'invenzione appartengono al datore di lavoro, ma all'inventore spetta un equo premio per la determinazione del quale si terrà conto dell'importanza dell'invenzione".
Leggendo i due commi in connessione tra loro e con riferimento ai principi generali dell'ordinamento (secondo quanto impone l’art. 12 delle preleggi), si evidenziano almeno due elementi comuni ad entrambe le previsioni:
• da una parte la circostanza che l'invenzione sia avvenuta nell'ambito dell'esecuzione del contratto di lavoro subordinato,
• dall'altra la conseguenza dell'appartenenza al datore di lavoro dei diritti patrimoniali derivanti dall'invenzione - fermo restando, in ogni caso, il diritto morale del dipendente ad essere considerato autore dell'invenzione, secondo quanto disposto dall’art. 2590 c.c..
Come è noto, l'attribuzione (a titolo originale) al datore di lavoro dei diritti patrimoniali rappresenta di per sé un sensibile scostamento rispetto al principio fondamentale in materia brevettuale, secondo cui è l'autore dell'invenzione ad essere titolare dei diritti di utilizzazione economica (artt. 1 e 18 del R.D. cit.). Tale scostamento - del tutto comprensibile per l'apporto, di solito decisivo, che l'organizzazione dell'impresa conferisce alla genesi ed all'attuazione dell'invenzione - giustifica la necessità (già avvertita da Cass. civ., 16 gennaio 1979, n. 329) di una interpretazione restrittiva delle regole che escludono il diritto del dipendente all'equo premio. (...)
L'articolo continua dopo la pubblicità
per approfondire scarica il commento completo con il testo integrale della sentenza: