Speciale Pubblicato il 13/01/2014

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Omessa risposta del contribuente e accertamento induttivo

Una Ordinanza della Cassazione (n.26150/2013) ribadisce l'obbligatorietà della risposta del contribuente alle richieste dell'amministrazione finanziaria - Vediamo perché nell'articolato commento dell'esperto dott. P. Bertolaso



La Suprema Corte,  nell’ordinanza commentata,  ritiene che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il comportamento del contribuente che ometta di rispondere ai questionari previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 4, e non ottemperi alla richiesta di esibizione di documenti e libri contabili relativi all'impresa esercitata, impedendo o ostacolando la verifica dei redditi prodotti da parte dell'Ufficio, vale di per sé solo ad ingenerare un sospetto sull'attendibilità di dette scritture, rendendo grave la presunzione di attività non dichiarate desumibile dal raffronto tra le percentuali di ricarico applicate e quelle medie del settore, e, conseguentemente, legittimo l'accertamento induttivo.
IL CASO
I giudici del riesame con sentenza n. 329/9/2010 CTR di Napoli, depositata il 30/06/2010 – hanno annullato l'avviso di accertamento per IVA-IRPEF-IRAP relativo agli anni 1998 e 1999 nella parte in cui venivano ripresi a tassazione ricavi non dichiarati, mediante ricostruzione induttiva del reddito di impresa ed applicazione dei "parametri" quale strumento presuntivo di detti maggiori ricavi, atteso che il contribuente - convocato in ufficio per l'esibizione della documentazione contabile con questionari - non aveva ottemperato a tale richiesta. In tal modo la CTR di Napoli ha respinto l'appello dell'Agenzia delle Entrate, proposto contro la sentenza n.271/06/2008 della CTP di Avellino che aveva accolto il ricorso della parte contribuente M.S..
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 non giustifica la rettifica del reddito dichiarato in forza della sola omessa risposta al questionario ma in presenza di gravi inadempienze.
D'altronde l'Agenzia non aveva in alcun modo contestato la regolarità della contabilità aziendale sicché l'accertamento dei maggiori ricavi non poteva essere affidato alla considerazione dei valori medi del settore economico di appartenenza, inidonei a configurare presunzione grave e precisa.
L'Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo di impugnazione centrato sulla violazione dell'art. 39, comma 2, lett. d) e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 nonchè dell'art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c..
L’ Agenzia -dopo avere premesso che, per effetto della omessa presentazione delle menzionate documentazioni contabili, aveva provveduto alla ricostruzione induttiva dell'imponibile, prescindendo da eventuali scritture contabili ed avvalendosi di presunzioni semplici, quali appunto l'applicazione del metodo parametrico- evidenziava l'erroneità della pronuncia impugnata alla luce della lettera dell'art. 39 dianzi citato, nella parte in cui legittima appunto un siffatto metodo di accertamento nella vigente versione lett d bis) “quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell'articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del presente decreto o dell'articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
IL COMMENTO
(....)  Dall’esame delle disposizioni degli artt. 32 e 39,  il legislatore ha introdotto le seguenti regole:
Esiste notevole differenza tra le due ipotesi appena richiamate, in particolare, per quanto riguarda la definizione dei contenuti degli obblighi che se non adempiuti legittimano l’applicazione dell’art. 39, 2° comma, del decreto n. 600. Basti il rilievo che per le ipotesi di omessa tenuta o sottrazione ad ispezione di una o più scritture contabili è la disposizione di legge che con la formula: «prescritte dall’art. 14» specifica quali sono le scritture per le quali esiste l’obbligo di tenuta e di messa a disposizione dell’Ufficio per l’ispezione (art. 39, 2° comma, lett. c); – di omissioni, false o inesatte indicazioni nelle scritture contabili, di irregolarità formali nella tenuta, è l’art. 22 del decreto n. 600, a stabilire, anche con il rinvio alle disposizioni del codice civile, quali indicazioni debbono risultare dalle scritture e il tipo di formalità da seguire per la tenuta delle scritture (art. 39, 2° comma, lett. d). Le disposizioni dell’art. 32, nn. 3 e 4, del decreto n. 600 (e indirettamente anche quelle della lett. d-bis, del 2° comma, art. 39), sull’invito del contribuente di esibire o trasmettere atti e documenti o sull’invio di questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico, lasciano all’ufficio il compito di definire quali atti, documenti, dati, notizie sono da considerare «rilevanti ai fini dell’accertamento» nei confronti del contribuente, e che debbono essere trasmessi od esibiti.
L’omessa tenuta delle scritture contabili o la loro sottrazione all’ispezione oppure le omissioni e le false indicazioni o le irregolarità formali nella tenuta delle scritture contabili debbono risultare da verbale di ispezione redatto dall’Ufficio a conclusione dell’attività ispettiva (art. 52, 9° comma, del decreto n. 633).
L’inottemperanza, anche parziale, del contribuente a dare seguito agli inviti ad esibire o trasmettere libri, registri, atti, documenti, o a comunicare dati e informazioni viene accertata, invece, dall’ufficio senza la partecipazione del contribuente. L’art. 11, 1° comma, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, stabilisce che sono puniti con la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattromilioni: – la mancata restituzione dei questionari inviati al contribuente o la loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere (lett. b); – l’inottemperanza all’invito a comparire e a qualsiasi altra richiesta fatta dagli uffici o dalla Guardia di finanza nell’esercizio dei poteri loro conferiti (lett. c).    (...)

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Omessa risposta del contribuente al questionario e accertamento induttivo - Ord. Cass. n. 26150/2013
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