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INDICE:
Premessa
1. Vecchio e nuovo redditometro: il confronto
1.1 Accertamento sintetico e redditometro fino al 2008
1.2 Nuovo accertamento sintetico e redditometro dal 2009
1.3 Vecchio e nuovo a confronto
2. Il nuovo redditometro
2.1 Il nuovo redditometro secondo il D.L. 78/2010 - un obbligo per l’ufficio
2.2 Il contenuto del redditometro secodo il Decreto 24 dicembre 2012
2.3. Il deterrente o lo strumento di “compliance”: il Redditest
3. La circolare n. 24/E del 31 luglio 2013 - le prime indicazioni operative
3.1 La selezione
3.1.2. L’attività istruttoria e il contraddittorio
3.2 Gli indirizzi operativi forniti dalla Circ. 24/E
3.1.2. Il concetto di “FAMIGLIA FISCALE”
Piu incentrato sulla giurisprudenza invece l'e-book: REDDITOMETRO:NOVITA' E ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI di F. Brandi
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Investita della questione, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, nel confermare la pronuncia di primo grado, ribadiva la legittimità della pretesa. Segnatamente, la Regionale ha ritenuto che fosse irrilevante il fatto che il contribuente avesse la disponibilità di somme depositate su un conto corrente cointestato con il fratello, peraltro defunto, non avendo dimostrato che quelle somme erano state utilizzate per l'acquisto dei beni posti a base della pretesa erariale.
Il giudizio prosegue innanzi alla Suprema Corte su ricorso del contribuente articolo in cinque motivi. In particolare, il ricorrente, deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 2967 c.c. , e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, in quanto i giudici di merito avrebbero riversato su di lui l'onere di provare la disponibilità di risorse economiche, nonché il fatto che le stesse fossero state impiegate per l'acquisto dei beni posti a fondamento dell'accertamento.
tratta da "Redditometro: stop all’accertamento se c’e’ disponibilita’ economica" di C. Miglino , vedi l'indice del Commento completo con il testo integrale della sentenza.
La nuova formulazione dell' art. 38 del DPR 29 settembre 1973, n.600 prevede la possibilità, per il contribuente, di fornire "la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile”. Pertanto il contribuente ha sempre la possibilità di dimostrare di aver sostenuto determinate spese, poste a fondamento della pretesa erariale, mediante redditi "a monte" assoggettati a ritenuta o esenti ( cfr ex multis, Cass. Civ., Sez. VI, Sent. 12 febbraio 2013, n. 3111) quali - a titolo meramente esemplificativo - pensioni sociali, rendite Inail o indennità di accompagnamento.
Particolari problemi sorgono per gli incrementi patrimoniali, ossia le spese sostenute per l'acquisto di immobili o beni mobili registrati, nonché di titoli azionari e obbligazionari, di polizze assicurative e via dicendo, sulla base dell'elenco contemplato dal DM 24 dicembre 2012, Tabella A. Si tratta di spese suscettibili di incrementare il reddito presunto del contribuente ai fini dell'accertamento redditometrico ed aventi la peculiarità di rilevare nell'anno della loro effettuazione, a differenza di quanto avveniva col precedente strumento redditometrico, facente leva sulla presunzione che i relativi redditi fossero stati conseguiti per quote costanti nell'anno di sostenimento della spesa, nonché nelle quattro annualità precedenti. A tal proposito si pone il problema di capire se il contribuente debba provare la mera disponibilità, da parte sua, di risorse patrimoniali irrilevanti ai fini impositivi o anche, come reputa un orientamento piuttosto restrittivo in giurisprudenza di legittimità, provare che la "spesa per incrementi patrimoniali" sia stata sostenuta, non già con qualsiasi altro reddito (ovviamente dichiarato), ma proprio con "redditi esenti o ... soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta".
Secondo questo orientamento, infatti l'art 38, nella sua previgente formulazione, individua l'oggetto della prova liberatoria a carico del contribuente unicamente nella (dimostrazione della) identità della "spesa per incrementi patrimoniali" con "redditi esenti o … soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta": per la norma, quindi, non è sufficiente la prova della sola disponibilità di "redditi" - e men che mai di "redditi esenti" ovvero di "redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta .(Cass. civ. Sez. V, 20 marzo 2009, n. 6813)
In pratica, il contribuente deve essere in grado di evidenziare la relazione diretta tra le risorse disponibili e non tassabili e le spese sostenute, ossia che queste ultime sono state alimentate esattamente dalle risorse legittimamente escluse dal concorso alla formazione del reddito imponibile (Cass., Sez. trib., 18 aprile 2014, n.8995,)
Secondo questo orientamento,per superare il sospetto di esistenza di redditi evasi, non basta avere certezza di risorse irrilevanti disponibili, ma occorre verificare che proprio dalla consumazione di queste ultime sia stata finanziata la spesa; in caso contrario, continua ad essere valida la presunzione di evasione. Ovviamente, la prova della connessione può essere diretta ma anche per presunzioni, come la contiguità temporale delle operazioni di smobilizzo e di spesa , nonché la sostanziale corrispondenza dell'importo delle stesse. ( Cass. 3111/15)
Di certo, la norma non pone alcun limite temporale alla formazione della relativa provvista finanziaria, che può essere pertanto anche risalente nel tempo; è necessario tuttavia che il contribuente provi che “il maggior reddito accertato… era giustificato dalla disponibilità di capitale accumulato in anni precedenti” proveniente dallo smobilizzo" (Cass. sent. n. 21994 del 25 settembre 2013). Difatti, l'Amministrazione finanziaria ha specificato che “La presunzione relativa può essere contrastata con vari elementi di prova contraria. Tra questi va certamente compresa la dimostrazione che le spese per il mantenimento dei beni e servizi indice di capacità contributiva (dalle quali viene desunto il maggior reddito determinato sinteticamente) sono state coperte con elementi patrimoniali accumulati in periodi d'imposta precedenti o sono state finanziate da economie terze” (cfr. Circolare n. 12 del 12 marzo 2010).Come chiarito dall' Amministrazione finanziaria, in altro documento di prassi (circolare n. 24/E/2013), il contribuente, sia durante la fase del contraddittorio preventivo, sia durante la fase del contenzioso vero e proprio, ha la possibilità di adottare le più ampie strategie di difesa. Il contribuente, per esempio, può dimostrare che le spese:
Si segnala anche l'orientamento meno restrittivo della Suprema Corte, secondo cui dal soggetto accertato non si può pretendere nulla più che la dimostrazione della disponibilità di risorse irrilevanti: in altre parole, secondo questo più favorevole indirizzo giurisprudenziale, a rilevare in sede probatoria non è il fatto della materiale apprensione presso le risorse non suscettive di tassazione al momento del compimento delle spese contestate, bensì la pura e semplice sussistenza e persistenza delle stesse nel periodo d'imposta di effettuazione delle spese.
(...)
Con la pronuncia in rassegna, la Corte di cassazione si discosta dall’orientamento prevalente, in ordine all’ampiezza della prova contraria a carico del contribuente nell’accertamento sintetico, limitandola alla sola dimostrazione delle risorse disponibili non tassabili.
I giudici di legittimità, nell’accogliere le doglianze del contribuente, in tema di accertamento sintetico, in relazione alle spese per incrementi patrimoniali hanno statuito che “la prova documentale contraria ammessa, a carico del contribuente, ai sensi del DPR 29 settembre 1973, n.600, art. 38, comma 6, vigente "ratìone temporis", riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte e non anche la dimostrazione del loro impiego negli acquisti effettuati, in quanto la prima circostanza è idonea, da sola, a superare la presunzione dell'insufficienza del reddito dichiarato in relazione alle spese sostenute”.