Lo scorso anno il Parlamento ha varato un’organica Riforma del condominio (Legge 11/12/2012 n. 220, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17.12.2012), che è entrata in vigore il 18 giugno 2013, dopo un periodo di vacatio legis di 6 mesi. Sono state apportate numerose ed importanti modifiche al codice civile su tale argomento, con uno sguardo decisamente improntato ad ammodernare un istituto oggi largamente diffuso, non solo per ciò che concerne l’abitazione privata ma anche le sedi commerciali.
Di seguito esamineremo alcuni particolari aspetti di questa riforma, vale a dire le nuove regole riguardanti:
- la gestione delle entrate e delle uscite condominiali;
- la tenuta della contabilità e la conseguente produzione del “rendiconto condominiale”;
- la predisposizione dell’apposito fondo per i lavori di innovazione e di manutenzione straordinaria.
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La gestione delle entrate e delle uscite
In sostanza viene introdotto il principio della tracciabilità delle somme di gestione condominiale. Il settimo comma del nuovo articolo 1129 c.c. (riscritto dall’art. 9 della legge di riforma) dispone che “l'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell'amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.”
Già da oggi la gran parte delle entrate (per lo più quote condominiali) e delle uscite avvengono tramite il canale bancario o postale. Il disposto normativo dispiegherà i suoi effetti soprattutto in situazioni residuali, ad esempio in presenza di soggetti anziani – spesso pensionati dotati di libretto postale anziché di conto corrente – abituati a versare le quote in contanti nelle mani dell’amministratore. Quest’ultimo, in simili casi, poteva conservare – in tutto o in parte - tali somme nella cassa contanti, magari utilizzandole per pagare piccole spese di gestione corrente. Pur se registrate in contabilità (e nell’eventuale registro di cassa) tali movimentazioni sino ad oggi non transitavano per il conto corrente. D’ora in avanti ciò non sarà più possibile, a motivo della novella legislativa suddetta: l’amministratore dovrà riversare sul conto corrente tutto quanto eventualmente riscosso per contanti. Tenuto conto il diffondersi di strumenti quali la banca on-line, attraverso la quale gli amministratori professionisti possono gestire le finanze di numerosi condomini senza muoversi dalla propria sede, la prospettiva di doversi recare personalmente in banca od alla posta per il versamento anche di piccole quote condominiali lascia intuire che a breve gli amministratori tenderanno a vietare in modo sistematico la riscossione per contanti delle predette quote.
Tuttavia, a nostro avviso, l’innovazione introdotta pare comunque consentire all’amministratore di effettuare modesti prelievi dal conto corrente per la tenuta di una cassa contanti – per la quale sarebbe opportuno tenere un apposito registro - ai fini del pagamento di spese di esiguo importo (es. invio corrispondenza).
La novella legislativa ha inoltre anche l’evidente finalità di prevenire situazioni di scorrettezza nella gestione del contante; peraltro la legge di riforma esplicitamente prevede quale grave irregolarità - che può portare alla revoca dell’incarico dell’amministratore - la mancata apertura o il mancato utilizzo del conto corrente condominiale (art. 1129, 11° comma e 12° comma, n. 3).
La contabilità ed il “rendiconto condominiale”
L’art. 10 della legge di riforma riscrive l’art. 1130 c.c. in merito alle attribuzioni dell’amministratore; tra queste vi è la tenuta del “registro di contabilità” (art. 1130, 1° comma, n. 7) ove devono essere annotati in ordine cronologico i movimenti in entrata ed uscita, entro trenta giorni dalla loro effettuazione. L’art. 11 inserisce nel codice civile il nuovo art. 1130-bis, il quale regolamenta il “rendiconto condominiale”, la cui redazione spetta all’amministratore (art. 1130, 1° comma, n. 10). Il rendiconto deve contenere “le voci di entrata e di uscita”, nonché “ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale” - compresi “i fondi disponibili” e le “eventuali riserve” -, il tutto espresso “in modo da consentire l’immediata verifica”. Il rendiconto “si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”. La prima osservazione che scaturisce dalla lettura della norma è che il legislatore abbia voluto ottenere la produzione di un rendiconto il cui contenuto minimo lo renda in ogni caso sufficientemente chiaro e completo per far comprendere ad ognuno gli esiti della gestione, senza però imporre il modello di contabilità ordinaria, comportante la gestione in partita doppia dei due aspetti economico e finanziario. Peraltro già nel recente passato la Corte di Cassazione aveva statuito che non era necessario per il condominio una contabilità dalla forma rigorosa adottata per i bilanci societari, purché la stessa risulti intelligibile ai condomini. In tal senso si è pertanto preferito adottare un sistema contabile più soft, che non richieda competenze eccessivamente specialistiche, e ciò sarà utile soprattutto per quelle realtà che continueranno ad essere gestite da amministratori “interni”, per i quali (secondo quanto previsto dal nuovo art. 71-bis delle disposizioni di attuazione del codice civile, introdotto dall’art. 25 della legge di riforma) non si rende necessario, quale requisiti, né il possesso del diploma di scuola superiore né l’aver frequentato uno specifico corso di amministrazione condominiale. Peraltro il fatto che durante i lavori parlamentari sia stata espunta la specificazione che il rendiconto fosse redatto “per competenza” avvalora l’ipotesi che il legislatore abbia voluto astenersi dal richiedere un eccessivo tecnicismo nella tenuta della contabilità condominiale.
Il rendiconto sarà dunque composto da:
- un registro di contabilità, ove andranno registrate tutte le operazioni poste in essere (al fine di “consentire l’immediata verifica”); dunque sostanzialmente un “libro giornale” della contabilità condominiale;
- un riepilogo finanziario, vale a dire un prospetto (a due settori: entrate ed uscite) che riepiloghi per voci omogenee i singoli movimenti finanziari intervenuti nell’esercizio (es. “Versamenti quote condominiali”) e dal quale sia possibile dedurre l’avanzo oppure il disavanzo della gestione;
- una nota sintetica esplicativa della gestione (in analogia alla nota integrativa prevista per il bilancio delle società di capitali), vale a dire un elaborato nel quale si illustri l’andamento della gestione ed i suoi fatti salienti, con particolare attenzione ai rapporti in corso ed alle questioni pendenti, e redatto in modo da rendere comprensibili tutti i dati riportati nei documenti precedenti.
La norma in esame prescrive inoltre che dal rendiconto si evinca ogni altro dato relativo alla situazione patrimoniale, nonché gli importi relativi ai fondi ed alle riserve. Si ritiene, pertanto, che oltre ai tre documenti sopra descritti ed esplicitamente previsti dalla riforma, vada allegato al rendiconto anche un piccolo “stato patrimoniale”, in esso evidenziando i crediti ed i debiti in essere, il saldo del conto corrente e dell’eventuale cassa contanti, i fondi e le riserve costituite.
Il rendiconto deve essere sottoposto all’approvazione dell’assemblea, a norma dell’art. 1135, 1° comma, n. 3 c.c., invariato su questo punto. L’approvazione comporta ovviamente l’accettazione della situazione di credito o debito finale per ciascun partecipante. Poiché, come abbiamo già ricordato, la riforma prevede che i dati del rendiconto devono essere espressi in modo da consentire “l’immediata verifica”, ne consegue che il rendiconto condominiale dovrà contenere – pur se non espressamente previsto dalla norma, ma come già sino ad oggi è pacificamente avvenuto - anche un prospetto esplicativo dal quale risulti l’imputazione delle spese ad ogni condomino in base alle tabelle millesimali, le quali – come spesso accade - potrebbero essere anche diverse in relazione al tipo di spesa (es. una per le spese generali e una per l’ascensore).
Il fondo speciale per i lavori di manutenzione straordinaria e per le innovazioni
L’art. 13 della legge va a ritoccare l’art. 1135, 1° comma, n. 4 c.c., stabilendo, in caso di manutenzione straordinaria ed innovazioni, la costituzione obbligatoria di un “fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori”. Nella previgente versione la costituzione di un simile fondo era discrezionale (“se occorre”). Su tale norma potrebbe tuttavia sorgere qualche dubbio interpretativo. Ci si potrebbe chiedere, ad esempio, se il fondo debba essere costituito soltanto “contabilmente”, vale a dire come posta di bilancio da alimentarsi con versamenti successivi (anche posteriormente all’inizio dei lavori) oppure se all’avvio delle opere le risorse finanziare ascrivibili a tale fondo debbano già essere presenti nel conto corrente condominiale.
La ratio normativa sembra poter risiedere soprattutto nelle esigenze di:
- verificare preliminarmente, mediante il versamento delle quote straordinarie deliberate, l’effettiva capacità di partecipazione alla spesa dei condomini (evitando tutte le conseguenze negative connesse ad eventuali morosità);
- costituire una sorta di garanzia preliminare per le imprese che realizzeranno le opere deliberate, spesso di importo significativo .
Se di questo si tratta, pare possibile operare una costituzione solo contabile del fondo ed effettuare i versamenti in un momento successivo, purché il fondo sia comunque munito della corrispondente provvista all’avvio dei lavori.
Si potrebbe al limite ipotizzare - quale ragionevole punto d’incontro tra le esigenze sopra richiamate e quella dei condomini di evitare un oneroso esborso in tempi troppo anteriori alla realizzazione delle opere deliberate - che i versamenti che alimenteranno il fondo vengano effettuati anticipatamente solo per ogni stato di avanzamento lavori (Sal) .
Infine, appare pacifico che il fondo possa anche costituirsi mediante storno parziale o totale di altro fondo già esistente in bilancio e non vincolato per altre esigenze.