La Corte di Cassazione nell ' Ordinanza n.6203 del 12 marzo 2013 afferma che una fattura può legittimamente essere valutata come falsa dal Fisco e che l’Erario può quindi negare la detrazione d'imposta, se essa riporta genericamente attività di consulenza non dettagliate ed in mancanza di un contratto scritto con il professionista.
IL CASO
La vicenda inizia con la notifica alla società contribuente di un avviso di rettifica relativamente all'Iva per il 2004.
Avverso tale avviso la contribuente propone ricorso davanti alla competente Commissione Tributaria provinciale che accoglie.
Contro tale decisione l’Agenzia propone appello davanti alla Commissione Tributaria Regionale che accoglie il ricorso del Fisco, sostenendo come il metodo induttivo applicato era regolare poiché si basava su presunzioni fondate su rilevazioni della Guardia di Finanza per operazioni inesistenti senza alcuna prova del contrario prodotta da parte della contribuente.
A questo punto, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidandolo a due motivi.
L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
La Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo tramite il quale la società ha sostenuto come il conferimento di un incarico di consulenza non debba sempre verificarsi per iscritto poiché sarebbe sufficiente la forma orale, in quanto non si tratta di negozio con forma scritta necessaria ad substantiam.
Inoltre, la Corte ha ritenuto vaghi gli elementi riportati sulla fattura circa il cd contratto orale di consulenza poiché derivanti da presunzioni semplici in favore dell'Ufficio, con lo spostamento del carico probatorio in capo alla società contribuente, onerenel caso in specie non assolto.
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