La Corte di Cassazione nella sentenza n. 4904 del 27 febbraio 2013 stabilisce che la documentazione extracontabile è un indizio grave, preciso e concordante che fonda l’accertamento di maggiori ricavi, ex art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 600/73, senza bisogno di prova certa dell’evasione fiscale. Considera, inoltre, legittima l’utilizzabilità delle indagini finanziarie sui conti correnti bancari intestati o cointestati a familiari del contribuente stesso.
IL CASO
La vicenda inizia con la notifica di un avviso di accertamento ai fini dell'lRPEF dell'anno 1996 nei confronti di un contribuente. Il soggetto propone ricorso in Commissione Tributario Provinciale che accoglie le doglianze dello stesso.
L’Agenzia dell’Entrate propone ricorso davanti alla competente Commissione Tributaria Regionale che respinge l’appello.Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale propone ricorso il Fisco articolando su quattro motivi il gravame. La controparte ha replicato con controricorso depositando memoria.
La Suprema Corte di Cassazione, basandosi anche su numerosi esempi nella propria giurisprudenza rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso, accoglie il terzo e il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione a quanto accolto e rinvia alla CTR.
Dunque viene accettato quanto affermato in sede di ricorso dall’Agenzia dell’Entrate per la quale è legittima l’estensione delle indagini bancarie ai congiunti poiché il rapporto familiare giustifica la riferibilità al contribuente delle operazioni riscontrate sui conti bancari intestati o cointestati a familiari: dunque l'evasione fiscale non deve più avere una prova certa ma può essere dimostrata anche per presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.
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